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Germania, addio a Bahr
protagonista della Ostpolitk

Germania, addio a Bahr <br> protagonista della Ostpolitk

di Gabriele D’Ottavio

Il 20 agosto è venuto a mancare Egon Karl-Heinz Bahr, uno degli artefici della Ostpolitik. Egon Bahr era nato il 18 marzo 1922 a Treffurt in Turingia, uno dei Länder Orientali della Germania. Finita la seconda guerra mondiale, cui aveva partecipato come soldato dal 1942 al 1944, Bahr iniziò la sua attività di giornalista come inviato di “Berliner Zeitung”, “Allgemeine Zeitung” e “Tagesspiegel”; dal 1950 al 1960 fu anche caporedattore dell’emittente radiofonica berlinese RIAS. La sua carriera politica fu strettamente legata a quella del suo mentore, nonché amico, Willy Brandt. Iscritto alla Socialdemocrazia tedesca dal 1956, Bahr venne nominato nel 1960 dall’allora borgomastro berlinese portavoce al Senato e direttore dell’ufficio stampa e informazione di Berlino Ovest. Nel 1966, quando Brandt divenne ministro degli Esteri, Bahr fu nominato ambasciatore straordinario e, nel 1967, direttore della Commissione di pianificazione presso l’Auswärtiges Amt. Al culmine della carriera politica di Brandt, Bahr ricevette nel 1969 il doppio incarico di segretario di stato presso la cancelleria e di delegato plenipotenziario della città di Berlino e, nel 1972, divenne ministro agli Affari particolari. La sua attività politica proseguì, tuttavia, anche dopo le dimissioni di Brandt da capo del governo, provocate dallo scandalo Guillaume. Nel luglio 1974 il successore di Brandt, Helmut Schmidt, affidò a Bahr il Ministero perla Cooperazione allo sviluppo, incarico che ricoprì fino al 1976. Membro del Bundestag sin dal 1972, resterà parlamentare fino al 1990, l’anno della riunificazione tedesca.

Egon Bahr, o il “Kissinger tedesco”, come è stato una volta definito dal Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, svolse un ruolo di primissimo piano sia nella fase di elaborazione delle linee guida della politica di normalizzazione e di distensione dei rapporti della Repubblica Federale con il blocco comunista, sia nella sua concreta realizzazione. Celebre è un suo discorso tenuto all’Accademia evangelica di Tutzing, in Baviera, il 15 luglio 1963.  In quell’occasione lo stratega socialdemocratico esplicitò le premesse concettuali della futura Ostpolitik. Riprendendo l’idea espressa da Kennedy all’indomani della costruzione del muro di Berlino, in base alla quale solo il riconoscimento dello status quo avrebbe potuto determinarne il superamento, Bahr individuava nella formula del “cambiamento attraverso l’avvicinamento” (Wandel durch Annäherung) la nuova strategia per la quale la Germania Ovest avrebbe dovuto dispiegare ogni sforzo in vista della riunificazione del paese. Con il superamento dello status quo Bahr non si limitò ad auspicare la progressiva normalizzazione e distensione nei rapporti tra le due Germanie, ma indicò anche una soluzione entro la quale un tale avvicinamento sarebbe stato, a suo giudizio, favorito. Più precisamente, muovendo dalla constatazione che nell’età del terrore nucleare la sicurezza di ciascuno stato non poteva prescindere dalla sicurezza del proprio nemico, egli elaborò la dottrina della “sicurezza comune”. Essa prevedeva la creazione in Europa di una «zona di distensione» denuclearizzata. Come si legge anche in un suo manoscritto inedito del 1965, lo stratega socialdemocratico non escludeva la possibilità di pervenire, sempre nel quadro di un sistema di sicurezza europea, al superamento della logica dei blocchi e alla realizzazione di una Germania unita e svincolata da qualsiasi sistema di alleanze militari. Una prospettiva, quella ventilata da Bahr, che gli valse, da più parti, l’accusa di coltivare sentimenti nazional-neutralisti e antioccidentali.

Sul piano politico le idee di Bahr, che spesso (anche se non sempre) coincidevano con quelle di Brandt, trovarono una prima, sia pure limitata, realizzazione nel miglioramento dei rapporti tra Berlino Ovest e Berlino Est. Il mutamento di rotta nella politica orientale avvenne, infatti, solo con la prima Grosse Koalition (1966-1969). La tradizionale ostilità verso la Repubblica Democratica tedesca fu sostituita con un atteggiamento più conciliante riguardo i problemi confinari; allo stesso modo, Bonn stabilì rapporti diplomatici normali con i paesi dell’Europa dell’Est (nel 1967 con la Romania e nel 1968 con la Jugoslavia), prendendo così nettamente le distanze da quello che fino a quel momento era stato uno dei principali dogmi della politica estera tedesca, la “dottrina Hallstein”. In quegli anni Bahr, in qualità di direttore della Commissione di pianificazione del Ministero degli Esteri, elaborò una serie di documenti programmatici sulla sicurezza in Europa, contribuendo così concretamente alla definizione di quelle che sarebbero state le linee guida in politica estera della futura coalizione di governo social-liberale (1969-1974). Ancora più rilevante fu il ruolo che Bahr svolse all’inizio degli anni ’70 nel corso dei negoziati che portarono al trattato di non aggressione con Mosca (1970) e al trattato fondamentale tra le due Germanie (1972), il quale prevedeva l’instaurazione di relazioni di buon vicinato sulla base dell’eguaglianza dei diritti e dunque il riconoscimento della Repubblica democratica tedesca. Quale uomo di fiducia di Brandt, Bahr negoziò in prima persona, anche se non sempre attraverso i canali convenzionali o formalmente riconosciuti, con i massimi vertici dell’Urss, da Gromyko a Kossigyn, e della DDR, da Honecker a Stoph, finendo per svolgere un compito che, da protocollo, sarebbe spettato al ministro degli Esteri.

Per quanto riguarda invece il processo d’integrazione europea, la posizione di Bahr fu segnata da una certa ambiguità: pur ritenendola storicamente necessaria e politicamente opportuna, Bahr dichiarò nelle sue memorie, pubblicate nel 1996, di non aver mai abbandonato la convinzione che un’integrazione troppo stretta tra i paesi dell’Europa Occidentale potesse seriamente compromettere la possibilità di pervenire a una soluzione al problema della divisione del paese: “Era una questione di priorità e di direzione: l’integrazione escludeva la riunificazione”. Per ironia della storia, Egon Bahr si è spento nel momento in cui molti hanno invece iniziato a chiedersi se la riunificazione tedesca non abbia ostacolato o quanto meno reso più problematica, piuttosto che favorito, l’integrazione sul vecchio continente.

(da mentepolitica.it )

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