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Il sultano Erdogan
è tornato sul trono

Il sultano Erdogan <br> è tornato sul trono

di Marco Guidi

E così Recep Tayyip Erdogan ce l’ha fatta. La repressione di stampa, oppositori e intellettuali critici ha pagato. Così come il clima di tensione e i sanguinosi attentati degli ultimi mesi. Il suo partito Akp ha conquistato la maggioranza assoluta. Tutti gli altri tre partiti che alle elezioni dello scorso giugno avevano superato la soglia di sbarramento del 10% non sono andati bene, perdendo voti a vantaggio dell’Akp. È uscito sconfitto il Chp di centro sinistra, ha perso la destra estrema del Mhp e ha perso soprattutto l’Hdp, il partito democratico dei popoli che ha ceduto una fetta considerevole dei suoi voti (circa il 3%) presi nelle scorse votazioni proprio a vantaggio dell’Akp. Perché anche molti curdi hanno preferito votare per la stabilità “imperiale” di Erdogan piuttosto che per l’Hdp.

Ora Erdogan ha in mano le chiavi non solo del Parlamento, ma del Paese. A questo punto la revisione costituzionale che permetterà di trasformare la Turchia in un regime presidenziale è non solo possibile, ma nell’ordine delle cose.

Alla sconfitta dei curdi “moderati” ha contribuito anche lo scontro sotterraneo, ma forte, tra l’Hdp e il Pkk, il partito armato che continua a riconoscersi nel suo leader prigioniero, Abdullah Ocalan. Quest’ultimo non ha evidentemente gradito la linea di Demirtas, uomo alla guida dell’Hdp che si è opposto duramente a Erdogan, colui che aveva intrapreso una lunga trattativa proprio con Ocalan. Trattativa conclusa nel 2013 e fatta saltare proprio questa estate da Erdogan e che si sostanzia nella formula: autonomia amministrativa (delle regioni curde) in cambio di voti. Paradossalmente dopo la rottura delle trattative e dopo la ripresa dei bombardamenti turchi sulle basi del Pkk in Siria e in Iraq molti elettori turchi che, pur non essendo necessariamente di etnia curda, avevano votato per l’Hdp, hanno scelto l’Akp. È probabile che, abbastanza a torto, abbiano ritenuto l’Hdp una semplice emanazione del Pkk.

La cosa che risalta in modo evidente è che l’appello alla stabilità di Erdogan ha fatto breccia sia a destra sia a sinistra: solo così si possono spiegare le flessioni dei tre partiti concorrenti. L’Akp ha riscosso consensi a destra grazie alla sua politica nazionalista, anticurda e repressiva di una stampa che rifiutava di allinearsi. E ne ha riscossi a sinistra, sfruttando la stanchezza, il terrore di molti elettori curdi delle zone orientali del Paese, vessati da coprifuoco continui, da azioni di commando armati filogovernativi e dall’insicurezza dilagante. Risalta poi la continua diminuzione di consensi del Chp che ormai non riesce più a trovare le parole d’ordine, le alternative di governo alla linea dell’Akp. L’Hdp è certamente riuscito a superare lo sbarramento e a spedire una pattuglia di parlamentari nel nuovo parlamento. E questa rappresenterà la sola vera opposizione allo strapotere di Erdogan. Poiché la propaganda, la repressione l'appello alla stabilità non sembrano di per sé ragioni sufficienti a spiegare il successo di Erdogan rimane il sospetto che non tutto in queste elezioni sia andato correttamente: le opposizioni conculcate e quasi ammutolite, i troppi seggi spostati in zone controllate dai militari, la stessa stupefacente rapidità dello scrutinio, l’insistere ossessivamente su bisogno di sicurezza e di stabilità hanno certamente influito, ma, crediamo, non sostanzialmente determinato un risultato sorprendente per lo stesso Akp.

Ankara più lontana dall’Ue Quello che è certo che ora Erdogan ha in mano non solo le chiavi del potere interno, ma può anche rilanciare la sua politica estera che pareva del tutto fallita. Con la forza dei risultati, la Turchia potrà far valere il suo peso nella trattativa sulla Siria e nei rapporti con i curdi dell’Iraq, legati economicamente e diplomaticamente alla Turchia. Ma se sul dossier siriano la voce turca si farà sentire, il futuro del dossier europeo è molto più dubbio. La Turchia che esce da queste elezioni sembra infatti allontanarsi non solo dall’Unione europea, ma dallo stesso Occidente. Ma questo è un problema che si presenterà in futuro. Per ora Erdogan è il vincitore assoluto. Il sultano è tornato sul trono.

(da www.affarinternazionali.it)

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