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Narcotraffico 2015
Bolivia fuori controllo

Narcotraffico 2015 <br> Bolivia fuori controllo

di Piero Innocenti

(6 novembre 2015) La Bolivia, anche a metà del 2015, si conferma al secondo posto come produttore mondiale di pasta base di cocaina, subito dopo il Perù. Le piantagioni di coca (i rilievi satellitari risalgono all'inizio dell'anno) hanno una estensione di circa 21mila ettari (nel 1987 erano 60mila) ed eccedono di 9mila gli ettari consentiti dalla legge n.1008 del 1988 per la produzione legale. Nel corso del 2015 sono stati eradicati 214 ettari di piantagioni illegali. Fonti aperte e altre riservate indicano ampie coltivazioni illecite nelle zone di Santa Cruz, del Chaco e del Beni, territori in cui sarebbero pressoché inesistenti i controlli di polizia. Esperti antidroga europei presenti a La Paz riferiscono che solo nella zona di La Paz-Alto un'alta percentuale, forse il 70% delle foglie di coca coltivate in aree legali, invece di essere destinata alla tradizionale usanza della masticazione o alla produzione di mate, caramelle ed altri prodotti alimentari, viene dirottata in laboratori clandestini. La pianta, come noto, da queste parti è considerata "sacra" e viene utilizzata per combattere la fame, la fatica e gli effetti dell'altitudine, atteso che gran parte del paese è sopra i 4mila metri.

La Bolivia è ancora una "pacchia" per i narcotrafficanti, per una legislazione antidroga inadeguata, per l'assenza di una normativa antiriciclaggio e per un sistema giudiziario e di polizia deficitari.
Che ci sia una situazione di sostanziale incontrollabilità emerge anche dagli esiti di una indagine, avviata nei mesi passati, dalla polizia argentina, che ha scoperto un collaudato sistema di trasporti di cocaina e precursori, con la Bolivia, occultati in autocisterne, della ditta boliviana Creta s.r.l, appaltatrice per conto del'ente nazionale idrocarburi YPFB (Yacimientos Petroliferos Fiscales Bolivianos) del trasporto dalle raffinerie argentine ai depositi boliviani. Tutto diretto dal titolare della ditta che godeva di importanti contatti con politici dell'attuale governo boliviano e che è stato arrestato, ai primi di settembre scorso, su ordine di cattura della magistratura argentina.

La corruzione degli apparati pubblici si mantiene su livelli considerevoli ( nonostante l'istituzione di un Ministero della Trasparenza che pure ha portato a qualche risultato) e, anche di recente, vi sono stati episodi di collusioni con ex alti esponenti delle forze di polizia e dell'antidroga. Non ha destato grande scalpore neanche l'arresto, l'estate passata, di un ufficiale dell'Aeronautica Militare boliviana, sorpreso mentre stava per decollare da una pista clandestina a nord della capitale, con un Cessna carico di 362kg di pasta base di cocaina. Le indagini di polizia risentono della impossibilità di fare intercettazioni telefoniche o ambientali, perché non previste dalla legge. Una commissione composta da politici, giudici e poliziotti, costituita agli inizi del 2015, per una revisione della legge1008 sugli stupefacenti, lavora tra mille difficoltà e contrasti con la componente politica contraria alla introduzione delle intercettazioni. Questo spiega anche i risultati mediocri nell'azione antidroga che ha consentito di arrestare, nei primi sei mesi del corrente anno, solo 1.823 persone ( nessun italiano), in gran parte manovalanza del narcotraffico.

Sette, sempre riferito al periodo sopra indicato, i boliviani "ospiti" delle carceri italiane per delitti collegati alle droghe. Sessantanove i laboratori clandestini distrutti con il sequestro di oltre 14 ton. tra pasta base e cloridrato di cocaina, a cui vanno aggiunte 53 ton. di marjiuana e oltre 214 ton. di foglie di coca, che rappresentano il bilancio di 5.727 operazioni ( meno 18% rispetto agli stessi semestri dei due anni prima) condotte dalla FELCN ( Fuerza Especial de Lucha contra el Narcotrafico, l'organismo antidroga nazionale) e dall'esercito. Gli itinerari di esportazione della cocaina continuano ad essere i valichi di frontiera di Puerto Suarez e Guayamerun (con il Brasile), di Yacumba (con l'Argentina) e Tamilo Quemado (con il Cile). E, per ora, non si vede nessun sistema di prevenzione-repressione che riesca a fronteggiare adeguatamente quella fitta rete di piccoli gruppi di produttori e trafficanti di cocaina boliviana, che gestiscono piccoli laboratori e controllano le spedizioni, sminuzzando i carichi di droga e, quindi, i rischi connessi.

(© 9Colonne - citare la fonte)