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Il problema non è
il Corpo Forestale

Il problema non è <br> il Corpo Forestale

di Piero Innocenti

Difficile dare torto a quanti - rappresentanti istituzionali e politici di varia estrazione, esperti sulla sicurezza, semplici cittadini  -  sostengono da tempo la necessità di rivedere il sistema della sicurezza in Italia, in quanto composto da troppe forze, militari e civili. In passato avevamo scritto che ci sarebbero stati ostacoli, forse insormontabili,  per chi avesse tentato di rielaborare un quadro razionale complessivo della sicurezza pubblica, perché forzare le resistenze di alcuni corpi poteva risultare molto complicato e controproducente. In questa situazione, tuttavia, l’anello debole è stato individuato nel Corpo Forestale dello Stato candidato a “sparire” (entro l'anno?) nel disegno di legge sulla riforma della P.A.
Qualche riflessione, tuttavia, si impone perché sono troppe le irrazionalità, le sfasature e le incongruenze  che permangono in alcuni ambiti della sicurezza e che non consentono al sistema di sprigionare le potenzialità che erano state delineate nel lontano 1981 con la legge 121 (sulla riforma dell'amministrazione della pubblica sicurezza) in molte parti mai  attuata.

Oggi, nel nostro paese, l’intero sistema dell’amministrazione della pubblica sicurezza vede nel Ministro dell’Interno il massimo responsabile. Egli è autorità nazionale di pubblica sicurezza e presiede il Comitato Nazionale dell’Ordine della Sicurezza Pubblica, organo di consulenza su questioni di carattere generale e sull’ordinamento delle forze di polizia. Il Ministro espleta tali funzioni avvalendosi dell’amministrazione della pubblica sicurezza, le cui funzioni sono esercitate in periferia dalle autorità provinciali (prefetti e questori), dalle autorità locali ( i funzionari dirigenti i Commissariati di p.s. nei Comuni o dai Sindaci, nei casi in cui non siano istituiti i Commissariati) e dalle persone che, in virtù di leggi, hanno la qualifica di ufficiali e agenti di p.s. 
Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, poi, al cui vertice troviamo il Capo della Polizia-Direttore Generale della P.S., è articolato in uffici e direzioni centrali tra cui quelle della polizia criminale, della polizia di prevenzione, degli istituti di istruzione, delle cosiddette “specialità” (polizia stradale, ferroviaria, postale e delle comunicazioni, dell’immigrazione e della polizia delle frontiere ecc..) A livello territoriale troviamo, poi, le Questure che sono “uffici provinciali per l’esercizio (..) delle funzioni del Questore e per l’assolvimento, nel medesimo territorio, dei compiti istituzionali della Polizia di Stato”. Ci sono, inoltre, diversi altri uffici periferici, alle dipendenze del Dipartimento, per le esigenze locali di polizia stradale, ferroviaria, postale, reparti di prevenzione crimine e istituti di istruzione, i cui responsabili hanno un generico obbligo di riferire, con tempestività, al Questore “..su quanto comunque abbia attinenza con l’ordine e la sicurezza pubblica” (DPR 22 marzo 2001 n°208). Obbligo che vale anche per i comandanti locali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che, in generale, viene assolto, con qualche "resistenza", non direttamente, ma con il “filtro” dei rispettivi comandanti provinciali. I dirigenti delle “specialità” nel contesto provinciale non hanno un vincolo gerarchico diretto con il Questore e possono concorrere al mantenimento dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica solo nell’ambito dei compiti inerenti alla “specialità” e secondo le disposizioni del Dipartimento.
Quando si afferma, dunque, che il questore è il “capo” della Polizia di Stato nella provincia, si dice una sciocchezza. Un questore che non può disporre direttamente, per le esigenze istituzionali, dei poliziotti che prestano servizio nello stesso contesto provinciale e che può farlo solo tramite il Prefetto, che richiede formalmente il rinforzo al Dipartimento o, in casi eccezionali di necessità e urgenza, ai dirigenti degli uffici di specialità regionali, è un “capo” dimezzato.
Insomma, se è vero che c’è un gran bisogno di razionalizzare l’intero sistema della sicurezza ( martedì scorso lo stesso presidente Renzi, parlando degli stanziamenti per la sicurezza e la cultura, ha annunciato l’accorpamento della Forestale nell'Arma dei Carabinieri), evitando sprechi e sovrapposizioni, definendo bene funzioni e ambiti territoriali di polizia di stato e carabinieri, è altrettanto vero che sarebbe un bel passo avanti, intanto, “accorpare” i vari segmenti specialistici della Polizia di Stato che, naturalmente, dovrebbero conservare il settore di specializzazione, ma nell’ambito di un ufficio provinciale di polizia, la questura appunto. Interessante anche la riflessione pubblica ( rimasta tale) fatta a Cremona nel marzo scorso dal viceministro dell’interno Bubbico che, sul tema di una gestione migliore delle risorse per garantire la sicurezza, aveva suggerito la “chiusura dei portoni delle prefetture dopo le venti per liberare gli agenti di vigilanza”. Mi era parso un suggerimento da prendere in seria considerazione. Si potevano recuperare subito alcune centinaia di agenti anche se molti di più se ne potrebbero recuperare per la sicurezza della gente eliminando le superflue scorte a decine di parlamentari ed altri esponenti della vita pubblica italiana che utilizzano il servizio-taxi delle forze di polizia.

 

 

 

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