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direttore Paolo Pagliaro

Tra i poteri forti
c’è la ‘ndrangheta

Tra i poteri forti <br> c’è la ‘ndrangheta

di Paolo Pagliaro

(21 ottobre 2016) “Grandi selve di olivi giganti, tra cui si può camminare per ore senza vedere altro che fronde, accanto ai giardini di agrumi a specchio sul mare”. Questa era la Gioia Tauro che Guido Piovene descriveva nel 1957 e che Marco Revelli non ha più ritrovato quando, qualche mese fa, ha raccolto gli appunti del suo “viaggio nell’Italia che cambia” per un diario che Einaudi ha pubblicato con il titolo “Non ti riconosco”.
Più di ottocentomila alberi – aranceti, limonaie, uliveti – furono sradicati, in parte bruciati e trasformati in carbonella, per realizzare il grande stabilimento siderurgico e il suo porto. Ma anche per consentire alla ‘ndrangheta delle collusioni con la politica e degli intrecci massonici -  una ‘ndrangheta moderna e industriale, spregiudicata e imprenditiva - di spartirsi il grande fiume di denaro, 1200 miliardi, messo a disposizione dallo Stato per quell’opera che ben presto non ebbe più alcuna ragion d’essere.

Fu allora, regnante Andreotti, che la ‘ndrangheta – dopo una guerra per bande costata 230 morti - diventò classe dirigente, o meglio: classe dirigente nazionale, come documenta il libro – “Padrini e padroni” – che il magistrato Nicola Gratteri e lo storico Antonio Nicaso pubblicano in questi giorni per Mondadori.

Oggi la ‘ndrangheta fattura come Deutsche Bank e McDonalds messe insieme, vale a dire 53 miliardi di euro l’anno. E’ percepita come componente normale da una parte del mondo produttivo mentre, per quanto riguarda l’opinione pubblica, viene generalmente rimossa l’idea che dell’establishment nazionale – di quelli che si chiamano i poteri forti - faccia parte un coeso e feroce gruppo criminale.

La lettura dei libri citati è dunque consigliata a chi voglia fare i conti con la realtà.

(© 9Colonne - citare la fonte)