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Reddito di cittadinanza
o reddito minimo?

Reddito di cittadinanza <br> o reddito minimo?

di Paolo Pagliaro

(26 ottobre 2016) Generosa e utile come tutte le utopie, l’idea di un reddito di cittadinanza – cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle ma anche di alcuni Nobel per l’economia, da Milton Friedman a James Tobin -  ha tra i suoi meriti quello di aver fatto comprendere alla classe politica e all’opinione pubblica più avvertite quanto sia intollerabile che in Europa l’Italia sia l’unico Paese, insieme alla Grecia, a non avere ancora una legge sul reddito minimo. Che è cosa assai diversa, molto più realistica ma altrettanto e forse più importante del reddito di cittadinanza, come spiega in un saggio pubblicato dal Mulino Stefano Toso, professore di economia all’Università di Bologna.
Il reddito di cittadinanza è l’espressione di uno stato sociale che si propone di fornire un sostegno economico a tutti, a prescindere dal reddito e dalla disponibilità a lavorare. Un’idea antica, affascinante, ma mai realizzata, fatta salva l’Alaska che redistribuisce a tutti i cittadini parte dei proventi del petrolio. Il reddito minimo è invece un trasferimento destinato alle sole persone indigenti e disponibili a un reinserimento lavorativo.
La ‘contesa’ tra reddito di cittadinanza e reddito minimo è il filo conduttore del libro dove Stefano Toso discute dei pregi e difetti dei due schemi che vengono spesso trattati come fossero la stessa cosa, mentre invece sono uno l’opposto dell’altro.
Naturalmente ci sono dei conteggi sui costi di un eventuale reddito di cittadinanza e le cifre sono stratosferiche, difficilmente sostenibili da uno Stato che brucia i propri avanzi per pagare gli interessi sul debito. Ma non è questa l’obiezione di fondo. Che è invece quella di aver distolto l’attenzione dal problema vero, cioè dal reddito minimo per chi si trova senza lavoro e senza altre fonti di sostentamento. Qualcosa di più efficace del Sostegno di Inclusione Attiva, 400 euro a famiglia, ideato ai tempi del governo Letta. O delle misure contro la povertà varate dal governo in carica, che però, a differenza dei sogni sul reddito di cittadinanza, devono fare i conti con i vincoli di bilancio.

 

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