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Terremoto, perché
lo Stato fa da solo?

Terremoto, perché <br> lo Stato fa da solo?

di Paolo Pagliaro

(2 novembre 2016) È vecchia di circa 20 anni l’idea di introdurre anche in Italia un sistema assicurativo che risarcisca i danni provocati da terremoti e alluvioni. Ma il timore che un’assicurazione obbligatoria contro i disastri naturali possa essere percepita dai cittadini come una nuova tassa, ha sempre bloccato sul nascere le annunciate iniziative governative e parlamentari.
L’Italia resta così uno dei pochi paesi al mondo in cui spetta solo allo Stato e dunque alla fiscalità generale il compito di pagare i danni provocati dai disastri. In passato il rimborso si aggirava tra il 70 e all’80 per cento. Berlusconi, dopo l’Aquila, lo fissò al 100 per cento.
Altrove funziona diversamente. Quasi tutti i Paesi – dagli Stati Uniti al Giappone, dalla Spagna alla Francia – si sono da tempo organizzati per gestire con efficienza il rischio, ripartendo tra lo Stato e gli assicuratori la responsabilità del risarcimento. In Nuova Zelanda l’assicurazione contro i terremoti è stata resa obbligatoria insieme con l’assicurazione antincendio. Stessa cosa in Turchia, dove il premio è proporzionale al rischio. Lo Stato si limita a ricoprire il ruolo di riassicuratore di ultima istanza sia in Francia che in Spagna. In California i risarcimenti arrivano da un fondo a gestione pubblica, ma interamente finanziato dai privati tramite i premi delle polizze. In Giappone, un altro Paese ad alto rischio, è attivo dal 1964 un programma che si basa su polizze vendute da compagnie private che poi si riassicurano in gruppo.
Quasi ovunque lo schema è studiato in modo da indurre i proprietari di immobili a ristrutturarli con sistemi antisismici per abbassare i premi assicurativi. 
In circostanze di emergenza, come quella che sta vivendo l’Italia, uno Stato previdente e meno demagogico potrebbe dividere con il sistema delle assicurazioni oneri che rischiano di diventare insostenibili.

(© 9Colonne - citare la fonte)