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Muri, Trump
arriva ultimo

Muri, Trump <br> arriva ultimo

di Paolo Pagliaro

(14 novembre 2016) L’ultimo muro è quello annunciato da Donald Trump lungo i 3.200 chilometri di confine tra Stati Uniti e Messico. Potremmo definirlo un muro bipartisan, perché completa un’opera già avviata da Bill Clinton.
Di fronte alle ondate migratorie, la tendenza a proteggere i confini fortificandoli non è una prerogativa dei governi di destra.
Nasce, ad esempio,  dalla collaborazione tra un governo conservatore e uno di sinistra il muro europeo più recente, quello pagato dalla Gran Bretagna ma da erigere in Francia,  per impedire ai profughi giunti a Calais di abbordare i camion che imboccano il tunnel della Manica.
Sono socialdemocratici i leader di Repubblica Ceca e Slovacchia che hanno affidato al reazionario ungherese Viktor Orban la rappresentanza dei loro interessi in tema di immigrazione nell’ambito dell’Unione Europea. 
E Orban ha annunciato che occorre rafforzare la barriera di 4 metri di altezza lungo il confine con la Serbia, costruendo un’altra barriera parallela. Questo mentre la Bulgaria ha in costruzione un muro  di 146 chilometri alla frontiera con la Turchia  e mentre Estonia, Lettonia e Lituania progettano  una barriera di 400 chilometri con la Russia. Finlandia e Norvegia hanno tentazioni analoghe, di fronte alle migliaia di immigrati che giungono dal Medio Oriente attraversando la Russia.
Sorgono barriere all’interno della stessa Unione Europea: tra Slovenia e Croazia; tra Croazia e Ungheria; tra Romania e Ungheria. Viene sospesa la libera circolazione  tra Belgio e Francia, tra Austria e Slovenia, persino tra Germania e Austria.
Agli europei, Trump dunque non sta insegnando nulla.

 

(© 9Colonne - citare la fonte)