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Referendum, Marino (Pd): misuriamo toni e parole

Referendum, Marino (Pd): misuriamo toni e parole

Alla vigilia del voto referendario per la riforma costituzionale abbiamo fatto alcune domande al Responsabile nazionale PD per gli italiani nel mondo, Eugenio Marino.

 

Marino, lei è tra i firmatari del documento “La responsabilità del Partito Democratico”. Di cosa si tratta?

 

È un contributo che abbiamo voluto dare al Partito nazionale e al ruolo che il Partito Democratico ha nello scacchiere politico e istituzionale nazionale, ma soprattutto in quello europeo e internazionale e all’interno del PSE e del progressismo mondiale. Siamo in una fase storica molto complessa, delicata, nella quale stanno avvenendo grandi cambiamenti, a Sinistra come a Destra. Si affacciano sulla scena internazionale e nel campo conservatore movimenti e leadership che scuotono persino il liberalismo classico e i partiti di destra dall’interno, trascinandoli verso un estremismo minaccioso. L’elezione di Trump lo dimostra al livello più alto. Quindi, in questo contesto, il PD all’estero, ha voluto offrire questo contributo alla riflessione di tutto il Partito.

 

Perché – secondo lei – per il 5 dicembre serve un PD unito e forte e cosa ne pensa delle “fratture” interne?

 

È chiaro che, per come è stato impostato o almeno per come viene vissuto il referendum del 4 dicembre, gli effetti del voto avranno una ricaduta anche sul Governo, sul PD, sulla Sinistra italiana in genere. L’impatto sarà ovviamente amplificato ad arte da tutte quelle forze che hanno strumentalizzato il referendum per finalità prettamente politiche. Salvini, Meloni, Grillo, vanno in piazza a spiegare che bisogna votare No contro il PD e il Governo. E sono proprio loro a rivendicare con orgoglio il fatto di essere populisti, a gioire per la Brexit e la vittoria di Trump, così come saranno loro a festeggiare se il 4 dicembre in Austria dovesse vincere l’ultranazionalista Hofer, rafforzando uno scenario europeo e internazionale inquietante, pervaso dall’avanzata di populismi, nazionalismi, protezionismi e xenofobia. Ecco, tutto ciò sta nel campo che si contrappone a quello del progressismo, nel quale è saldamente collocato il PD. E deve essere chiaro a tutti che il 5 dicembre sarà questo campo, a noi avverso storicamente e idealmente, a rivendicare la vittoria del No e la sconfitta del PD. Non sarebbe certo la Sinistra italiana a raccogliere i frutti di una vittoria del No. Ecco, dunque, perché noi pensiamo che serva un PD unito e forte, schierato oggi sul Sì, in grado di non uscire indebolito dopo il 4 dicembre e capace di contare nel campo progressista del PSE e nelle istituzioni europee e internazionali, facendo pesare la propria forza contro populismi e nazionalismi e contro questa Europa che va cambiata nella direzione opposta a quella indicata da Grillo, Salvini, Meloni e la Destra.
In questo senso, quindi, è stato determinante il lavoro della commissione del PD sull’Italicum, perché lavorando nella direzione del rafforzamento della rappresentanza parlamentare reale ha consentito di porre rimedio ai difetti dell’Italicum ristabilendo un prezioso equilibrio tra il principio della governabilità e quello della rappresentanza e ha permesso di avvicinare le posizioni nel PD e creando le condizioni per il “dopo”. Il 4 dicembre non sarà il giorno del giudizio e la fine della storia. Dopo il 4 dicembre, infatti, ci sarà bisogno di ripartire insieme – anche con chi oggi si sta dividendo su Sì o No dentro e fuori il PD – per ricomporre quel Centrosinistra progressista alternativo alla Destra e a Grillo che, come ci insegnano le elezioni amministrative, in caso di ballottaggio si riconoscono politicamente e si sommano contro i progressisti.

 

La ministra per le Riforme costituzionali Maria Elena Boschi nei giorni scorsi ha incontrato a Roma i rappresentanti di alcuni comitati “Basta un Sì” provenienti da diversi Paesi europei. Un bilancio dell’appuntamento?

 

Molto positivo. Si è trattato di un incontro per ribadire le ragioni di una scelta, per fare il punto sul lavoro fatto e da fare a livello europeo sia come comitati che come Partito. In quella sede il Ministro ha potuto verificare come proprio la struttura e il radicamento lungo e paziente del PD all’estero abbiano permesso la nascita di tanti comitati, la capacità di allargarsi alla società e a un universo che va oltre il PD, ma di cui il PD resta la colonna portante. Insomma un PD forte che, cosciente del fatto di non bastare a se stesso, sa aprirsi ad altri e coinvolgerli intorno a un progetto.

 

Riguardo alla lettera che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha mandato agli italiani che vivono all’estero in occasione del prossimo referendum, cosa pensa delle polemiche che ha suscitato?

 

La lettera l’ha inviata il Segretario del partito. È una precisazione non formale. Detto ciò, ritengo le polemiche in parte eccessive e, soprattutto, fuori bersaglio. Se si è un soggetto elettorale avere gli elenchi AIRE è legale, proprio per fare campagna elettorale e informare gli elettori sulle proprie ragioni. Ciò vale in Italia, dove si vota ai seggi e dove l’elettore ha a disposizione una moltitudine di fonti di informazione: tv pubbliche e private, giornali nazionali e locali che ci inondano di dibattiti e approfondimenti. E vale ancor di più all’estero, dove si vota per corrispondenza e dove l’elettore non ha a disposizione (tranne in minima parte in Europa) giornali o televisioni nazionali italiane (persino su Rai Italia non si fanno dibattiti o approfondimenti sulle ragioni del Sì o del No). Quindi è previsto ed è auspicabile che si faccia questo tipo di propaganda. In passato lo hanno fatto i leader nazionali come i singoli candidati di tutti gli schieramenti. Poi, circa il doppio ruolo Premier/Segretario del PD, penso che si tratti di un tema politico. Io, per esempio, la penso come chi all’ultimo congresso del PD voleva un Segretario diverso dal Primo ministro. Ma il congresso ha decretato un’altra opzione e il mio segretario oggi è anche premier. Non mi piace, perché penso che sarebbe meglio distinguere i ruoli, ma questa resta la mia opinione. Quanto alla lettera il Premier/Segretario non mi pare abbia violato alcuna regola legale e istituzionale, dunque io concentrerei la dialettica su altri contenuti e abbasserei i toni delle polemiche. Soprattutto, vedo che anche nel mio campo, quello del PD e del Centrosinistra, si stanno inasprendo i toni tra dirigenti, militanti, sostenitori delle opposte opzioni e persino nelle singole famiglie. Vedo amici e compagni che litigano aspramente anche sulla stampa. Ecco, mi sentirei di consigliare a tutti, per merito e metodo, di ascoltare con più attenzioni le ragioni degli altri e di abbassare di molto il livello dello scontro. Vorrei ricordare che l’orizzonte de 4 dicembre non è un punto di arrivo, ma come ogni orizzonte che si raggiunge, esso rimanda ad altro orizzonte e molti di quelli che oggi sono su fronti opposti a litigare dopo il 4 dicembre dovranno ritrovarsi insieme nel PD e nel centrosinistra intorno a un progetto comune e alternativo a quelle destre, quei conservatorismi e quei populismi nazionalisti e xenofobi di cui si diceva all’inizio.

 

A proposito di contenuti e toni, l’onorevole Garavini, parlando della collocazione della rappresentanza degli italiani all’estero nella sola Camera dei deputati, ha parlato di “soprammobili” riferendosi ai futuri senatori. Lei condivide questa valutazione?

 

Ma no, mi hanno detto che si trattava di uno scherzo fatto da un fake di Laura.

 

No, non lo era, tanto che qualche giornale ha ripreso la cosa come argomento valido per il No.


Beh, se davvero fosse così sarebbe una affermazione sbagliata. Intanto nel merito: i senatori saranno chiamati a votare, tra le altre cose importanti, per l’elezione del Presidente della Repubblica e per la ratifica dei trattati europei. Poi nella forma, offensiva per i molti legislatori regionali e sindaci che, oltretutto, sono votati direttamente dai propri cittadini come loro diretti rappresentanti in quelle istituzioni che il Senato rappresenterà. Ribadisco, quindi: abbassiamo i toni e misuriamo le parole, che come diceva Nanni Moretti sono importanti e vanno usate per spiegare e difendere ragioni, non per togliere dignità alle ragioni altrui o, peggio, a chi ne è portatore. E domani, poi, con queste persone si dovrà tornare a lavorare insieme.

 

Cosa si augura per il Paese e per gli italiani all’estero dopo il referendum?

Che non si consumino fratture irrimediabili, e che tutti sappiano ritrovare le ragioni dello stare insieme come comunità: il PD, il centrosinistra, gli italiani nel mondo, l’Italia tutta intera.

(15  nov - red)

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