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direttore Paolo Pagliaro

Fu Berlusconi a impedire
la riforma costituzionale

di Paolo Pagliaro

(22 novembre 2016) Quasi 20 anni fa, il 24 gennaio del 1997, nacque la bicamerale per la riforma costituzionale presieduta da Massimo D’Alema, all’epoca segretario del Pds. Ne facevano parte 70 tra deputati e senatori. I vicepresidenti erano Leopoldo Elia, giurista cattolico, Giuseppe Tatarella, capogruppo di Alleanza Nazionale e Giuliano Urbani, professore di scienza della politica e fondatore di Forza Italia. Era insomma rappresentato tutto l’arco costituzionale, compresa la Lega che entrava e usciva. La Commissione lavorò seriamente: furono decine le audizioni di esperti e soggetti interessati, dagli ordini professionali ai magistrati, dalle parti sociali alle organizzazioni del volontariato, dai vertici della giustizia militare all’Azione Cattolica. Quei contributi alla riscrittura della Costituzione sono custoditi negli archivi parlamentari e – riletti oggi – danno l’idea di una democrazia viva.
Dopo qualche mese la bicamerale presieduta da D’Alema avanzò le sue proposte. La novità più grande era l’elezione diretta da parte del popolo del Presidente della Repubblica. Un Presidente che sarebbe rimasto in carica 6 anni con una funzione di garanzia e maggiori poteri. Importanti novità anche nella composizione e nelle funzioni dei due rami del Parlamento: la Camera, che sarebbe passata da 630 a 400 deputati, avrebbe avuto il compito di votare la fiducia al governo e di esercitare la funzione legislativa; il Senato, ridotto da 315 a 200 membri, avrebbe ospitato anche una Commissione delle autonomie composta dai presidenti delle Regioni e dai rappresentanti degli enti locali. Molte cose sarebbero cambiate nel rapporto tra Stato e Regioni e nell’ordinamento giudiziario, con la divisione delle carriere tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri.
Ma poco prima che il Parlamento votasse, Silvio Berlusconi a sorpresa rinnegò gli accordi raggiunti in commissione, e chiedendo il cancellierato e il proporzionale seppellì ogni prospettiva di riforma per allora e per i 20 anni successivi.

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