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direttore Paolo Pagliaro

Luigi Einaudi
e la difficile arte
del banchiere

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

 Luigi Einaudi <br> e la difficile arte <br> del banchiere

LUIGI EINAUDI, “LA DIFFICILE ARTE DEL BANCHIERE”

Dopo il commissariamento della Banca d’Italia nel ’44, Luigi Einaudi venne nominato Governatore il 5 gennaio 1945, quando l’Italia era ancora divisa in due ed era un campo di battaglia. Non fu un caso se, in un momento tanto difficile e decisivo, per questo ruolo di altissima responsabilità la scelta cadde su Einaudi: era infatti un economista noto per il suo rigore morale, per i ragionamenti limpidi e lineari, per il linguaggio chiaro e comprensibile al largo pubblico. I suoi articoli raccolti in “La difficile arte del banchiere” (Laterza), pubblicati sul “Corriere della Sera” tra il 1913 e il 1924, riflettono il momento di difficoltà eccezionali del primo dopoguerra, il fallimento della Banca di Sconto, la crisi del Banco di Roma e di altri istituti. Questi scritti risultano di un’attualità sorprendente e costituiscono ancora oggi un modello di educazione economica applicata all’analisi e alla discussione delle vicende dell’economia nel momento in cui esse accadono. Leggerli significa scoprire le origini degli atteggiamenti oggi consolidati nella prassi della vigilanza, del controllo e della supervisione dei mercati finanziari. La prospettiva che ritroveremo in ogni pagina è quella in favore della collettività e dell’interesse generale.

 

 

 

“I MIGLIORI OGGETTI DELLA NOSTRA VITA” DI MARTA BONESCHI

Nel Ventesimo secolo, e specialmente negli ultimi decenni, la vita delle persone è cambiata come mai in precedenza; valori, comportamenti, stili di vita, oggetti che ci accompagnavano da secoli sono andati in soffitta. Una rivoluzione. Abbiamo gli antibiotici che ci guariscono, l’acqua corrente e il riscaldamento, il frigidaire e il minipimer. Abbiamo il treno, la bicicletta, lo scooter, l’automobile per viaggiare e far vacanza; il cinema, la radio e la televisione. Abbiamo imparato a leggere e scrivere; a lavarci e a portare le mutande; a uscire con la morosa senza metterla incinta; a infilare il soldino nel juke box e a “downlodare” le hit preferite per le playlist del nostro iPhone; a far la spesa al supermercato; a stare connessi al telefono e al computer, a girare il mondo imbucando cartoline e postando selfie. In “I migliori oggetti della nostra vita” (Il Mulino) Marta Boneschi propone un catalogo ragionato delle cose che ci hanno fatti ciò che siamo: in immagini e in parole, un album divertente e acuto della vita e del costume contemporanei, un museo vivente di cui siamo protagonisti noi stessi, il cammino breve e pure precipitoso che ci separa dalla vita dei nostri nonni, dei nostri genitori, dagli anni stessi della nostra infanzia. Boneschi è giornalista e storica. Tra i suoi libri: “Poveri ma belli” (1995), “La grande illusione” (1996), “Santa pazienza” (1998), “Senso” (2000), “Milano, l’avventura di una città” (2007), “Voci di casa” (2002), “La donna segreta. Storia di Metilde Viscontini Dembowski” (2010).

 

 

“CAMERE SEPARATE” DI PIER VITTORIO TONDELLI

Pier Vittorio Tondelli ha segnato il percorso di una generazione, raccontando un decennio, quello degli anni Ottanta, e le nuove sperimentazioni della creatività (la musica, il fumetto, il romanzo di genere e la scrittura giovanile) dentro uno scenario postmoderno. Scomparso, prematuramente, nel 1991, a soli trentasei anni, la sua “lezione” si è dimostrata fondamentale anche nei decenni che hanno seguito la sua morte, all’insegna di una perenne attualità e contemporaneità. A venticinque anni dalla sua morte, la casa editrice Bompiani che ha pubblicato negli anni tutta la sua opera lo ricorda e lo ripropone all’attenzione dei lettori con una nuova edizione del suo ultimo romanzo, il più intimo e personale, “Camere Separate”, nella collana “Classici contemporanei”. Curata da Fulvio Panzeri, oltre al romanzo presenta una sezione finale di “Bonus Track”, in cui vengono ripresi scritti rari che ripercorrono l’elaborazione del romanzo, attraverso le parole stesse dello scrittore, recuperate dagli appunti preparatori, dalle lettere a vari critici letterari, dai materiali editoriali, dal confronto con alcuni racconti in cui già compaiono i temi che risultano centrali nel romanzo. Vengono inoltre riprese alcune interviste rilasciate dallo scrittore in occasione dell’uscita del romanzo e dello stesso viene ripercorsa anche la storia della fortuna critica, mettendo a confronto le perplessità espresse all’uscita del libro con gli studi critici che si sono susseguiti negli ultimi anni. Ritorna così in libreria un romanzo che è diventato un long-seller e uno dei libri più amati dello scrittore, in cui Tondelli mette a nudo se stesso, attraverso i protagonisti di una storia che attraversa vari motivi, quali l’infanzia, la religione, la madre, l’eros, la colpa, il viaggiare, lo scrivere. Tondelli considerava “Camere separate “forse un adagio condotto sull’interiorità e sul rinvenimento delle motivazioni profonde - per il protagonista - dell’amare e dello scrivere. In un certo senso il romanzo che sottende i tre precedenti”. Un libro che diventa per lo scrittore “un momento di riflessione. Mi dicevo che era giunto il momento di cercare di capire e d’indagare, e mi sembrava giusto cercare di vedere dentro me stesso e trovarvi le motivazioni del vivere e non solo dello scrivere”. Un libro intimo che affronta i temi della separazione e della solitudine: Oreste del Buono lo avere definito “un bellissimo libro di passaggio”, il migliore dello scrittore emiliano, aggiungendo che “Camere separate” è il grande approdo della giovinezza che assapora la maturità nella misura della prosa suggestiva, non nell'età”.

 

“L’ODORE DEI GIORNI” DI ELISABETTA FIORITTI

Un “piccolo” romanzo, nel senso dell’intimità che la vita ci conserva al suo passare. Un racconto della nostra quotidianità attraverso le emozioni, suddivise in micro-categorie a seconda del filo soggettivo che si dipana in maniera soggettiva ma anche legate da un comune fil rouge: quel profumo della vita che al suo incedere ognuno di noi dovrebbe respirare per coglierne la straordinarietà nella sua semplicità. Questo è “L’odore dei giorni”, opera prima di Elisabetta Fioritti, in uscita a dicembre per Teke Editori. Un prezioso gioiello di scrittura narrativa in cui l’autrice rivive la sua esistenza annusando storie e incontrando persone che risvegliano una memoria emotiva di stampo proustiano, un’opera in cui l’alternarsi di un tragico incidente alla spensierata raccolta di frutta dall’albero d’infanzia è sorprendentemente naturale. E’ la storia di piccoli intrecci delle vicende personali prescelte a costituire la trama, senza cadere nella trappola della monotonia o dell’esperienza scontata: con nonchalance e genuinità Elisabetta Fioritti ha utilizzato la fantasia per comporre pagine ispirate ad alcune pagine della sua vita, tralasciando ogni tipo di azioni epiche ed eroiche, per camminare insieme al lettore in un binario che si interrompe saltuariamente con ciò che definisce, minimizzando, “piccole scosse”, ma che – nel percorso verso il traguardo finale – si rimette in carreggiata, lasciando a noi il compito di fare i conti con le conseguenze di ciò che è avvenuto. “La vita di Barbara, la protagonista del romanzo – afferma l’autrice - è la vita di tutti noi: abbiamo avuto tutti un amico del cuore con cui passare intere giornate o un primo amore, e siamo stati tutti toccati da una tragedia che ci ha tolto il fiato, facendoci credere di non riuscire più ad andare avanti. L’odore dei giorni è proprio l’odore della vita, dei giorni che, uno accanto all’altro, compongono la nostra stessa esistenza.. Scrivendo, ho voluto ritrovare certi posti che non avevo più visto e rivivere situazioni impresse nella mente attraverso la vista o l’olfatto che mi rimandava a qualcosa di molto personale. Ho cercato una seconda vita legando personaggi e storie con l’emozione del momento, in una dimensione in cui fantasia e realtà si mescolavano”. L’odore dei giorni verrà presentato per la prima volta a stampa e pubblico martedì 6 dicembre presso la Libreria L’Argonauta di Roma. Insieme all’autrice saranno presenti la giornalista Angela Valenti, l’editrice Lucia Piera De Paola e l’attrice Margherita Patti che leggerà alcuni brani del libro.

 

 

“IL TRADIMENTO” DI FEDERICO RAMPINI

Il mondo sembra impazzito. Stagnazione economica. Guerre civili e conflitti religiosi. Terrorismo. E, insieme, la spettacolare impotenza dell'Occidente a governare questi shock, o anche soltanto a proteggersi. Senza una guida, abbandonate dai loro leader sempre più miopi e irrilevanti, le opinioni pubbliche occidentali cercano rifugio in soluzioni estreme. Questo lo scenario da cui prende le mosse la riflessione di Federico Rampini in “Il tradimento” (Mondadori). Alla paura si risponde con la fuga all'indietro, verso l'isolamento da tutto il male che viene da “là fuori” e il recupero di aleatorie identità nazionali. Globalizzazione e immigrazione sono i due fenomeni sotto accusa. Il tradimento delle élite è avvenuto quando abbiamo creduto al mantra della globalizzazione, quando il pensiero politically correct ha recitato la sua devozione a tutto ciò che è sovranazionale, a tutto ciò che unisce al di là dei confini, dal libero scambio alla finanza globale. Il triste bilancio è quello di aver reso i figli più poveri dei genitori. Il tradimento delle élite si è consumato quando abbiamo difeso a oltranza ogni forma di immigrazione, senza vedere l'enorme minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico, l'ostilità ai nostri sistemi di valori. Quando abbiamo reso omaggio, sempre e ovunque, alla società multietnica, senza voler ammettere che questo termine, in sé, è vuoto: non indica il risultato finale, il segno dominante, il mix di valori che regolano una comunità capace di assorbire flussi d'immigrazione crescenti. E il tradimento è continuato praticando l'autocolpevolizzazione permanente, un riflesso pavloviano ereditato dall'epoca in cui “noi” eravamo l'ombelico del mondo: come se ancora oggi ogni male del nostro tempo fosse riconducibile all'Occidente, e quindi rimediabile facendo ammenda dei nostri errori. In questo acuto pamphlet di denuncia – inclusa un'autocritica sul ruolo dei media – Federico Rampini indica le possibili vie d'uscita: un'economia liberata dai ricatti delle multinazionali e dei top manager; un'immigrazione governata dalla legalità e nella piena osservanza dei nostri princìpi; una democrazia che torni a vivere della partecipazione e del controllo quotidiano dei cittadini; e, infine, un dibattito civile ispirato all'obiettività e al rispetto dell'altro, non ai pregiudizi, all'insulto e alla gogna mediatica dei social.

 

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