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Desaparecidos, processo Condor: la battaglia continua

Desaparecidos, processo Condor: la battaglia continua

Otto condanne all'ergastolo, 19 assoluzioni e sei non luogo a procedere per morte degli imputati. Si è concluso così nei giorni scorsi il processo di primo grado, davanti alla Corte d'Assise di Roma, per ex capi di Stato ed esponenti delle giunte militari e dei servizi di sicurezza di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay. Una sentenza storica che ha visto sfilare sul banco degli imputati i vertici politici e militari dei Paesi del Sud America che negli anni ‘70 e ‘80 furono a capo di dittature note per una feroce repressione dei dissidenti, che hanno dato luogo alla sistematica sparizione e uccisione di inermi cittadini tristemente noti come desaparecidos e che, di concerto con la CIA, implementarono il cosiddetto Plan Condor. Una sentenza che, se da un lato riconosce la rete internazionale di repressione contro gli oppositori, dall’altro non soddisfa a pieno. Il processo Condor, infatti, un po’ di amaro in bocca l’ha lasciato: l’accusa aveva chiesto 27 ergastoli, ne sono stati dati solo otto. Per questo la sentenza è pronta a essere impugnata. “Stiamo aspettando il deposito della motivazione che ci sarà tra 90 giorni, ma possiamo già anticipare sostanzialmente che come Frente amplio e come Pd proporremo impugnazioni”. A parlare è Antonello Madeo, legale di PD e Frente Amplio, durante un incontro nella sede del Partito Democratico con il vicepresidente dell’Uruguay, Raul Sendic, in visita istituzionale in Italia. All’incontro erano presenti Eugenio Marino, responsabile nazionale PD italiani nel mondo, Fabio Porta, presidente del Comitato italiani nel mondo e promozione sistema Paese della Camera, Luciano Vecchi, coordinatore Dipartimento esteri del PD, e Piero Fassino.

IL PROCESSO NON FINISCE QUI “Chiederemo formalmente alla Procura della Repubblica di Roma – ha continuato l’avvocato Madeo - di impugnare anche gli effetti penali della sentenza per quanto riguarda le assoluzioni per i responsabili assolti con formula dubitativa, e cioè per non esserci una prova sulla responsabilità del fatto oltre ogni ragionevole dubbio”. Fermo restando che si valuteranno le motivazioni della sentenza, “riteniamo di poter affermare fin da ora che proporremo una impugnazione per chiedere una riforma della sentenza di assoluzione” conclude il legale di PD e Frente Amplio. La battaglia va avanti, quindi, e a confermarlo è il vicepresidente dell’Uruguay. “Abbiamo cercato di raccogliere informazioni per continuare questo processo perché la sentenza è appellabile – ha detto Sendic -. Il governo uruguayano studierà i contenuti della sentenza per prendere una decisione in coordinamento con i familiari delle vittime e le vittime stesse. Non posso dire se faremo appello o meno ma è molto probabile che chiederemo che il processo non finisca qui”. Deciso nel dire che il suo Paese continuerà a ricercare la verità, ma anche commosso nel parlare del Plan Condor: Sendic, infatti, oltre a essere il vicepresidente dell’Uruguay, è anche il figlio di Raul Sendic Antonaccio, per 14 anni prigioniero politico. “Il fatto che la sentenza si sia tenuta in un’aula bunker mi ha ricordato i lunghi anni in cui andavo a trovare mio padre in carcere – ha raccontato Sendic -. Non abbiamo mai potuto avere un contatto diretto, gli incontri si svolgevano a una distanza di due metri dalle sbarre, circondati da militari”. “Io non mi considero una vittima – ha continuato -, ma ho vissuto da vicino la reale situazione delle vittime”.

ITALIA E URUGUAY: COLLABORAZIONE RAFFORZATA Un ringraziamento va all’Italia, al governo e al Partito democratico che, ha rilevato Sendic, “ci ha mostrato sempre solidarietà”. Diverse oggi le circostanze in Uruguay: “Alcuni prigionieri di allora ricoprono oggi cariche importanti nel governo; il Paese ha preso il suo tempo per mettere le cose a posto” ha affermato Sendic sottolineando che “la costruzione della democrazia si tiene sulla base di giustizia e verità e non sull’impunità”. Il processo, quindi, è stata anche l’occasione per confermare e rafforzare le collaborazioni tra Italia e Uruguay. Relazioni bilaterali che godono di ottima salute, testimoniati dagli incontri di Stato che Sendic ha avuto in Italia, discutendo anche la possibilità di aggiornare i trattati internazionali di carattere giudiziario tra i due Paesi. A confermare i rapporti di amicizia, inoltre, la visita del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in Uruguay prevista per il mese prossimo. Anche il processo Condor, in cui il governo italiano e il Pd si sono costituiti parte civile, conferma il rapporto di sangue tra Italia e il continente latinoamericano. “Tante delle vittime sono stati nostri concittadini e il fatto che il processo sia stato non solo fatto in Italia ma condiviso dai governi, per noi rappresenta un motivo di orgoglio e conferma che il rapporto tra Italia e Sudamerica va al di là della politica”, ha commentato Porta.

E. MARINO (PD): LEGAME DI SANGUE ITALIA-SUDAMERICA

Un incontro non solo “piacevole sul piano umano e politico”, ma “doveroso”. Eugenio Marino, responsabile nazionale Pd italiani nel mondo, commenta così il colloquio di oggi, nella sede del Partito Democratico, con il vicepresidente dell’Uruguay, Raul Sendic, all’indomani della sentenza del processo Condor per le stragi compiute nel corso delle dittature in Argentina, Bolivia, Uruguay e Cile negli anni ‘70-‘80. Gli imputati erano accusati di aver mandato a morte anche 23 cittadini di origine italiana che vivevano nei Paesi sudamericani. “Abbiamo lavorato molto al fianco delle vittime in questo processo – ha detto Marino -, abbiamo deciso insieme al Frente Amplio di costituirci parte civile per sottolineare non solo il legame politico tra i nostri partiti ma anche il legame di sangue tra questo continente e il nostro Paese”. Marino ricorda che “non solo tante vittime di quelle dittature erano italiane o di origine italiana, ma persino alcuni dei carnefici e degli imputati del processo, sono italiani”. Il riferimento è a Jorge Nestor Troccoli, ora cittadino italiano, ma in passato membro dei servizi segreti dell'Uruguay. Non solo, quindi, “una partecipazione politica e di affetto nei confronti del continente latinoamericano”, ma una partecipazione perché “parte in causa”, ha sottolineato il responsabile nazionale Pd italiani nel mondo.

AL FIANCO DELLE VITTIME “Come Italia abbiamo subito un danno da quelle morti e da quelle sparizioni – ha ricordato Marino -: molti di questi militanti e intellettuali perseguitati, che erano emigrati italiani, militavano nei partiti che poi hanno dato origine al Frente Amplio in Uruguay e militavano nei partiti della sinistra italiana. Erano italiani, nostri militanti politici” e per questo “abbiamo subito direttamente un danno”. In virtù di questo c’è stato “un lavoro politico e giudiziario costituendoci parte civile – ha proseguito Marino -. Oggi che c’è stata questa sentenza abbiamo ritenuto non solo doveroso ma anche utile e bello confrontarci e compiacerci per le condanne e valutare insieme come proseguire rispetto a quella parte di giustizia che è mancata”. Le condanne mancate, secondo Marino, non sono arrivate “non perché i fatti non sono stati commessi, ma perché le prove erano deboli o non sufficienti. Aspettiamo di leggere la sentenza e valuteremo come proseguire”.

SEMINARIO INTERNAZIONALE PD-FRENTE AMPLIO Una riunione, quella di oggi, che ha ribadito anche “le scelte già fatte durante la visita che ho fatto in Sudamerica con Fabio Porta (presidente del Comitato italiani nel mondo e promozione sistema Paese della Camera, ndr)” e cioè l’idea di “preparare un seminario internazionale Pd-Frente Amplio in Uruguay per discutere di forme di collaborazione, a partire dai diritti umani di cui il processo Condor è il primo esempio, fino ad arrivare a forme di partecipazione politica e democratica, e al ruolo e al progetto della sinistra a livello internazionale dei prossimi anni”.

PROCESSO CONDOR: IL SIGNIFICATO POLITICO La sentenza dei giorni scorsi, che ha condannato otto persone all'ergastolo e ne ha assolte 19, se da una parte ha lasciato l’amaro in bocca, dall’altra assume un importante significato politico: “Il fatto che si sia riconosciuto in pieno l’esistenza di un piano coordinato per reprimere fisicamente l’opposizione politica, i dissidenti, gli intellettuali, i militanti della sinistra, e che ci siano state delle condanne per chi ha architettato e gestito questo piano, è ovviamente un aspetto importante non solo dal punta di vista giudiziario ma anche politico”. In questo modo, ha spiegato Marino, “passa il messaggio che nessuno a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca può farla franca se commette dei crimini particolarmente efferati e gravi. Anche se cambiano le condizioni politiche e anche se si scappa all’estero, arriva il momento in cui vieni punito per quello che hai fatto in un processo giusto, democratico e regolare”. “C’è voluto un po’ di tempo – ha concluso Marino - ma nonostante tutto a giudizio ci siamo arrivati. Questo è un messaggio politico per noi importante”. (Sip – 20 gen)

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