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direttore Paolo Pagliaro

Poteri forti
poteri opachi

Poteri forti <br> poteri opachi

di Paolo Pagliaro

(11 maggio 2017) Visti da vicino e raccontati da Ferruccio de Bortoli che li ha frequentati per 40 anni, i poteri italiani sembrano più opachi che forti. Più corrotti che autorevoli. A parte un po’ di alta burocrazia, magistratura o grande finanza, quelli che chiamiamo poteri forti sono in realtà cordate personali, piccole consorterie, corporazioni ottuse, egoismi locali e miopie collettive, dice de Bortoli riassumendo.

Sciami di manager attenti al proprio personale tornaconto nel breve periodo – a volte in combutta con consulenti e cacciatori di teste – abili nel saltare da un incarico all’altro e del tutto disinteressati al futuro delle aziende e tantomeno dei loro dipendenti. Un paese con poteri forti e responsabili, bilanciati da regole certe e con la necessaria trasparenza garantita da una informazione libera, non sarebbe esposto – come abbiamo visto anche in questi mesi - ai raider di qualunque natura.

Naturalmente e per fortuna non ci sono solo macerie nel paesaggio descritto da de Bortoli – in passato direttore del Corriere e del Sole, e dunque uno dei più influenti giornalisti italiani – che per la Nave di Teseo ha descritto il suo viaggio professionale e umano intitolandolo “Poteri forti (o quasi)”, e dedicandolo a Walter Tobagi e Maria Grazia Cutuli, suoi colleghi del Corriere assassinati. Due esempi di quei doveri forti – magistrati, imprenditori, operai, intellettuali, poliziotti, giornalisti - sui quali il terrorismo si è accanito e ai quali De Bortoli versa l’unico risarcimento possibile, che è quello della memoria.

In questi giorni il libro di De Bortoli è sulle prime pagine per via di alcune righe dedicate a Maria Elena Boschi, Unicredit e Banca Etruria. Ma sono molte altre le sorprese che attendono il lettore interessato alle vicende di quelli che un tempo si chiamavano i palazzi, e che ora si sono in parte liquefatti e in parte trasferiti fuori Roma, tra Francoforte sul Meno e Rignano sull’Arno. De Bortoli conosce entrambi questi posti e nel secondo sembra di capire che non si trovi per niente a suo agio.

(© 9Colonne - citare la fonte)