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Sicurezza: perché ha torto
il sindaco di Milano

Sicurezza: perché ha torto <br> il sindaco di Milano

di Piero Innocenti

(11 maggio 2017) Torniamo a fare qualche considerazione sul tema della (in)sicurezza nelle città, dopo le recenti "garbate" critiche (4 e 5 maggio scorso) del sindaco di Milano nei confronti del Questore per una sua ritenuta tardiva comunicazione al primo cittadino di una operazione di polizia alla stazione Centrale. Lo facciamo tenendo bene in conto anche quanto pubblicamente dichiarato alcuni giorni prima (25 e 28 aprile) dal ministro dell'interno Minniti, rispettivamente a Pescara e a Milano, in un incontro con i sindaci, sottolineando, tra l'altro, come questi ultimi siano "i migliori alleati per difendere le città" e come "a Milano il modello di sicurezza stia funzionando". Minniti è un esperto uomo politico e profondo conoscitore degli apparati della sicurezza italiani; quando parla di sicurezza, di integrazione e controllo dei flussi migratori come un "progetto intorno al quale si gioca un pezzo del futuro della democrazia italiana", afferma una verità sacrosanta, che fino a tempi recenti buona parte della classe dirigente aveva messo in secondo piano nell'agenda politica nazionale.

Dunque i sindaci sono "un caposaldo del nostro paese" (è sempre Minniti che lo afferma) in uno scenario in cui, in virtù della recente legge di conversione ( n.48 del 18 aprile 2017 su G.U. n.93 del 21 aprile) del decreto sulla tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano, il loro ruolo, in particolare quali tutori della "sicurezza urbana", viene esaltato attribuendo nuove funzioni e poteri. Si parla, così, nella relazione illustrativa che ha accompagnato il provvedimento normativo nel suo iter di conversione, di pluralismo istituzionale e di collaborazione interistituzionale per la promozione della sicurezza integrata, di regolamenti comunali che definiscano interventi per la prevenzione di fenomeni di criticità sociale e situazionale che incidono negativamente sulla sicurezza urbana " bene pubblico" sul quale intervenire in base a patti tra Prefetto e Sindaco ( nel rispetto di linee guida del Ministro dell'Interno), di Comitato metropolitano, copresieduto dal Prefetto e dal sindaco quale organo deputato all'analisi delle tematiche in materia di sicurezza urbana relative al territorio della città metropolitana. In nessuna parte del provvedimento normativo si fa riferimento, anche indiretto, ad un "obbligo", da parte del Questore, di una informazione preventiva, nei confronti del Sindaco, su operazioni di polizia di sicurezza, di polizia giudiziaria né, tanto meno, "ad azioni da concordare" su attività di questo tipo. Le doglianze pubbliche di Sala, quindi, riportate da diversi quotidiani sono fuori luogo e rischiano di creare confusione su materie, come quella dell'ordine pubblico e della sicurezza, affidate alle autorità statali, già piuttosto complesse anche per la vigenza di molte norme, alcune datate come il vecchio Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza ( approvato con R.D. 18 giungo 1931 n.773), altre un po' meno antiche ma bisognevoli, forse, di qualche ritocco ( la legge 121/81 sulla riforma dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza), altre ancora troppo giovani o neonate che necessitano di una verifica sul campo ( come, appunto, la legge sulla "sicurezza urbana" di cui stiamo parlando). L'operazione condotta dalla questura di Milano, peraltro, era non solo di prevenzione ma anche di polizia giudiziaria, in quanto l'obiettivo erano gli spacciatori di droghe, gli stranieri irregolari ( il reato contravvenzionale di "clandestinità" è ancora vigente), i "passeurs" ossia i favoreggiatori/facilitatori dell'immigrazione clandestina.

Nella legge di conversione 48/2017, ci sono, poi, alcuni punti, a mio parere, non del tutto chiari, a partire dall'art. 1 della Sezione I che richiama l'art.118, terzo comma della Costituzione, relativamente "…a modalità e strumenti di coordinamento tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali in materia di politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata". Ora, l'art.118, terzo comma della Costituzione, parla di legge statale che disciplina forme di coordinamento solo fra Stato e Regioni, non sono indicati cioè gli altri "enti locali", in primis i Comuni, facendo riferimento alle lettere b) e h) del secondo comma dell'art.117 e cioè ai temi dell'immigrazione e dell'ordine pubblico e della sicurezza ( ad esclusione della polizia amministrativa locale). Ma la sensazione è che, con questa legge, si sia compiuto il primo passo, azzardato, in una perdurante situazione generale emergenziale di criminalità diffusa e predatoria in molte città, verso una riforma più generale del sistema nazionale della sicurezza che potrebbe portare all'inserimento delle polizie municipali, ai fini della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, tra le forze di polizia ( oggi, oltre alla Polizia di Stato, sono tali l'Arma dei Carabinieri e il Corpo della Guardia di Finanza, ai sensi dell'art.16 della legge 121/1981). Con tutti i problemi che ne discendono, come si rileva in molti paesi nel mondo, considerata la stretta dipendenza delle polizie municipali dalla politica locale.

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