di Paolo Pagliaro
(26 maggio 2017) Nelle carceri italiane ci sono 44 detenuti per reati connessi al terrorismo internazionale. Ma sono 365 quelli di cui si teme la radicalizzazione e che sono quindi tenuti costantemente d’occhio. Nel linguaggio dell'amministrazione si suddividono in "segnalati" ( che sono 124), "attenzionati" (76) e "monitorati" (165). Il dato è contenuto nel rapporto annuale dell’Associazione Antigone, presentato ieri a Roma. Tra i detenuti, ci sono anche 11 minorenni accusati di essere scafisti. Ma ci sono forti dubbi sulle loro effettive responsabilità. Il rapporto spiega quali sono i segnali della radicalizzazione in carcere: atteggiamenti di sfida nei confronti del personale, rifiuto di condividere gli spazi con detenuti di altre confessioni, manifestazioni di giubilo in occasione di catastrofi naturali o attentati in Occidente, esposizione di simboli e vessilli correlati al Jihad.
Gli stranieri sono un terzo dei 56.400 detenuti nelle carceri italiane. Sono soprattutto marocchini, romeni, albanesi e tunisini. Il 54% dei reclusi si dichiara cattolico, l’11% musulmano. Ma 5 mila persone che vengono da Paesi tradizionalmente musulmani preferiscono non dichiarare la propria fede. Il rapporto sostiene che lo fanno per evitare di essere marchiati.
Fino a qualche mese fa i detenuti accusati di terrorismo religioso erano custoditi nelle carceri di Rossano Calabro e di Sassari. Oggi un'apposita sezione e' stata istituita a Nuoro. L’Unione delle Comunità Islamiche in Italia mette a disposizione qualche decina di imam impegnati a contrastare la radicalizzazione dei detenuti. E’ una delle partite più importanti che stiamo giocando contro il terrorismo.