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Voto estero, la rappresentanza risponde alle “bugie”
di Paragone

Voto estero, la rappresentanza risponde alle “bugie” <br> di Paragone

Abolire il diritto di voto degli italiani all’estero e i diciotto parlamentari che essi eleggono. La proposta arriva dal giornalista Gianluigi Paragone che dalle pagine di Libero, in un articolo pubblicato ieri, va all’attacco di chi rappresenta in parlamento i quasi 5 milioni di emigrati italiani. Secondo Paragone, far votare gli italiani che vivono fuori i confini nazionali “è stata una colossale fesseria” cara solo al “vecchio e nostalgico Mirko Tremaglia”; un esperimento che, a detta del giornalista, ha provocato solo “gialli, dubbi e strani movimenti” e che “quindi è meglio lasciar perdere”. “Qualsiasi legge elettorale avanzerà in aula, si tolga il voto degli italiani all’estero”, aveva scritto Paragone. E anche quando si parla di rappresentanza parlamentare, il giornalista non ci va per il sottile: “Una pattuglia di gente – li definisce il giornalista - che in aula non ha lasciato grandi segni. Anzi, a essere franchi, ce li ricordiamo soltanto quando si trattava di mercanteggiare sulle fiducie”. Pronta la replica di tutta la rappresentanza all’estero, che fa blocco contro le parole di Paragone.

LEGGI COSTITUZIONALI E LEGGI ORDINARIE - Il primo a rispondere all’articolo di Libero, ieri, è stato Eugenio Marino, responsabile nazionale PD italiani nel mondo: “Paragone parla di diritti costituzionali e sistemi di voto con superficialità, confondendo leggi costituzionali con leggi ordinarie”. Marino, leggi alla mano, spiega che “il diritto di voto è legato alla titolarità della cittadinanza, indipendentemente dalla residenza, quindi anche abolendo la legge sul voto all’estero (459 del 2001) rimarrebbe il diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero, che si eserciterebbe recandosi in Patria. Così come rimarrebbero i diciotto parlamentari della Circoscrizione estero, la cui cancellazione deve passare obbligatoriamente da una modifica costituzionale in doppia, identica lettura alla Camera e al Senato”. “Ecco perché – aggiunge ancora Marino – abolendo il voto all’estero con una legge ordinaria come quella elettorale, al contrario di quanto sostiene Paragone, si creerebbe un vulnus democratico perché rimarrebbero i diciotto parlamentari della Circoscrizione estero senza gli elettori che dovrebbero votarli e si metterebbe in discussione il principio secondo il quale il diritto di voto si concede non più per cittadinanza, ma per residenza: cosa non prevista dalla nostra Costituzione”.

CREDIBILITA’ DEL VOTO ALL’ESTERO - A difendere la rappresentanza anche Michele Schiavone, segretario del Consiglio generale degli italiani all’estero, secondo il quale le parole di Paragone “costituiscono il preludio di una campagna di stampa, che lascia trasparire la portata di illazioni e di spudorate bugie per creare disinformazione finalizzata a smontare la credibilità del voto all’estero”. “La riforma della legge elettorale italiana – ha spiegato Schiavone - è una necessità per evitare l’ingovernabilità del paese, invece quella degli italiani all’estero, che nella circoscrizione estero eleggono diciotto parlamentari in rappresentanza di cinque milioni di cittadini di passaporto, va sistemata nella pratica procedurale. Gli accorgimenti per migliorarla possono essere definiti con un semplice decreto”. Ogni paragone tra le due leggi, quindi, “è inappropriato” secondo Schiavone.

DIRITTO DI VOTO - “I cittadini italiani all’estero sono cittadini come tutti gli altri e nessuno gli può togliere il diritto di voto, che è il primo dei diritti di cittadinanza – tuonano i deputati del Pd eletti all’estero Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Francesca La Marca, Fabio Porta e Alessio Tacconi -. La circoscrizione Estero, inoltre, è stata messa in Costituzione per ‘dare effettività’ a questo inalienabile diritto e nessuna legge elettorale (ordinaria) la può toccare. In Costituzione è indicato anche il numero dei parlamentari (12 alla Camera e 6 al Senato) per cui la stessa abolizione della legge sul voto degli italiani all’estero non cancellerebbe la rappresentanza, semmai ne potrebbe modificare le sole modalità di elezione”. Di Biagio, senatore di AP-CE eletto nella Ripartizione Europa, parla di un “accanimento”, nei confronti degli eletti all’estero, che “si arricchisce sempre di nuovi dettagli”. Secondo di Biagio, si tratta di “uno schiaffo morale nei confronti dell'elettorato estero reo di aver votato per il 70% a favore del Sì in occasione della riforma costituzionale del 4 dicembre. Insomma una responsabilità riformatrice pagata a caro prezzo”.

L’OCCASIONE DELLA RIFORMA ELETTORALE Interviene anche il Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo che, tramite il suo segretario Roberto Menia, lancia un appello alla politica: “La riforma elettorale deve rappresentare un’occasione anche per gli italiani all’estero con una serie di obiettivi pragmatici: rimediare alle storture dell’attuale sistema del voto per corrispondenza, rendere il voto pulito e trasparente, assicurare un controllo di qualità. Insomma, rafforzare il sistema del voto all’estero, non eliminarlo con un tratto di penna ignorando le istanze dei connazionali che vivono nei cinque continenti”. “La legge per il voto estero non è in discussione – sottolinea invece Mario Caruso, presidente di Italia Civile Popolare, eletto alla Camera nella circoscrizione estero e membro del gruppo Des-Cd -, ed è assurdo che venga messa in dubbio proprio nello stesso periodo in cui gli italiani, per lavoro o per studio, sono tornati a trasferirsi al di fuori dei confini nazionali. Il modello italiano per il voto estero è stato ripreso a esempio da altri Stati europei e, proprio mentre altri imitano una nostra legge virtuosa, dovremmo abolirla?”. (Sip – 30 mag)

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