Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

VOTO ESTERO, LA RAPPRESENTANZA RISPONDE ALLE “BUGIE” DI PARAGONE

Abolire il diritto di voto degli italiani all’estero e i diciotto parlamentari che essi eleggono. La proposta marriva dal giornalista Gianluigi Paragone che dalle pagine di Libero, in un articolo pubblicato il 29 maggio, va all’attacco di chi rappresenta in parlamento i quasi 5 milioni di emigrati italiani. Secondo Paragone, far votare gli italiani che vivono fuori i confini nazionali “è stata una colossale fesseria” cara solo al “vecchio e nostalgico Mirko Tremaglia”; un esperimento che, a detta del giornalista, ha provocato solo “gialli, dubbi e strani movimenti” e che “quindi è meglio lasciar perdere”. “Qualsiasi legge elettorale avanzerà in aula, si tolga il voto degli italiani all’estero”, aveva scritto Paragone. E anche quando si parla di rappresentanza parlamentare, il giornalista non ci va per il sottile: “Una pattuglia di gente – li definisce il giornalista - che in aula non ha lasciato grandi segni. Anzi, a essere franchi, ce li ricordiamo soltanto quando si trattava di mercanteggiare sulle fiducie”. Pronta la replica di tutta la rappresentanza all’estero, che fa blocco contro le parole di Paragone. Il primo a rispondere all’articolo di Libero, è stato Eugenio Marino, responsabile nazionale PD italiani nel mondo: “Paragone parla di diritti costituzionali e sistemi di voto con superficialità, confondendo leggi costituzionali con leggi ordinarie”. Marino, leggi alla mano, spiega che “il diritto di voto è legato alla titolarità della cittadinanza, indipendentemente dalla residenza, quindi anche abolendo la legge sul voto all’estero (459 del 2001) rimarrebbe il diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero, che si eserciterebbe recandosi in Patria. Così come rimarrebbero i diciotto parlamentari della Circoscrizione estero, la cui cancellazione deve passare obbligatoriamente da una modifica costituzionale in doppia, identica lettura alla Camera e al Senato”. “Ecco perché – aggiunge ancora Marino – abolendo il voto all’estero con una legge ordinaria come quella elettorale, al contrario di quanto sostiene Paragone, si creerebbe un vulnus democratico perché rimarrebbero i diciotto parlamentari della Circoscrizione estero senza gli elettori che dovrebbero votarli e si metterebbe in discussione il principio secondo il quale il diritto di voto si concede non più per cittadinanza, ma per residenza: cosa non prevista dalla nostra Costituzione”. A difendere la rappresentanza anche Michele Schiavone, segretario del Consiglio generale degli italiani all’estero, secondo il quale le parole di Paragone “costituiscono il preludio di una campagna di stampa, che lascia trasparire la portata di illazioni e di spudorate bugie per creare disinformazione finalizzata a smontare la credibilità del voto all’estero”. “La riforma della legge elettorale italiana – ha spiegato Schiavone - è una necessità per evitare l’ingovernabilità del paese, invece quella degli italiani all’estero, che nella circoscrizione estero eleggono diciotto parlamentari in rappresentanza di cinque milioni di cittadini di passaporto, va sistemata nella pratica procedurale. Gli accorgimenti per migliorarla possono essere definiti con un semplice decreto”. Ogni paragone tra le due leggi, quindi, “è inappropriato” secondo Schiavone. “I cittadini italiani all’estero sono cittadini come tutti gli altri e nessuno gli può togliere il diritto di voto, che è il primo dei diritti di cittadinanza – tuonano i deputati del Pd eletti all’estero Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Francesca La Marca, Fabio Porta e Alessio Tacconi -. La circoscrizione Estero, inoltre, è stata messa in Costituzione per ‘dare effettività’ a questo inalienabile diritto e nessuna legge elettorale (ordinaria) la può toccare. In Costituzione è indicato anche il numero dei parlamentari (12 alla Camera e 6 al Senato) per cui la stessa abolizione della legge sul voto degli italiani all’estero non cancellerebbe la rappresentanza, semmai ne potrebbe modificare le sole modalità di elezione”. Di Biagio, senatore di AP-CE eletto nella Ripartizione Europa, parla di un “accanimento”, nei confronti degli eletti all’estero, che “si arricchisce sempre di nuovi dettagli”. Secondo di Biagio, si tratta di “uno schiaffo morale nei confronti dell'elettorato estero reo di aver votato per il 70% a favore del Sì in occasione della riforma costituzionale del 4 dicembre. Insomma una responsabilità riformatrice pagata a caro prezzo”. Interviene anche il Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo che, tramite il suo segretario Roberto Menia, lancia un appello alla politica: “La riforma elettorale deve rappresentare un’occasione anche per gli italiani all’estero con una serie di obiettivi pragmatici: rimediare alle storture dell’attuale sistema del voto per corrispondenza, rendere il voto pulito e trasparente, assicurare un controllo di qualità. Insomma, rafforzare il sistema del voto all’estero, non eliminarlo con un tratto di penna ignorando le istanze dei connazionali che vivono nei cinque continenti”. “La legge per il voto estero non è in discussione – sottolinea invece Mario Caruso, presidente di Italia Civile Popolare, eletto alla Camera nella circoscrizione estero e membro del gruppo Des-Cd -, ed è assurdo che venga messa in dubbio proprio nello stesso periodo in cui gli italiani, per lavoro o per studio, sono tornati a trasferirsi al di fuori dei confini nazionali. Il modello italiano per il voto estero è stato ripreso a esempio da altri Stati europei e, proprio mentre altri imitano una nostra legge virtuosa, dovremmo abolirla?”.

PARAGONE: LIBERATECI DA PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

“Qualsiasi legge elettorale avanzerà in aula, si tolga il voto degli italiani all’estero. E’ stata una colossale fesseria, cara al vecchio e nostalgico Mirko Tremaglia e solo a lui. Lo so, alla sinistra quei voti sono sempre serviti ma se scatta il premio di maggioranza non c’è bisogno di tenere in vita una pattuglia di gente che in aula non ha lasciato grandi segni. Anzi, a essere franchi, ce li ricordiamo soltanto quando si trattava di mercanteggiare sulle fiducie. Gli italiani all’estero non hanno bisogno di una rappresentanza parlamentare per essere ricordati e non c’è nemmeno bisogno di aggiungere un altro tavolo di trattative ad un sistema politico incasinato già di suo”. Lo scrive il giornalista Gian Luigi Paragone in un articolo pubblicato il 29 maggio su Libero. Secondo Paragone “il voto degli italiani all’estero è stato spesso fonte di gialli, di dubbi e – per alcuni – persino di strani movimenti. Insomma, sarebbe onesto lasciar perdere l’esperimento e abrogare la legge. Qualsiasi essa sia. Lo dico con grande, forse troppa, franchezza: le esigenze degli italiani all’estero sono secondarie rispetto ai problemi del Paese, il cui impegno dovrebbe essere quello di evitare che la gente emigri per la disperazione di non riuscire a trovare un lavoro dignitoso in Italia. Perché questo è ciò che accade in proporzioni preoccupanti”. “Il capolinea dell’ipocrisia coincise con la famosa frase di Poletti sui giovani italiani all’estero, frase considerata non così grave da portare alla sfiducia del ministro stesso – si legge ancora nell’articolo di Paragone -. Quindi, se non ce ne frega un tubo di costoro, perché tenere in piedi una pattuglia di emigrati? Aggiungo che la cosa è tanto più assurda che mentre concediamo il diritto di voto agli italiani emigrati (i quali non mi sembra che, dati alla mano, facciano la fila per accaparrarsi la scheda), agli italiani che si trovano all’estero per motivi di studio o di lavoro viene impedito di votare. Dunque – ha aggiunto il giornalista - sarebbe opportuno fare piazza pulita e superare quei cinque minuti di solita e prevedibile bagarre di commenti e contro commenti. Levare tale diritto (in un paese che di diritti ne ha tolti di più seri) non provoca alcun vulnus democratico. Se ne faranno una ragione persino al di là dei confini”. “Salvo per chi, quel diritto, lo vorrebbe mantenere per accaparrarsi una poltrona con il relativo vitalizio. Qualcuno accetta la proposta? – chiede Paragone -. Qualcuno accetta di parlare o ha paura a uscire allo scoperto? O lo facciamo adesso che si discute di legge elettorale oppure ci toccherà un altro giro a vuoto. Ne vale la pena e la spesa? Io penso di no”.

MARINO (PD): PARAGONE CONFONDE LEGGE ORDINARIA E LEGGE COSTITUZIONALE

“Paragone parla di diritti costituzionali e sistemi di voto con superficialità, confondendo leggi costituzionali con leggi ordinarie”. Lo dichiara Eugenio Marino, responsabile nazionale PD italiani nel mondo, commentando l’articolo di Libero con il quale Gian Luigi Paragone auspica che con la riforma della legge elettorale in corso si aboliscano il diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e i diciotto parlamentari che essi eleggono. “Paragone – continua Marino – chiede di approfittare della riforma della legge elettorale in vigore in Italia e in discussione in questi giorni, per abrogare la legge sul voto all’estero, che in realtà è un’altra (la 459 del 27 dicembre 2001), per eliminare ‘una pattuglia di gente che in aula non ha lasciato grandi segni’. Senza entrare nel merito del lavoro e del valore dei singoli parlamentari – prosegue l’esponente del PD – è bene ricordare a Paragone che innanzitutto il diritto di voto è legato alla titolarità della cittadinanza, indipendentemente dalla residenza, quindi anche abolendo la 459 del 2001 rimarrebbe il diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero, che si eserciterebbe recandosi in Patria. Così come rimarrebbero i diciotto parlamentari della Circoscrizione estero, la cui cancellazione deve passare obbligatoriamente da una modifica costituzionale in doppia, identica lettura alla Camera e al Senato”. “Ecco perché – aggiunge ancora Marino – abolendo il voto all’estero con una legge ordinaria come quella elettorale, al contrario di quanto sostiene Paragone, si creerebbe un vulnus democratico perché rimarrebbero i diciotto parlamentari della Circoscrizione estero senza gli elettori che dovrebbero votarli e si metterebbe in discussione il principio secondo il quale il diritto di voto si concede non più per cittadinanza, ma per residenza: cosa non prevista dalla nostra Costituzione”.

SCHIAVONE (CGIE): DA PARAGONE BUGIE E DISINFORMAZIONE

“Nell’arena politica italiana si propaga l’odore di elezioni legislative anticipate e, da copione, ritorna la campagna di disinformazione sul voto nella circoscrizione estero. Ha incominciato il Corsera nell’edizione di domenica 28 maggio, con Dino Martirano, seguito a ruota da Libero con Tommaso Montesano e Gianluigi Paragone nell’edizione del giorno successivo. Quest’ultimo quotidiano è da sempre contrario all’esercizio di voto dei cittadini italiani all’estero e ne incoraggia la soppressione. I titoli utilizzati ‘togliamoci il peso degli eletti all’estero’ e ‘costano e nessuno li fila: chi sono gli inutili diciotto’ costituiscono il preludio di una campagna di stampa, che lascia trasparire la portata di illazioni e di spudorate bugie per creare disinformazione finalizzata a smontare la credibilità del voto all’estero”. Lo afferma in una nota Michele Schiavone, segretario generale del Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE). “Al di là del diritto di cronaca – ha proseguito Schiavone - è gravissima l’esposizione fatta dal giornalista Gianluigi Paragone nell’articolo ‘togliamoci il peso degli eletti all’estero’, che a suo modo di vedere è stata una colossale fesseria e per giustificare la sua tesi sull’inutilità si spinge a confutare nei modi più banali e grossolani i dettami costituzionali, mettendo in evidenza non solo gravi lacune e approssimative conoscenze del diritto costituzionale, ma anche un suo palese astio verso la comunità italiana all’estero, che allo stato dell’arte gode degli stessi diritti civili riconosciuti a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla loro residenza e ai quali, lui è impaziente di toglierli”. “A suo dire non si rende conto della confusione causata tra la legge ordinaria, sulla quale i gruppi parlamentari stanno lavorando per definire le nuove modalità di voto per la Camera e il Senato della repubblica in seguito alla recente sentenza della corte costituzionale, e la modifica della costituzione – ha sottolineato il segretario generale del CGIE -. Il linguaggio guascone di questo impavido parolaio è fuori dal tempo e dalla storia, abituato alla cacofonia dei programmi televisivi in cui è protagonista, induce a confusione sapendo che, nell’era delle fake news, travasare le informazioni è diventato uno sport nazionale. La riforma della legge elettorale italiana – ha spiegato ancora Schiavone - è una necessità per evitare l’ingovernabilità del paese, invece quella degli italiani all’estero, che nella circoscrizione estero eleggono diciotto parlamentari in rappresentanza di cinque milioni di cittadini di passaporto, va sistemata nella pratica procedurale. Gli accorgimenti per migliorarla possono essere definiti con un semplice decreto”. “Ogni paragone tra le due leggi è inappropriato – chiosa Schiavone -. Tutte le democrazie occidentali avanzate, e non solo, coinvolgono i propri cittadini all’estero alla composizione della rappresentanza politica nazionale. Un ripensamento da parte dell’Italia sposterebbe le lancette del tempo indietro al secolo scorso, a un periodo in cui bastava cantare una romanza per accattivarsi i favori e le simpatie popolari. Quel tempo per fortuna è archiviato nelle pagine della storia, oggi, invece, i cantori della libertà acquisiscono consenso trasmettendo sogni e visioni, certezze e fiducia facendo avanzare l’orizzonte dei diritti a differenza dei menestrelli, che strimpellano paure e diffondono pregiudizi cercando di fermare il vento con le mani”. “Il richiamo delle serene di epica memoria non ammalia più neanche i creduloni. Finalmente, chi è restio ad alzare lo sguardo oltre la palizzata del proprio giardino, è sollecitato ad armarsi di coraggio e di buona volontà per guardare al nostro tempo con gli occhi dell’etica e della morale del nuovo millennio”, ha concluso il segretario generale del CGIE.

PD: CHI ATTACCA ITALIANI ALL’ESTERO ATTACCA IL FUTURO DELL’ITALIA

“Con la puntualità della frutta di stagione, arriva un nuovo attacco al voto degli italiani all’estero e agli eletti della circoscrizione Estero. In altre parole, ai diritti di cittadinanza di cinque milioni di persone. Quisquilie, direbbe Totò. Se ne fa protagonista il giornale Libero che riserva all’argomento la copertina e due intere pagine, che ospitano articoli di G. Paragone e T. Montesano, elegantemente intitolati ‘Poco onorevoli. Togliamoci il peso degli eletti all’estero’ e ‘Costano e nessuno li fila: chi sono gli inutili diciotto’. L’occasione è quella della definizione della nuova legge elettorale”. Così in una nota i deputati del Pd eletti all’estero Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Francesca La Marca, Fabio Porta e Alessio Tacconi. I deputati dem, ricordando le parole di Paragone (“Qualsiasi legge elettorale avanzerà in Aula, si tolga il voto degli italiani all’estero. È stata una colossale fesseria” e “Le esigenze degli italiani all’estero sono secondarie rispetto ai problemi del Paese”), aggiungono: “Cambiano le parole, ma la musica è sempre quella: il solito refrain di un giornalismo culturalmente e politicamente connotato che non perde occasione per respingere un mondo che non conosce e di cui non si fida. Nessuna sostanziale novità, dunque, se non l’abissale, spaventosa ignoranza dei termini reali della questione”. “I cittadini italiani all’estero sono cittadini come tutti gli altri e nessuno gli può togliere il diritto di voto, che è il primo dei diritti di cittadinanza – hanno proseguito Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta e Tacconi -. La circoscrizione Estero, inoltre, è stata messa in Costituzione per ‘dare effettività’ a questo inalienabile diritto e nessuna legge elettorale (ordinaria) la può toccare. In Costituzione è indicato anche il numero dei parlamentari (12 alla Camera e 6 al Senato) per cui la stessa abolizione della legge sul voto degli italiani all’estero non cancellerebbe la rappresentanza, semmai ne potrebbe modificare le sole modalità di elezione. Oltre alle quisquilie, anche le pinzillacchere, direbbe sempre Totò. Anzi, le cantonate”. “Quanto alla presenza e alla incidenza degli eletti della circoscrizione Estero, i dati ai quali il giornale fa riferimento dimostrano precisamente il contrario – hanno sottolineato i deputati dem -. I parlamentari eletti all’estero, gli unici – si ricordi – scelti direttamente dagli elettori con il voto di preferenza, nonostante l’ampiezza e la distanza dei loro collegi elettorali, sono stati più presenti e attivi della maggior parte degli eletti in Italia.La cosa che più colpisce, tuttavia, non sono le castronerie giuridiche e lo stravolgimento dei più elementari principi di democrazia, ma l’affermazione del valore residuale degli italiani all’estero rispetto ai problemi del Paese. Se l’economia italiana è restata a galla in questi anni di crisi lo si deve soprattutto alla proiezione del made in Italy nel mercato globale e la rete di sostegno assicurata dai cittadini all’estero e dagli italodiscendenti è stata determinante per questa capillare presenza. Oltre al contributo di immagine e di relazioni che il nostro retroterra emigratorio, vecchio e nuovo, assicura costantemente al Paese”. I deputati del Pd proseguono: “In gioco, dunque, non è il ruolo degli italiani all’estero ma la visione che si ha del presente e del futuro dell’Italia nel mondo. E da questo punto di vista, le posizioni delle forze politiche e culturali che si riconoscono in Libero sono semplicemente desolanti. E preoccupanti non per noi, ma per il futuro del Paese. Veramente preoccupanti”. “Un altro giornale, per la verità più autorevole, parlando delle trattative sulla legge elettorale, ha accennato ad una possibilità di accordo tra Forza Italia e il PD sulla sostituzione del voto per corrispondenza con quello nei seggi – hanno concluso i deputati -. La soluzione proposta appunto da Forza Italia nel suo disegno di legge elettorale. Abbiamo più volte detto che il voto nei seggi sarebbe una soluzione peggiore del male, un primo passo per il superamento del voto in loco. Nel merito, dunque, nulla da aggiungere, se non che non esiste alcun accordo al riguardo semplicemente perché il PD non è disponibile ad una tale soluzione. Un motivo in più perché gli italiani all’estero, nel momento in cui si dovranno pronunciare con il voto, assieme agli altri cittadini, sulle prospettive del Paese, possano riconoscere quali sono le forze di cui ci può realmente fidare per mettere in sicurezza il futuro dell’Italia nel mondo”.

FEDI (PD): SCIOCCHEZZE CONTRO GLI ELETTI ALL’ESTERO

“Il giornale Libero, ancora una volta, entra a gamba tesa sugli eletti all'estero, riservando parecchio spazio a un paio di articolesse del giornalista Paragone, corredate da schede e tabelle. Un'operazione, insomma, in grande stile. Peccato che tutto sia costruito su alcune monumentali sciocchezze che dimostrano, ad un tempo, prevenzione e ignoranza delle questioni affrontate”. Così il deputato del Pd eletto all’estero Marco Fedi, che aggiunge: “Paragone, infatti, dimenticando che la Circoscrizione estero è prevista dalla Costituzione, arriva subito ad una conclusione facile facile: basterebbe un piccolo intervento nella legge elettorale in discussione in Parlamento per ‘liberarsi’ degli eletti all’estero. Paragone evidentemente ignora o fa finta di dimenticarsi che i 12 deputati e 6 senatori sono anch’essi inclusi nella Costituzione e che la legge elettorale si limita a stabilire come ripartirli in base agli iscritti AIRE nelle quattro ripartizioni e a definire le modalità di esercizio del voto”. “A meno che Libero non pensi che sia meglio candidare nelle quattro ripartizioni i vari ‘trombati’ o i ‘cerca poltrona’ che non ne trovano una libera in Italia. Altro che eliminare poltrone! Con la sua proposta avremmo come candidati all'estero i peggiori d’Italia – ha proseguito Fedi -. Paragone dimentica anche che, ove si riuscisse non con legge ordinaria ma con procedura di rango costituzionale a eliminare la Circoscrizione estero dalla Costituzione, rimarrebbe il problema di garantire l’esercizio del diritto di voto ai cittadini italiani residenti all’estero. Inclusi i temporaneamente all’estero che, grazie all’Italicum, hanno votato in occasione del referendum, ma che ora andrebbero recuperati nella nuova legge elettorale in discussione”. “Nella discussione che ha portato il Paese al referendum costituzionale, vera occasione mancata per dare all’Italia una svolta epocale, dov’era Paragone e dove si trovavano gli altri giornalisti che oggi raccontano di noi senza averci, davvero, mai sentito? Quella proposta confermava la nostra presenza in Parlamento. E gli italiani all’estero l’hanno sostenuta convintamente – ha sottolineato il deputato dem -. Come attività parlamentare, considerata sia sotto il profilo delle presenze in aula che sotto quello della qualità del lavoro, gli eletti all'estero sono attestati ben oltre la media dei 630 deputati e 315 senatori. Non siamo utilizzati da Palazzo Chigi come consulenti di politica estera? Non siamo consulenti, ma rappresentanti del popolo, senza vincoli di mandato. Inclusi i cittadini italiani che sono nel mondo. Lo dice la Costituzione. Qualche lezione d’inglese, però, potremmo darla a molti, politici e giornalisti. E qualche lezione sui presupposti di diritto riguardanti gli italiani all'estero e, soprattutto, di stile potremmo darla a chi scrive senza conoscere o senza aver capito o aver voglia di capire”. “Non è mia intenzione limitare il dibattito – ha continuato Fedi -: facciamolo almeno in una giusta prospettiva, quella di migliorare una legge elettorale che, in ogni caso, deve rispettare la Costituzione. E chi voglia dire qualcosa sulla qualità degli eletti all’estero, lo faccia liberamente, ma almeno, per rispetto di chi legge, con una ricerca che superi il giornalismo spazzatura e che comunque tenga conto della qualità della rappresentanza nel suo complesso”. Secondo il deputato del Pd eletto all’estero “una riflessione più approfondita, invece, merita la proposta di modifica delle regole di esercizio del voto ed in particolare il voto nei seggi. Diciamocela tutta, se la formulazione dialettica rimane ‘voto nei consolati’, presupponendo che l’unico seggio possibile sia in una sede consolare, limitando quindi notevolmente il numero dei seggi, rimarremmo perplessi. Si tratterebbe infatti di una severa limitazione alla partecipazione. Se si pensasse ad un numero ragionevole di seggi, tale da assicurare una copertura dignitosa dei territori, potremmo discuterne. Consapevoli che anche in questo caso avremmo problemi logistici ed organizzativi ed anche costi rilevanti”. “Attenzione però – conclude Fedi -: il voto nei seggi elimina alcuni rischi ma ne crea uno decisamente superiore, aumentando la possibilità di controllo del voto da parte di chi ha il controllo del territorio. Con un forte ridimensionamento del voto d’opinione”.

DI BIAGIO (AP-CE): ABOLIZIONE CIRC. ESTERO? ‘COLPA’ DEL SI’ A REFERENDUM

“Ritorna nel dibattito sulla riforma elettorale il solito mantra dell'abolizione della Circoscrizione estero con annesso depennamento della legge Tremaglia accusata, ciclicamente, di essere foriera di mali di varia natura, capro espiatorio delle lacune del sistema politico e parlamentare che - sappiamo bene - hanno radici in ben altri scenari". Lo dichiara in una nota Aldo Di Biagio, senatore di AP-CE eletto in Ripartizione Europa. "L'accanimento verso gli eletti all'estero – ha spiegato Di Biagio - si arricchisce sempre di nuovi dettagli e non ci stupiamo se ad influenzarlo vi potrebbe essere uno ‘schiaffo morale’ nei confronti dell'elettorato estero reo di aver votato per il 70% a favore del Sì in occasione della riforma costituzionale del 4 dicembre. Insomma una responsabilità riformatrice pagata a caro prezzo". "Ma si fa sempre un po' fatica a capire la ratio del metodo ‘all'italiana’ – ha sottolineato ancora il senatore di AP-CE - che giustifica ciò che non funziona scaricando un carosello di colpe sul malcapitato ‘qualcosa’ o ‘qualcuno’ che c'entra poco o niente". "Il voto all'estero è espressione di un diritto indifferibile e costituzionalmente sancito di partecipazione democratica necessaria e la sua abolizione - immotivata - sarebbe effettivamente un vulnus democratico malgrado qualcuno millanti il contrario dimostrando di non conoscere né la legge né la circoscrizione stessa. Per questo - conclude Di Biagio - chi chiede l'abolizione se ne assuma anche la responsabilità, non solo di compromettere la tenuta della rappresentanza democratica del Paese ma di rompere quel valido cordone ombelicale tra Paese e mondo dell'emigrazione, costruito e tutelato in anni di impegno e di piccole conquiste, trascurando anche che quel voto e quella rappresentanza sono il veicolo della promozione del made in Italy e del brand Italia nel mondo".

VOTO ESTERO, DI BIAGIO (AP-CE): DA PARAGONE PAROLE OFFENSIVE

"Faccio fatica a comprendere il motivo di quel ventaglio di preconcetti e posizioni negativamente aprioristiche che caratterizza l'articolo di Paragone su Libero, senza entrare nel merito di una legge che ha avuto e tutt'ora ha una sua ratio, in riferimento alla quale si può non essere d'accordo, ma additarla come ‘colossale fesseria’ risulta esagerato, se non addirittura offensivo: non tanto nei confronti degli eletti all'estero, ma nei confronti di una platea di circa 4 milioni di italiani che l'articolo omette". E' quanto scrive Aldo Di Biagio, senatore di AP-CE eletto all'estero, in risposta all'articolo di Paragone su Libero dal titolo "Poco Onorevoli, Togliamoci il peso degli eletti all'estero". "Possiamo ragionare fino a domani circa la giustezza di questa legge, assolutamente migliorabile, ma buttare il bambino con l'acqua sporca pecca di ingiustificata superficialità in un momento storico in cui la faglia tra cittadini e istituzioni si sta acuendo e proprio per questo la tutela dei diritti di chi è emigrato, in stagioni storiche diverse, non può diventare il capro espiatorio dei mali d' Italia”, ha sottolineato Di Biagio. "Tra l'altro l'equazione ‘eletti all'estero e mercato delle fiducie’ o peggio ancora ‘eletti all'estero e strani movimenti’ - continua Di Biagio - appare come la celebrazione del qualunquismo, poiché impugnare fatti - sebbene deprecabili- che hanno condizionato uno o più eletti all'estero in passato per chiedere l'abrogazione della legge, sarebbe un po' -mutatis mutandis - come depennare metà Costituzione perché la democrazia rappresentativa ha mostrato qualche falla in ragione, magari, di qualche reato ad opera di coloro che ne sono l'emblema". "Si può anche capire che risulta facile utilizzare il sempre verde argomento degli eletti all'estero che non brillano per presenza ed efficienza - evidenzia ancora il senatore - ma credo che questo dato - che riguarda solo alcuni - come perfettamente armonico rispetto al disastroso trend di operatività parlamentare nazionale". Di Biagio aggiunge: “Poi si invoca l'abrogazione senza un pregresso studio di comparazione con altri ordinamenti: guardiamo sempre alle best practice europee e internazionali e quando si tratta di tutelare diritti così rilevanti vogliamo essere da meno? Il diritto di voto dei cittadini residenti all'estero è previsto in tutti gli ordinamenti dei Paesi dalla solida democrazia, e - a meno che non si consideri l'Italia non rientrante tra questi Paesi - appare alquanto contraddittorio depennare questo diritto dopo 16 anni dal nostro ordinamento". Di Biagio conclude: "Su argomenti così delicati non si può lasciare il dibattito a riflessioni generaliste e prive di doverosi chiarimenti, perché - anche se si fa fatica a crederlo - in politica non esistono solo poltrone, inciuci, e malaffare, esiste anche impegno, rispetto e passione e lasciar cadere questa certezza vuol dire ammettere che il Paese ha già perso".

VOTO ESTERO, CARUSO (ICP): SU LEGGE ELETTORALE SI FA DISINFORMAZIONE

“Il voto per gli italiani all’estero rappresenta un atto di civiltà e un passaggio verso la democrazia compiuta, poiché grazie alla sua introduzione il nostro paese ha dimostrato che un cittadino italiano è tale a prescindere dai confini territoriali e che i suoi diritti non cessano di esistere solo perché ha deciso di trasferirsi in un altro paese”. E’ quanto dichiara in una nota l’onorevole Mario Caruso, presidente di Italia Civile Popolare, eletto alla Camera nella circoscrizione estero e membro del gruppo Des-Cd, a proposito degli articoli apparsi sul quotidiano Libero e dedicati al voto per gli italiani nel mondo. “La legge per il voto estero non è in discussione ed è assurdo che venga messa in dubbio proprio nello stesso periodo in cui gli italiani, per lavoro o per studio, sono tornati a trasferirsi al di fuori dei confini nazionali. Il modello italiano per il voto estero è stato ripreso a esempio da altri Stati europei e, proprio mentre altri imitano una nostra legge virtuosa, dovremmo abolirla?” si interroga il deputato. “Mi permetto, infine, di ricordare a chi lo mette in discussione, che il voto estero è incardinato nella nostra Costituzione. Di conseguenza, è possibile modificarlo o abolirlo solamente con una riforma costituzionale, che ha tempi diversi dal normale iter legislativo. Dare spazio a sterili polemiche significa fare pura disinformazione” conclude Caruso.

CTIM: LA POLITICA SI SFORZI DI MIGLIORARE LA LEGGE TREMAGLIA

“Dopo 16 anni di voto all’estero, una conquista voluta dal Ministro Mirko Tremaglia, più che slogan e titoloni appariscenti, occorre una seria analisi per incardinare l’utilità della riforma elettorale come grande occasione per gli italiani all’estero”. Così il Segretario Generale del Ctim, Roberto Menia, interviene nel dibattito sulla nuova legge elettorale, che secondo alcune ricostruzioni potrebbe prevedere anche l’abolizione del voto per gli italiani all’estero. “A mio parere – continua Menia - la riforma elettorale deve rappresentare un’occasione anche per gli italiani all’estero con una serie di obiettivi pragmatici: rimediare alle storture dell’attuale sistema del voto per corrispondenza, rendere il voto pulito e trasparente, assicurare un controllo di qualità: insomma, rafforzare il sistema del voto all’estero, non eliminarlo con un tratto di penna ignorando le istanze dei connazionali che vivono nei cinque continenti”. E conclude: “Abolire un principio di civiltà e di democrazia come il voto degli italiani all’estero, presente anche in altri Paesi è molto più semplice che ingegnarsi per migliorarne il funzionamento. Ma dal momento che la politica è chiamata tracciare nuove rotte, più che depennare destinazioni, mi aspetto uno sforzo di merito e non demagogico su questo grande tema”.

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