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direttore Paolo Pagliaro

I nostri massacri
di cui non si parla

I nostri massacri <br> di cui non si parla

di Paolo Pagliaro

(12 settembre 2017) A Münster, dove cattolici e protestanti siglarono la pace dopo la guerra dei trent’anni, si chiude stasera l'incontro internazionale tra le diverse religioni promosso dalla Comunità di sant'Egidio. Hanno partecipato rabbini, imam, pastori riformati, cardinali, studiosi e politici. L’idea di fondo è che nessuna religione sia responsabile delle guerre e del terrorismo, ma che molte religioni vengono invocate per legittimare la violenza.

Ha detto il Grande Imam di al-Azhar, l’autorità più prestigiosa del mondo islamico sunnita, che questo cortocircuito tra politica e religione sta spingendo il mondo verso ciò che assomiglia a un suicidio di civiltà. A Münster, ci sono state testimonianze drammatiche sulle persecuzioni e le stragi che in nome della religione da anni insanguinano l’Oriente e l’Africa. In un intervento sul martirio dei cristiani in Etiopia, il professor Ian Campbell dell’Università di Addis Abeba ha ricordato la brutale invasione ed occupazione dell’Etiopia da parte dell’esercito italiano dal 1935 al 1941. Il “regno del terrore”, esplicitamente prescritto per l’Etiopia a metà del 1936 da Mussolini, che il maresciallo Rodolfo Graziani applicò con entusiasmo, consistette in rappresaglie di massa per oltraggi reali o immaginari contro l’esercito invasore.

Ad Addis Abeba furono massacrati 20 mila civili, compresi donne e bambini. Molte famiglie furono bruciate vive nelle loro case. Circa duemila monaci, preti, diaconi e pellegrini furono passati per le armi nel monastero di Debra Libanos. Decine di persone trovarono la morte nelle camere di tortura del maresciallo Graziani. Nelle fotografie di atrocità indicibili, i soldati italiani e i loro comandanti appaiono sorridenti e contenti, come scolari in gita. Molti avevano in tasca dei santini in cui la bandiera italiana era accanto all'immagine di Gesù o della Vergine Maria. Il professor Campbell si è chiesto se l’Italia, come la Germania, ha fatto i conti con questo suo recente passato. La risposta è no.

(© 9Colonne - citare la fonte)