di Paolo Pagliaro
(9 ottobre 2017) Sono trascorsi dieci anni dalla fondazione del Partito Democratico. Dieci anni di risultati elettorali alterni, Si comincia con il 33,2% ottenuto dal PD di Veltroni alle Politiche del 2008 per passare al 26% delle Europee dell’anno successivo. Con la segreteria di Bersani il partito torna al 27% nel 2012 per attestarsi poi al 25,4% alle Politiche del 2013. La segreteria di Matteo Renzi e i primi mesi di Governo dell’ex sindaco di Firenze rivitalizzano il consenso, portando il PD oltre il 40% alle Europee del 2014: il suo massimo storico.
Da quel momento inizia un progressivo calo del gradimento elettorale che, secondo i sondaggi di Demopolis, si riduce al 32% nel 2016 e al 26,5% nel primo semestre del 2017, dopo la sconfitta referendaria e la scissione. Per attestarsi oggi al 27%.
Questa è in breve la storia elettorale del Pd, che si è sempre presentato agli elettori – nel 2008 guidato da Veltroni e nel 2013 guidato da Bersani – alla testa di alleanze. Piero Fassino, nel libro che esce in questi giorni per la Nave di Teseo, “Pd davvero”, insiste su questo aspetto: gli esiti delle elezioni amministrative e del referendum costituzionale hanno reso evidente, osserva l’ex segretario dei Ds, che una condizione di “solitudine” riduce le possibilità di successo del Pd e del centrosinistra.
Una seconda necessità sottolineata da Fassino è quella di un rilancio del Pd. Oggi – scrive - è fragile la struttura organizzativa di base, labili sono i rapporti con la società, episodica l’attività di formazione, rilevante il peso degli eletti. Soprattutto emerge la difficoltà a essere quell’agente sociale e culturale che fa di un partito il riferimento quotidiano per i cittadini. Detto da un padre fondatore, fa un certo effetto.