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Il sistema della sicurezza tra Stato e autonomie locali

Il sistema della sicurezza tra Stato e autonomie locali

di Piero Innocenti

(26 ottobre 2017) L'introduzione nel nostro ordinamento del concetto di "sicurezza urbana" ( art.4 del d.l. 14/2017) intesa come "bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città", in sostanza una "sicurezza di interesse locale", riapre la riflessione  sulla suddivisione tra polizie nazionali e polizie locali e di conseguenza sulle stesse competenze territoriali e funzionali delle forze di polizia. Il rischio che si possa formare un "sottosistema della sicurezza" nel nostro Paese c'è anche se la revisione della Costituzione (avvenuta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3) ed in particolare dell'art.117 commi 2 e 4 aveva sopito alcune perplessità riaffermando la scelta del legislatore del 1948 di considerare l'ordine pubblico e la sicurezza come interessi di carattere generale e, quindi, di esclusiva competenza dello Stato, con l'esclusione della polizia amministrativa locale.

Quest'ultima, infatti, trova fondamento nella esigenza di tutelare interessi pubblici emergenti in sede locale e che come tali giustificano una disciplina differenziata in relazione, appunto, alla realtà della singola comunità locale. Insomma, vi è una generale funzione di polizia a protezione di qualsiasi turbativa che minacci il contesto sociale e l'ordine pubblico e vi è, poi, una funzione particolare di polizia che nell'ambito di una determinata località viene esercitata per la tutela in determinate materie che sono di rilevante interesse in quel contesto. Vengono in mente, in questo ambito, per esempio, la polizia urbana e demaniale, la polizia igienico-sanitaria e di tutela della salute pubblica, la polizia per l'edilizia e l'ambiente, della flora e della fauna, la polizia ittico-venatoria, la polizia tributaria con esclusivo riferimento ai tributi di competenza degli enti territoriali. Un ambito preciso, dunque, di compiti, di attività e di servizi che possono essere governati da una intelligente politica locale che si integri con la politica di sicurezza nazionale in modo da salvaguardare in ogni caso l'unitarietà del sistema sicurezza.

Il maggiore coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali nel sistema della sicurezza integrata (dove, in realtà, già operano i Comitati provinciali dell'ordine pubblico e della sicurezza e le Conferenze permanenti a livello regionale presso le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo), indica la volontà legislativa di non frantumare l'esercizio della sicurezza immaginando che essa possa localmente o regionalmente avere una sua diversa dimensione. Relativamente, poi, al concetto di polizia locale, sono da richiamare le considerazioni formulate da Carlo Mosca, illustre studioso del sistema di sicurezza nazionale (cfr. Il coordinamento delle forze di polizia-Teoria generale, ed. Cedam,2005), secondo cui tale espressione, in senso oggettivo, riguarda la polizia amministrativa, mentre ".. se il riferimento è ai soggetti chiamati ad assolvere le attività o ad eseguire i servizi di polizia locale, allora polizia locale indica gli appartenenti ai corpi di polizia municipale i quali, comunque, già oggi,  nella loro qualità di agenti di pubblica sicurezza e di agenti di polizia giudiziaria, quando esercitano le loro funzioni in questi ambiti, rispettivamente rispondono della loro attività all'autorità di pubblica sicurezza e a quella giudiziaria, in un quadro di unitarietà del sistema". Ciò in quanto sul territorio nazionale unico è il testo unico (appunto) delle leggi di pubblica sicurezza e unico è sia il codice penale che quello di procedura penale.

Naturalmente è avvertita l'esigenza di una maggiore partecipazione e condivisione della sicurezza con patti,  intese e protocolli idonei a raccordare l'esercizio delle specifiche funzioni dei Corpi di polizia municipale con quello delle funzioni affidate alle forze di polizia nazionali, dopo aver assicurato l'omogeneità degli ordinamenti regionali ed aver provveduto ad istituire una banca dati unica delle polizie locali connessa agli analoghi sistemi presso le forze di polizia (con alcuni livelli di accesso come previsto dal comma 6 bis dell'art.10 del d.l. sopraindicato). Si tratta, è ovvio, di materia particolarmente sensibile e non si può, certamente, minimizzare, in uno scenario più ampio, il segnale che arriva da alcune regioni che chiedono più autonomia e persino il riconoscimento dello Statuto speciale, che significherebbe ulteriori competenze oltre a quelle richieste nei recenti referendum consultivi svoltisi in Lombardia e in Veneto. Punto, ripeto,  molto delicato, perché, come già previsto in altre regioni a statuto speciale, ai presidenti sono conferiti speciali funzioni in tema di ordine pubblico e di sicurezza. Anche se, poi, non sono state mai esercitate ed il sistema unitario di sicurezza non ha subito "lesioni".

E' il caso, per esempio, della Sicilia il cui Statuto (approvato con RDL 15 maggio 1946 n.455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948 n.2 e successive modifiche), nel titolo  IV (Polizia), sancisce che il presidente regionale mantenga l'ordine pubblico " a mezzo della polizia dello Stato" che dipende "..disciplinarmente, per l'impiego e l'utilizzo dal Governo regionale". Un potere davvero notevole che, tuttavia, non è stato mai esercitato da nessun presidente-capo della polizia nella regione. Così com' è rimasto solo sulla carta il diritto presidenziale di proporre, motivatamente, al Governo centrale, "la rimozione o il trasferimento fuori dall'isola, dei funzionari di polizia" (art.31, comma 3 dello Statuto). Anche nelle Province autonome di Trento e Bolzano, lo Statuto (approvato con dpr 31 agosto 1972 n.670) prevede che i presidenti esercitino le funzioni di autorità di pubblica sicurezza,  sia pure limitate ad alcuni ambiti indicati (art.20) per i quali si possono avvalere anche degli organi di polizia statale, mentre vanno comunque acquisiti i loro pareri quando l'autorità statale (il Commissario del Governo, il Questore) debba adottare, per motivi di ordine pubblico, provvedimenti che incidono, sospendono o, comunque, limitano l'efficacia di autorizzazioni dei presidenti in materia di polizia.

Anche in Valle d'Aosta, il presidente della Regione deve, su delega del Governo della Repubblica ( precisazione quanto mai opportuna), provvedere al mantenimento dell'ordine pubblico (..) “mediante reparti di polizia dello Stato e di polizia locale". Questa, dunque, la situazione che, oltretutto, è in evoluzione con una serie di iniziative nelle diverse Regioni a Statuto speciale finalizzate ad una revisione dei rispettivi Statuti di autonomia. Un sistema della sicurezza, alla fine, delicato, stratificato e ben consolidato nella storia della nostra società e delle istituzioni che devono vivere e credere nel cambiamento per far fronte ad una domanda di sicurezza che continua a crescere e si espande in ambiti e settori nuovi.

(© 9Colonne - citare la fonte)