di Paolo Pagliaro
(15 gennaio 2018) Il cinema italiano è in difficoltà. Nel 2017 le sale hanno visto gli spettatori e gli incassi diminuire rispettivamente del 12 e dell’11% rispetto all’anno prima. Mentre i film made in Italy hanno perso il 44% del loro pubblico. E’ ben vero che il 2016 era stato l’anno del trionfo di Zalone con Quo vado? e del successo di Paolo Genovese con Perfetti sconosciuti, ma i dati 2017 sono inferiori anche a quelli del 2015 e del 2013.
Il problema della disaffezione del pubblico è soprattutto italiano. Gli incassi sono aumentati sia in Germania che in Gran Bretagna, mentre in Francia nonostante una leggera flessione i biglietti venduti hanno fruttato 1 miliardo e 300 milioni di euro, quindi più del doppio rispetto ai 584 milioni incassati in Italia.
I produttori interpellati da Paolo Mereghetti, del Corriere della Sera, pensano che la debolezza principale sia la troppa «dipendenza» dei film italiani dalla loro possibile destinazione televisiva; per avere una buona resa in tv occorre infatti che la rassicurazione vinca sulla sorpresa, apprezzata invece sul grande schermo.
Questa dipendenza del cinema dalla tv è peraltro destinata ad aumentare grazie a una recente legge, voluta dal ministro Franceschini, che obbliga le televisioni private e la Rai, ma anche Netflix, ad acquistare un certo numero di opere prodotte in Italia e in Europa. Nella prima serata, tra le 18 e le 23, tutte le reti dovranno trasmettere almeno una volta a settimana un film, una fiction o un documentario italiani. La Rai dovrà trasmetterne almeno due. Per chi non rispetterà le quote sono previste multe da 100 mila fino a 5 milioni di euro. Gli editori privati non l’hanno presa bene, perché l’obbligo dell’italianità è decisamente costoso – soprattutto per chi non si finanzia con un canone - e non tutti i film italiani hanno la qualità di Gomorra.
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