Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Politica più povera
senza Frattocchie

di Paolo Pagliaro

(5 febbraio 2018) Nel linguaggio comune il nome di Frattocchie, un edificio al chilometro 22 della via Appia, sui colli Albani, sta a indicare la scuola di partito per antonomasia.
Tutti i movimenti e i partiti quando decidono di organizzare corsi per la selezione della classe dirigente rimandano a quell’espressione: le Frattocchie della Lega, di Forza Italia, dell’Ulivo, le Frattocchie di Enrico Letta. Anche l’attuale scuola di formazione del Partito democratico, voluta da Renzi e diretta da Massimo Recalcati che l’ha intitolata a Pasolini, richiama quel tipo di esperienza. Ma di quel modello, in positivo o in negativo, non è rimasto praticamente nulla se non l’evocazione del nome.
Non esistono più i partiti di massa tradizionali ed è scomparsa la volontà di formazione permanente.
Le scuole di politica attuali consistono in brevi soggiorni dove i ragazzi vanno ad ascoltare relatori e partecipano a dibattiti su alcuni temi di politica corrente. Niente a che vedere con l’esempio di Frattocchie, dove i corsi duravano da tre mesi a un anno e dove il Pci formava i propri quadri e soprattutto i propri amministratori locali. Con un certo successo, tanto che anche un anticomunista convinto come Indro Montanelli descriveva gli alunni di Frattocchie come quelli destinati a formare la burocrazia più efficiente e onesta del paese.
In un saggio edito da Laterza con il titolo “A scuola di politica”, la storica Anna Tonelli ricostruisce ora le tappe di quell’irripetibile esperienza di educazione all’impegno pubblico.
Il modello non è più valido, perché i tempi sono cambiati. Ma resta attuale e urgente il tema della formazione delle elites politiche, come dimostra ciò che in questi giorni si legge circa biografie e ambizioni di molti aspiranti parlamentari

(© 9Colonne - citare la fonte)