di Paolo Pagliaro
(23 febbraio 2018) Tre notizie di giornata riassumono bene l’andamento altalenante dell’economia italiana. La prima è che l'industria ha fatto registrare nel 2017 il più alto incremento di fatturato da sei anni a questa parte: +5,1%. La seconda è che sono cresciuti del 3% anche i dividendi pagati agli azionisti dalle società quotate. La terza è che sono aumentati di oltre mezzo milione i nuovi contratti a termine e sono diminuiti di quasi 120 mila quelli a tempo indeterminato.
Sulla ritrovata vitalità dell’industria e dei suoi fatturati incide, per la prima volta dopo tanto tempo, anche la ripresa della domanda interna. Il limite è rappresentato dal fatto che l’incremento dei ricavi si deve alle ottime prestazioni di una minoranza di imprese, un’élite costituita da circa il 20% delle aziende. Fuori da questo recinto dove si coltivano innovazione e competitività, molte imprese lottano ancora per sopravvivere.
I dati sul lavoro, di fonte Inps, confermano la fragilità della ripresa. Sono aumentati del 120% - passando da 200 a 438 mila nel giro di un anno – i nuovi contratti a chiamata, e del 21% quelli cosiddetti di somministrazione. Sono contratti per occupazioni precarie. Molti hanno preso il posto dei vecchi voucher, aboliti un anno fa.
Sono invece sempre più rare le assunzioni a tempo indeterminato. Sul totale delle nuove assunzioni erano il 40% tre anni fa, sono poco più del 20% adesso. L’Inps ci fa sapere, infine, che il 54% dei nuovi contratti a tempo indeterminato prevede una retribuzione inferiore ai 1.750 euro, lordi.