Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Le Sardine e il mare
oltre il giardino

di Arnaldo di Latebiosa

(23 gennaio 2020) In replica alla richiesta di organizzarsi in partito politico le c.d. Sardine come probabilmente noto hanno risposto tempo fa dalle colonne di un autorevole quotidiano, con il consueto stile per metafore, che il mare in cui loro nuotano è senza confini. È certamente prudente per il movimento sottrarsi alla suddetta richiesta ben consapevoli, come del resto da più parti rilevato, che al momento presente nessuna proposta riuscirebbe a mantenere coesa la moltitudine raccolta attorno ad un messaggio invece alla Montale e cioè “oggi” in buona sostanza “possiamo dirvi soltanto ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, dove ciò che non si vuole è notoriamente anzitutto Matteo Salvini o meglio la sua retorica eccetera eccetera.
Quanto allo stile, cioè il ricorso alle metafore, per un siffatto non-partito si va rivelando evidentemente efficace un non-linguaggio o meglio un linguaggio non-ostensivo, che nulla cioè designa, tipicamente appunto la metafora, in particolare la serie di quelle ittiche mutuate del resto dalla denominazione prescelta per il movimento e che esibiscono ormai, per la verità, una tendenza verso toni decisamente aulici, come il riferimento ai confini del mare ci pare evidenzi.
A destare stupore, almeno il nostro, è piuttosto, da parte di un quotidiano che appunto si vuole autorevole, l’ospitalità riservata a tale linguaggio aulico addirittura in prima pagina e nientemeno che in un titolo “dare una cornice al movimento” titolava appunto il quotidiano “è come mettere confini al mare”. Ciò a nostro modesto parere finisce per degradare quel quotidiano a palco da cui Mattia Sartori fa politica con i lettori, mentre invece esso semmai dovrebbe elevarsi a palco da cui viene spiegata, ai lettori, la politica di Mattia Sartori, anzi smascherata, né più né meno come richiede di essere smascherata quella di chiunque.
Fra l’altro metafore, stampa e politica nella loro simultaneità ricordano “Oltre il giardino”, la folgorante ascesa di Peter Sellers fino alla Presidenza USA a colpi esclusivamente di metafore, mutuate in quel caso dalla botanica: ad una domanda sulla crisi economica egli rispondeva “finché le radici non sono recise, tutto va bene, e tutto andrà bene, nel giardino” “prima viene la stagione della semina e poi quella del raccolto” e simili. Ma Sellers, o meglio Chauncey, il personaggio da lui interpretato, era un minorato mentale scambiato, oggi si direbbe per guru, da politici e giornalisti scimuniti in fin dei conti ancor peggio di lui. Contiamo su una pronta serie di conferme del contrario, fuori dal grande schermo.
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