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direttore Paolo Pagliaro

Lavoro: da un male
può nascere un bene

di Paolo Pagliaro

In Lombardia e soprattutto a Milano molte grandi aziende hanno risposto all’emergenza coronavirus agevolando il telelavoro. Leggiamo che multinazionali come Eni, Saipem, Snam, Zambon, Luxottica, Armani, Ibm, aziende come Heineken, Open Fiber, A2a, ma anche grandi banche e compagnie assicuratrici hanno disposto il lavoro a distanza per i dipendenti che risiedono nelle zone classificate a rischio.

Si chiama lavoro agile o smart working. Secondo il decreto approvato ieri può essere utilizzato fino al 15 marzo per ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza di accordi individuali, dai datori di lavoro con sede in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria.
L’emergenza coronavirus è dunque l’occasione per sperimentare una buona abitudine, quella del telelavoro, che potremmo magari conservare anche dopo che l’epidemia sarà passata, come si augura il sociologo Domenico De Masi. Questa pratica è largamente diffusa in Europa, ma ancora molto poco in Italia. Secondo l’osservatorio smart working del Politecnico di Milano i lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro sono in Italia poco più di mezzo milione, in crescita del 20% rispetto al 2018 ma ancora molto pochi rispetto agli altri grandi paesi europei.
Ieri la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha stimato in oltre 8milioni il numero dei lavoratori dipendenti italiani potenzialmente occupabili in modalità telelavoro. Si tratta di manager e quadri, professionisti, tecnici e impiegati ai quali – anche quando sarà cessata l’emergenza sanitaria - potrebbero essere risparmiati il tempo e la spesa del pendolarismo, e accorciata la distanza tra la vita e il lavoro.

(© 9Colonne - citare la fonte)