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direttore Paolo Pagliaro

Perché i big data
possono aiutarci

Perché i big data <br> possono aiutarci

di Paolo Pagliaro

(17 marzo 2020) L’efficienza della macchina tecnologica cinese ha avuto un ruolo non secondario nella lotta al coronavirus. Pensate per una società politicamente sotto sorveglianza, le telecamere di sicurezza in funzione in tutto il paese – oltre 200 milioni – hanno garantito il monitoraggio degli eventuali spostamenti non autorizzati nelle zone rosse. 
Telecamere intelligenti hanno intercettato le persone che non indossavano una mascherina, particolari software hanno consentito la scansione termica in tempo reale così da individuare eventuali casi di febbre. L’utilizzo dei big data ha consentito di prevedere l’evoluzione del contagio e di fare terra bruciata intorno ad esso. 
Da tempo ricercatori di tutto il mondo si battono perché i big data – cioè quell’infinita mole di informazioni oggi spesso utilizzata per vendere pubblicità o truccare le elezioni – vengano messi a disposizione della scienza.
Qualcosa si sta muovendo anche in Italia. Come rivela oggi wired, Facebook ha fornito un pacchetto di dati- ovviamente anonimi - che l’Università di Pavia metterà a disposizione del governo per fronteggiare l’epidemia. Nei giorni scorsi anche le più grandi compagnie telefoniche italiane avevano offerto, tramite la loro associazione di categoria, Asstel, set di informazioni aggregate sugli spostamenti dei propri utenti. Ma anche senza l’aiuto dei cellulari, ci sono molti altri strumenti per fare monitoraggio: dai consumi energetici ai biglietti dei mezzi pubblici, dai pedaggi alla lettura delle targhe.
Un gruppo di lavoro nell’ambio del ministero dell’Innovazione produrrà analisi del contagio basate su queste e altre informazioni messe a disposizione dalle reti e dalle piattaforme tecnologiche. Naturalmente i dati potranno essere usati solo in modo aggregato e garantendo il diritto alla privacy. Questo in Italia.

(© 9Colonne - citare la fonte)