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“Ora”, la partigiana trentina uccisa a 18 anni per l’Italia

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

“Ora”, la partigiana trentina uccisa a 18 anni per l’Italia

Non era un’attivista politica, Ancilla Marighetto, non era, men che meno, una “fanatica delle armi” o “una maschiaccia”. Era una normalissima ragazza trentina che, a diciott’anni appena compiuti, non esitò a fare la scelta più difficile dopo l’8 settembre del ’43: seguire il fratello nelle fila della Resistenza. La breve vita di quella che viene ricordata anche nella toponomastica di Trento come la partigiana “Ora”, prende la piega decisiva nel luglio del ‘44, allorché in base alle direttiva dell’amministrazione di  Franz Hofer, capo supremo della provincia, con potere di vita e di morte sui suoi abitanti, che aveva decretato l’arruolamento coatto dei trentini abili nel Corpo di Sicurezza, viene chiamato alle armi anche Celestino, il fratello di Ancilla. Il ragazzo però non ci pensa due volte e pur di non trovarsi agli ordini dei nazisti decide di arruolarsi, assieme  al compaesano Rodolfo Menguzzato, nel battaglione partigiano “Gherlenda”, di stanza nel bellunese, guidato dal comandante “Fumo”. Prima di darsi alla macchia, il giovane corre a dare un ultimo, drammatico saluto ad Ancilla e agli altri familiari nella loro casa di via Santa Croce, a Castello Tesino. Non passano molti giorni che a quella stessa abitazione si presenta una pattuglia tedesca in cerca del fuggiasco. I nazisti nel corso della “perquisizione” non esitano a distruggere mobili e suppellettili, eppure questa non sarà che una lieve anticipazione di quanto, di ben più tragico, dovrà vivere la famiglia di lì a non molto. La Resistenza intanto, in Trentino come in altre aree della penisola, prende una sua forma più organica, e la Gherlenda decide di distaccare una compagnia di 29 uomini sotto la Cima d’Asta, a pochi chilometri da Castello, sul Lago di Costa Brunella. Siamo a quota duemila. Tra gli effettivi della compagnia anche Celestino e Rodolfo, i cui nomi di battaglia sono “Renata” e “Menefrego”. Per Ancilla quella è la spinta decisiva. Così, assieme all’amica Clorinda Menguzzato, sorella di Menefrego, decide di raggiungere i partigiani. Fumo esprime dapprima un certo sconcerto all’ipotesi di accogliere due donne nel gruppo, ma i dubbi durano poco e alle due vengono assegnati i nomi di battaglia: “Ora” e “Veglia”. In breve le due dimostrano di essere state un ottimo acquisto per la formazione. Apprendono senza difficoltà l’uso delle armi tanto che Fumo non esita a equipaggiare Ancilla sia di pistola che di un preziosissimo fucile mitragliatore. Le ragazze esigono di essere messe anche nei duri turni di guardia notturni e sono in prima linea pure il 13 settembre 1944, quando il gruppo di Fumo attacca la caserma tedesca di Castello Tesino, impossessandosi di diverso materiale bellico, ma soprattutto infliggendo un pesante colpo piscologico alle forze d’occupazione. La reazione dei nazisti non si fa attendere e arriva due giorni dopo. Il teatro dello scontro è un canalone che porta verso la località di Sorgazza. I partigiani, la cui posizione è migliore, potrebbero anche sfangarla contro forze decisamente superiori se il destino non ci mettesse la mano: sulla zona, improvvisamente, si leva infatti una fitta nebbia. Fumo ordina la ritirata, fa ripiegare i propri uomini ad uno ad uno fino a che rimane da solo a combattere. Per lui non ci sarà scampo. Per i nazisti questo non basta, e il 9 ottobre, sotto il comando del famigerato capitano Hegenbart, un battaglione di SS mette travolge il Tesino, non risparmiando Giacomo Marighetto, il papà di Ancilla e di Celestino, fucilato il giorno dopo. Perisce sotto la tortura anche Clorinda Menguzzato, che fino alla fine evita di fare i nomi dei compagni. E’ un colpo troppo duro per andare avanti, e per il distaccamento arriva l’ordine di scioglimento. I due Marighetto e altri due compagni decidono comunque di continuare la lotta, e compiono una serie di “colpi” contro strutture e installazioni logistiche del nemico. Arriva così il fatidico  19 febbraio del 1945, allorché il gruppo è a Malga Vallarita, tutt’intorno un bosco innevato. E’ qui che i tedeschi raggiungono i superstiti del gruppo di partigiani. Cercando di fuggire, Ancilla afferra gli sci che tante altre volte le hanno assicurato la salvezza dopo gli attentati contro gli invasori, ed anche questa volta sembra che debba cavarsela quando un proiettile gliene spezza uno. Inseguita dai tedeschi, la diciottenne non può far altro che arrampicarsi su un abete dal quale comincia a far fuoco con la pistola contro i nazisti. Ma c’è poco da fare. Le SS riescono a catturarla. La sua sorte, da quel momento, è segnata. E lei lo sa. Urla che non tradirà mai i suoi compagni. E una sventagliata di mitra, là sulla neve fresca, sigilla per sempre la sua promessa. Dalla motivazione della medaglia d’oro al valor militare:  “Generosa figlia del Trentino abbandonò la propria casa e la famiglia per rispondere all'appello della Patria a cui già il padre aveva sacrificata la vita. Unitamente al fratello maggiore divise i gravi rischi e i grandi sacrifici della lotta partigiana nella stagione più rigida e in zona impervia e pericolosa. Durante un rastrellamento, con uno sci spezzato da raffiche nemiche, si rifugiò sopra un albero. Individuata, scaricò la pistola sul nemico fino ad esaurimento delle munizioni. Catturata e sottoposta a sevizie e torture non si piegò. Offertale salva la vita purché denunciasse i propri compagni, rifiutava sdegnosamente sputando in faccia ai carnefici e gridando: “Ammazzatemi, ma non tradirò mai i miei fratelli”. Il piombo nemico stroncò la sua eroica esistenza”. Col del Tocco - Passo Broccone - Comune di Castel Tesino (Trento), 19 febbraio 1945. 
(Giovanni De Simone)

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