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Dacia Maraini, tra papà Fosco, Alberto e tutto il mondo

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Dacia Maraini, tra papà Fosco, Alberto e tutto il mondo

Quell’ombretto come stemma, celeste, i capelli raccolti e due uomini importanti a farle da cornice biografica - il padre Fosco e un compagno, Alberto Moravia - fanno di Dacia Maraini una delle donne più emblematiche nella repubblica delle sacre lettere italiane. Papà Fosco è stato uno scrittore, ma anche un antropologo, un orientalista, un fotografo, un cineasta, fece incursioni nella poesia, nella filosofia, e in un monumentale quanto autobiografico libro, dal titolo “Case, amori, universi”, si può ritrovare l’aneddoto di un momento avventuroso vissuto insieme alla figlia. Stessa rievocazione l’autrice la propone in “La nave per Kobe”, in cui parla dell'esperienza infantile della prigionia in Giappone, condivisa appunto, con il papà, quando tutta la famiglia Maraini si trasferì in oriente, per un decennio circa, dal 1938 al 1947. Lui si spostò lì per studiare una popolazione in via di estinzione, incontrò invece l’internamento in un campo di concentramento, per essersi rifiutato di riconoscere ufficialmente il governo militare giapponese. Arrivarono gli americani a salvarli e di ritorno in Italia i Maraini approdarono a Bagheria, in Sicilia, terra della madre di Dacia, una pittrice. A questa città la scrittrice dedicherà un romanzo omonimo, mentre tracce delle sofferenze giapponesi furono al centro anche di una raccolta poetica, nel 1978, dal titolo “Mangiami pure”. Questo per sottolineare come il legame vita-letteratura in lei sia ben saldo, intrecciato, fuso. Passa anni di studio in Sicilia, poi il padre se ne va a Roma, e Dacia lo segue. Poco più che ventenne fonda insieme ad altri giovani, la rivista “Tempo di letteratura”. Insomma, sapeva bene già cosa fare, di che occuparsi. La pittura torna nella sua vita con il primo matrimonio, quando dice un sì che dura quattro anni a Lucio Pozzi, pittore milanese. Un amore più longevo lo concede invece al teatro, ne scrive molto e poi nel 1973 fonda, assieme con Lù Leone, Francesca Pansa, Maricla Boggio e altre, il “Teatro della Maddalena”, gestito e diretto da donne. Il tema femminile la rincorre fino a questi giorni, che la vedono firmataria delle petizioni a difesa della dignità femminile, contro l’attuale governo Berlusconi. Un punto significativo della sua carriera lo segna nel 1990, quando esce “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, libro acclamato dalla critica, molto letto dal pubblico e che trova l’accoglienza nelle mani del regista Roberto Faenza, che ne farà una versione cinematografica con “Marianna Ucrìa”. Per non dire che il romanzo le vale il Supercampiello e l’assegnazione del premio “Libro dell'anno 1990”. Alla fine della biografia ufficiale pubblicata sul suo sito si legge: “Dacia Maraini è oggi una tra le più conosciute scrittrici italiane, e probabilmente la più tradotta nel mondo”. Tre suoi versi cantano: “Vorrei volando volare/ e riempire di allegrie/ le spine del buio”. In qualche modo essere tradotta in praticamente tutto il mondo non è un modo di volare?

 

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