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Camilla Ravera,
la prima senatrice
a vita della Repubblica

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Camilla Ravera, <br>la prima senatrice <br>a vita della Repubblica

Sono solamente due le donne finora nominate senatrici a vita nella storia della Repubblica Italiana, una di queste è Camilla Ravera. Nata ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria, il 18 giugno 1889, fu profondamente influenzata dal padre, uomo colto e filosocialista, e dalla madre che le infuse aspirazioni all’indipendenza e all’emancipazione femminile. Nel 1908 si stabilì a Torino insieme alla famiglia e dal 1909 al 1913 insegnò italiano, storia e geografia nella vicina Virle. A simpatizzare sempre di più per il socialismo giunse anche grazie all’impulso del fratello più giovane, Cesare, già attivo nella sezione socialista torinese. Nel 1918, la Ravera si iscrisse al partito, occupandosi di lavoro femminile. Nel Dopoguerra fece parte del gruppo dell’Ordine nuovo raccolto intorno ad Antonio Gramsci e, con la scissione di Livorno del 1921, aderì al Partito comunista. Messasi in aspettativa dall’insegnamento, nel novembre del 1922 fu delegata del PCI al quarto congresso dell’Internazionale comunista e tornata a Torino si dedicò subito alla riorganizzazione del partito, travolto dall’ondata di arresti seguiti alla marcia su Roma. Perso nel frattempo il posto di insegnante e allontanata da tutte le scuole del Regno per le sue posizioni politiche, affrontò da quel momento la vita di militante clandestina.

Subito dopo l’attentato a Mussolini nell’ottobre 1926, essendo rimasta l’unica dell’ufficio politico ancora libera e presente in Italia, fu incaricata di organizzare la nuova segreteria. Stabilitasi a Sturla, alla periferia di Genova, riorganizzò il centro interno, assumendosi la responsabilità della sopravvivenza del PCI. Nel 1928 venne deciso di trasferire l’ufficio centrale all’estero, nei pressi di Lugano e la Ravera fu designata alla segreteria ma, ammalatasi gravemente ai polmoni, non poté mantenere l’incarico. Rimessasi in salute, partecipò come delegata al sesto congresso dell’Internazionale comunista del 1928 e tornata in Italia dopo un breve periodo trascorso in Francia, assunse il compito di ricostituire il centro operativo del partito in Italia.

Nel maggio del 1930 si stabilì nei pressi di Intra, dove venne arrestata in seguito a una delazione il 10 luglio dello stesso anno. Il tribunale speciale la condannò a 15 anni e sei mesi di detenzione per i reati di ricostituzione del Partito comunista e di propaganda sovversiva. Dapprima fu reclusa nella casa di pena femminile di Trani e nel 1933 fu trasferita a Perugia, in regime di segregazione. Grazie all’amnistia per il decennale del regime e a un successivo indulto, la sua pena fu ridotta a cinque anni. All'inizio del luglio del 1937 fu trasferita a Ponza, dove ritrovò numerosi compagni di partito e partecipò alle discussioni politiche e culturali che coinvolsero i confinati politici dell'isola. Liberata dopo la caduta del fascismo, nel maggio del 1945, rientrò a Torino, dove Togliatti si adoperò subito per farla tornare a lavorare all’interno del PCI. Riprese l’attività politica come membro del comitato centrale della segreteria federale di Torino, del comitato direttivo nazionale dell’Unione donne italiane e del comitato esecutivo della Federazione internazionale democratica delle donne. Consigliere comunale a Torino, venne eletta deputato nella I e nella II legislatura. Come deputata fu cofirmataria di progetti di legge su materie come la tutela della maternità e la parità dei diritti e delle retribuzioni tra uomo e donna. L’8 gennaio 1982 il presidente Sandro Pertini, suo compagno di confino, la nominò, prima donna nella storia della Repubblica, senatore a vita ma ormai molto anziana partecipò appena all'attività del Senato. Morì a Roma il 14 aprile 1988. (Lgg)

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