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Il Cgie ricorda Marcinelle: Ora riflettere sulla nuova mobilità

Alla vigilia del 64esimo anniversario della tragedia di Marcinelle, il Consiglio Generale degli Italiani all’estero ricorda il dramma che causò la morte di 262 minatori, la maggior parte italiani. Una tragedia che viene ricordata nel nostro Paese e in Europa come la giornata simbolo del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. In occasione della ricorrenza il Cgie “richiama le istituzioni italiane ad una riflessione e a dare risposte di contrasto al fenomeno collegato alla nuova mobilità, che spinge milioni di persone a lavorare e a vivere in ambienti diversi da quelli nel quale sono cresciuti”, afferma il segretario generale del Cgie Michele Schiavone. “Ieri come oggi dal nostro Paese si continua ad emigrare. Mentre in quel periodo storico a partire erano i capifamiglia e a casa rimanevano le mogli, i figli e i nonni, oggi invece sul cammino della speranza e della libertà si avviano le mamme, i padri e i figli e a casa rimangono solo i nonni attaccati ai ricordi, ai costumi e alle tradizioni ancestrali – riflette Schiavone -. Oggi oltre sei milioni di italiani vivono all’estero, dove hanno trasferito i propri interessi e aspirano a migliorare le proprie condizioni di vita. Il nostro Paese da più anni manifesta difficoltà demografiche e vede accentuarsi gli squilibri sociali, resi più drammatici dagli effetti causati dall’epidemia del coronavirus”.

“Il Cgie, costituito alcuni decenni più tardi anche sulla scia di quel tragico evento e nel quale sono presenti anche orfani di quelle vittime, esprime vicinanza sia ai familiari degli operai morti l’8 agosto del 1956 nella miniera di carbone del Bois du Cazier in Belgio, sia ai superstiti e ai congiunti delle vittime dei numerosi drammi accaduti sul lavoro nei paesi di emigrazione italiana, che hanno preceduto e si sono succeduti a quella triste e tenebrosa giornata del dolore: da Monongah a Dawson e Mattmark, per finire agli infortuni mortali e insanabili dei nostri giorni - afferma Schiavone ,-. Ieri come oggi la frontiera della civiltà passa attraverso la sicurezza sul lavoro. Lo sviluppo e il progresso civile passa dalle mani e dalle menti laboriose delle donne e degli uomini portatori di diritti, che non devono essere alienati perché portatori di principi di civiltà e di emancipazione culturale e sociale”. (red – 7 ago)

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