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Le femministe / 1 – Laura Solera e le grandi riformiste di Milano

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Le femministe / 1 – Laura Solera e le grandi riformiste di Milano

Fu la prima donna ad arrivare alla fortezza di Varignano, il 4 settembre 1862, per prodigare le sue cure al generale ferito sull’Aspromonte una settimana prima. La 49enne Laura Solera Mantegazza, che tanti feriti delle guerre d’indipendenza ha curato e che con la forza della caparbietà ha creato a Milano le più avanzante iniziative di assistenza sociale femminile del suo tempo (semi da cui germoglierò la storia degli oltre 150 anni del femminismo militante italiano), non può che accorrere al capezzale di Garibaldi, prigioniero dello stesso Piemonte per cui aveva strenuamente combattuto. Con lei un’altra amica di Garibaldi, la 56enne Adelaide Bono Cairoli, un’altra milanese fedele (e finanziatrice) alla causa patriottica, amica di Mazzini, che il generale venera, madre tra tutte la madri italiane, dopo che ha perso due figli garibaldini nella battaglia di Varese e nell’impresa dei Mille (e che altri due ne perderà). Solo un paio di mesi prima Garibaldi è stato ospite nella villa di Adelaide, a Belgirate, sul lago Maggiore e qui ha potuto nuovamente incontrare Laura e ringraziarla dei soldi raccolti per finanziare la spedizione dei Mille, frutto della vendita di 24mila "coccarde” tricolori. Un’idea di Laura, che le ha fatte confezionare mobilitando le “sue” donne; le operaie dei suoi corsi di cucito ma anche le madri degli oltre 200 bambini, dai 15 giorni ai 6 anni, accuditi nei suoi due “pii ricoveri per bambini lattanti e slattati”. Conosciuto il pedagogista Giuseppe Sacchi, collaboratore dell’abate Ferrante Aporti (che a Cremona, nel 1828, aveva aperto il primo "asilo d'infanzia" in Italia) e fortemente colpita dal dramma dei bambini vittime dei turni massacranti a cui la nascente industria costringeva le madri (dall’abbandono effettivo al degrado igienico degli appartamenti trasformati in sartorie  a cottimo), Laura ha aperto a Milano due asili, nel 1850 e nel 1851. Il primo lo organizza al pianterreno della sua casa, oggi nella ribattezzata via Mantegazza, l’altro a Porta Ticinese. Già nel 1842 in Italia erano nati i primi asili “aziendali”: alle cartiere Cini a S. Marcello in Toscana, in una azienda agraria nella Lomellina e, nel 1846, si ricorda quello organizzato per i figli delle 300 operaie di un filatoio di Pinerolo. E la principessa rivoluzionaria Cristina di Belgioioso, rientrata nel 1840 dall’esilio parigino, aveva trasformato il feudo di famiglia di Locate in una “comune” con asilo, scuole, corsi ed assistenza sanitaria gratuita, scandalizzando Manzoni (“ma se ora i figli dei contadini vanno a scuola chi coltiverà i nostri campi?” scrive lo scrittore).  Ma Laura vuole che queste esperienze diventino pubbliche, come le “crèche” (mangiatoie) aperte in Francia dal 1844. Il suo primo “presepio”, in cui le madri allattano e poi lasciano i neonati per andare a lavorare, incontra l’ostilità della Chiesa ma non quella delle autorità austriache, E poi entra in campo l’impegno di Laura che crea una rete di benefattori  intorno alla sua impresa, che ufficialmente porterà però il “marchio” di Sacchi. Che peraltro non le sarà molto riconoscente: elencando i grandi personaggi di Milano, morta Laura ormai da otto anni, ricorda non lei ma il figlio Paolo Mantegazza (pioniere della psicofarmacologia, fondatore del primo laboratorio di patologia generale in Europa e della prima cattedra di antropologia in Italia, autore nel 1873 del primo trattato sulla “fisiologia dell'amore”). A sostenere la missione sociale e patriottica di Laura, è soprattutto il sodalizio di idee ed intenti che stringe con la scrittrice milanese Ismenia Sormani Castelli, sua coetanea, anche lei mazziniana, anche lei animatrice instancabile di iniziative a favore di garibaldini e feriti. Quando Laura corre a curare il ferito Garibaldi, fermato dal governo sabaudo a colpi di schioppo mentre puntava alla conquista di Roma, insieme ad Ismenia ha appena fondato l'Associazione Generale di Mutuo Soccorso per le operaie milanesi, con sede nei due asili gestiti da Laura, sostenuta dalle quote associative, dalle donazioni delle socie onorarie e dalla stessa vendita dei prodotti che vengono realizzati dalle operaie nei corsi di taglio e cucito (con la prima scuola in assoluto sulla nuova macchina da cucire), che affiancano quelli di alfabetizzazione femminili, promossi fin dalla nascita degli asili. E’ da questo lavoro che giungono quindi le 24mila lire, frutto della vendita delle coccarde tricolori, che Laura ed Ismenia devolvono all’impresa dei Mille. Voci malevole diranno che i proventi erano stati maggiori e che Laura avrebbe sottratto una somma da dare all’amico Mazzini. Ma lei non bada ai pettegolezzi. Come non ci bada Garibaldi, che lascia che l’amica diventi la sua “infermiera” personale, lasciando che lo segua, da novembre, anche a Pisa (solo quando arriva l’esuberante Jessie White, che vuole il campo intorno al generale tutto per sé, Laura deciderà di tornarsene a Milano). L’ amicizia di Garibaldi con Laura era d’altronde iniziata, 14 anni prima, nel modo che più gli piaceva. Sul campo di battaglia. Il 14 agosto 1848, Milano ritornata nelle mani degli austriaci e con l'armistizio Salasco firmato, il generale aveva tentato il colpo di mano. E con un migliaio di volontari e dei piccoli cannoni era sbarcato a Luino, sul lago Maggiore, per sfidare i 10mila soldati del generale d’Aspre ed i suoi 36 cannoni. Sperava che il suo ardimento potesse sollevare l’insurrezione popolare del Varesotto. Ma ne era nata una serie di scontri cruenti nei quali erano rimasti a resistere solo una trentina di fedelissimi, il popolo inerte. In quei giorni ha il coraggio di farsi avanti una milanese dai modi tanto semplici quanto energici. Laura Solera, sposata a Giovan Battista Mantegazza, figlio del podestà di Monza, tre figli, offre al generale di trasportare i feriti nella sua villa di Cannero, sul lato piemontese del lago. Stupisce il generale - che si prepara alla fuga disperata verso la Svizzera, trasvestito da contadino e con la bandiera forata da una palla di cannone -  perché si offre di curare le ferite anche dei disertori austriaci. E i punti di simpatia con Laura, che di lì a poco diventerà corrispondente di Mazzini, sono molti: lo zio Antonio è stato compagno di carcere di Pellico allo Spielberg, suo cugino Temistocle (che finirà a fare l’agente segreto in Francia) è l’autore del Nabucco di  Verdi, l’altro zio Francesco, ex ufficiale napoleonico reduce da Austerlitz e dalla campagna di Russia, è ministro della guerra nella resistenza di Venezia nel 1848. E il trentenne figlio Emilio, ingegnere, combatte già da tempo nelle fila dei garibaldini (e nel 1866 sarà al fianco di Garibaldi a Bezzecca) mentre il figlio scienziato Paolo si prepara a diventare deputato (sarà anche senatore), per  dare infine della sua esperienza parlamentare un giudizio che certo non avrebbe dispiaciuto Garibaldi: "Il più alto laboratorio di forze disperse. Qui abbiamo la più alta perfezione di un meccanismo al rovescio, dove cioè quasi tutte le forze si trasformano in attriti". Ma, paradossalmente, malgrado l’impegno “radicale” di Laura - tra le prime ad affrontare il problema dell'emancipazione femminile attraverso l’istruzione ed i corsi di formazione - saranno proprio le pioniere del femminismo a Milano, quelle che erano poco più che bambine quando lei apriva i suoi asili - tipo la socialista Anna Maria Mozzoni -, che la tacceranno di borghese maternalismo, in special modo per l’istituto delle ricche socie onorarie con le quali Laura si assicura la garanzia di sopravvivenza per le sue iniziative. Saranno infatti le donazioni delle “patronesse” (insieme a quelle della massoneria) a far sopravvivere i suoi asili (ne apre un terzo, nel 1868, per i figli delle sigaraie, dopo la sua morte ne apriranno altre due) e la prima scuola professionale femminile d'Italia, inaugurata nel 1870 a Porta Magenta, mentre altre scuole professionali femminili dovranno chiudere. D’altronde la sua esperienza dei “presepi” a fine Ottocento era già ampiamente applicata nell’Italia del nord e centrale (arrivando a contare 25 asili). Da essa trae ispirazione sia Teresa Berra Kramer (animatrice del salotto mazziniano di Milano più famoso del pre-’48), che nel 1869 fonda degli asili in Brianza, sia il pediatra Ernesto Soncini che apre a Mantova, nel 1905, il primo asilo nido moderno con l’allattamento artificiale, libretti e presidio sanitari. Ed erede spirituale di Laura - che muore nel 1872, lasciando la 65enne Ismenia (che scomparirà 92enne, nel 1903) - sarà proprio una delle prime suffragette italiane, Alessandrina Massini Ravizza, colta figlia di un italiano rifugiato in Russia durante le campagne napoleoniche, moglie di un ingegnere, destinata a rimanere senza figli, animatrice di un salotto democratico. E’ 26enne quando Laura muore, già da alcuni anni collabora alla sua scuola professionale femminile ed ora ne prende la direzione. Se Laura sulla lapide della sua casa viene definita “vera madre del povero" lei si conquista la fama di "Madonna dei poveri" o "Santa laica", pur la sua fede socialista. Tante le battaglie che la vedono protagonista: dal magazzino cooperativo e dalle cucine per indigenti all’ambulatorio medico gratuito (con le prime donne laureate medico, come le socialiste Anna Kuliscioff ed Emma Modena), dalla direzione della Casa del Lavoro per disoccupati alla fondazione dell’Università Popolare e, nel 1899, dell'Unione femminile nazionale, tuttora operante a Milano, una delle più importanti associazioni emancipazioniste femministe. Con lei, tra i fondatori, Adele Riva, Antonietta Pisa Rizzi, Nina Rignano Sullam, la poetessa Ada Negri, la svizzera Edvige Vonwiller Gessner (partecipe all’Associazione di muto soccorso della Solera, che muore un anno prima dell’inaugurazione e il cui marito, ricco banchiere, versa la somma che permette di acquistare lo stabile di corso di Porta Nuova, nel quale l’Unione ancora ha sede), Rebecca Berettini Calderini (altra collaboratrice delle scuole operaie della Solera, fondatrice nel 1895 della Società scuole preparatorie femminili per ragazze dai 9 ai 14 anni che volessero diventare sarte saltando il periodo di apprendistato non retribuito, promotrice di scuole per contadini e dei consultori per lattanti che passarono poi sotto le dipendenze del Comune ), Jole Bersellini Bellini (che dal 1902 fu proprietaria del quotidiano “Il Sole” - l’attuale “Sole 24 Ore” - fondato nel 1865 dal padre, il mazziniano Pietro Bragiola Bellini, madre di Mario Bersellini - che consolida l’orientamento liberale del giornale - e nonna di Guido Bersellini, processato per antifascismo insieme a Ferruccio Parri). E ancora la quarantenne Ersilia Bronzini ed il marito Luigi Majno, avvocato socialista. Lei ha conosciuto Alessandrina lavorando come guardia medica nel suo ambulatorio, dove è diventata anche amica di Anna Kuliscioff. Aveva solo 13 anni quando Laura Solera morì ma sarà lei, nel 1906 - ormai direttrice dell’Unione e animatrice di iniziative di formazione per le donne - ad ottenere che le sue spoglie siano trasportate nel Famedio della città, prima donna ad esservi tumulata. La morte di due figlie - Mariuccia nel 1901, Carlotta nel 1905 - non spengono ma acuiscono il suo impegno dalla parte delle donne più sventurate: fonderà l'Asilo Mariuccia per il recupero delle donne violentate e avviate alla prostituzione - una delle prime iniziative laiche del genere - che, riconosciuto ente morale, dirigerà sino alla morte, nel 1933. Nel 1906, insieme a Nina Rignano Sullam, sarà l’unica donna a partecipare a Milano - città nella quale Luigi Devoto si prepara ad inaugurare la prima "clinica del lavoro" de mondo - al primo congresso internazionale sulle malattie professionali. ( Marina Greco )

 

 

 

 

 

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