Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Annarella, passione e semplicità di un’attrice d’altri tempi

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Annarella, passione e semplicità di un’attrice d’altri tempi

Archetipo della popolana sfrontata, ma anche donna piena di umanità: no bellissima ma con uno sguardo penetrante, capelli nerissimi e ribelli alle cure del pettine, occhiaie perennemente peste e dolenti. Questo il ritratto di un’icona del cinema mondiale che, con il suo temperamento vulcanico e possessivo, seppe regalare una galleria di personaggi forti e struggenti, che vivevano la loro vita come lei visse la sua, senza mezze misure o condizionamenti, pagandone spesso le conseguenze per non rinunciare mai alla propria dignità ed orgoglio. Antidiva per eccellenza, Anna Magnani è stata una figura chiave del neorealismo italiano, interpretando con stile inimitabile il personaggio della donna del popolo focosa e sboccata, ma allo stesso tempo sensibile incarnazione dei valori genuini di un'Italia minore.

Molto amata dai suoi concittadini ed orgogliosa di essere nata nel cuore di Roma (nei pressi di Porta Pia), Anna si forma artisticamente presso l’Accademia di Santa Cecilia, dove frequenta la scuola Eleonora Duse diretta da Silvio D’Amico. Dopo il debutto al cinema nel ‘34 con una piccola parte ne “La cieca di Sorrento” di Nunzio Malasomma, nel ’41 interpreta il ruolo di una cabarettista in “Teresa Venerdì” di Vittorio De Sica. Mentre in Italia comincia ad affermarsi il teatro di rivista (indimenticabili in quel periodo i duetti con Totò, suo compagno d’avanspettacolo), inizia per la Magnani una strepitosa carriera, che la porterà ad essere icona della nostra cinematografia del dopoguerra. Costretta a rinunciare alla parte di attrice protagonista nel viscontiano “Ossessione” a causa di una gravidanza (frutto di un amore extraconiugale), Anna non mancherà il successivo appuntamento, disegnando in “Roma città aperta” diRoberto Rossellini il personaggio di sora Pina, popolana orgogliosa e sanguigna. “T'ho sentita gridare 'Francesco' dietro al camion dei tedeschi e non ti ho più dimenticata” scrisse di lei Giuseppe Ungaretti. La pellicola, girata tra difficoltà di ogni tipo, decreta la nascita del Neorealismo: grazie a questo film nel ’46 la Magnani vince il primo dei suoi 5 Nastri d’Argento. Anna, con il suo volto vero e addolorato, ne diventa il simbolo e lo considera il suo lavoro più sofferto, tanto che in seguito si rifiuterà di vederlo. In quell’occasione nascerà l’amore per Rossellini, che sembra possedere tutte le qualità di cui l’attrice, già sposata ma separata e poi invaghita di un giovane attore (da cui avrà il figlio Luca), ha bisogno. Ma anche quest’unione, a riprova della sua natura passionale, si rivelerà burrascosa a causa del temperamento collerico ed impulsivo di entrambi. Diventata l'emblema del neorealismo, per la Magnani si spalancano le porte del cinema, mentre i registi iniziano a contendersela. Nel ‘48 gira per l’ultima volta con Rossellini in “L’Amore”, due episodi che raccontano due diversi tipi d'amore. Finite le riprese del film termina burrascosamente anche ogni rapporto con il maestro che inizia la sua relazione con Ingrid Bergman. Delusa e amareggiata, in polemica risposta al film “Stromboli” che i due stanno girando insieme nell'isola delle Eolie, Anna, nella vicina isola gira “Vulcano”, di William Dieterle. Celebre è la sua frase: “Gli animali sono buoni, forse anche meglio degli uomini in realtà, non fosse altro perché non ti tradiscono”. Dopo quest’ esperienza di successo “Nannarella” dovrà attendere alcuni anni per dare nuovamente prova del suo alto valore artistico. L’occasione le verrà offerta dall’amico Luchino Visconti con “Bellissima” (1951), dove interpreta il ruolo di una madre abbagliata da miti facili, che sogna per la sua bambina fama e celebrità.

La Magnani è ormai diventata un’attrice completa e dal talento ineguagliabile, che cede alla tentazione di andare ad Hollywood per farsi conoscere anche oltreoceano. Ma Nannarella non conosce nemmeno una parola d’ inglese e per recitare nel film che Tennessee Williams aveva scritto proprio per lei viene iniziata alla lingua proprio dal regista durante la traversata atlantica in piroscafo. Con “La rosa tatuata” (‘The Rose Tattoo’), interpretato assieme a Burt Lancaster, è la prima attrice italiana a vincere il premio Oscar come migliore attrice protagonista nel ’56. Convinta di non aver nessuna possibilità di vittoria, la Magnani non si presentò alla cerimonia di consegna degli Oscar. Si racconta che quando la chiamarono a Roma per darle la notizia, lei credette che si stesse trattando di uno scherzo. Continuano intanto le partecipazioni alle produzioni americane: “Selvaggio è il vento” (“Wild is the wind”), al fianco di Anthony Queen, e “Pelle di serpente” (“The fugitive Kind”) con Marlon Brando. Tuttavia, la Magnani sentiva di non riuscire a dare il meglio di sé, in quanto la sua capacità espressiva altamente drammatica non si adattava ai copioni che le proponevano: da qui l'idea di tornare al cinema italiano, che però sembrava averla dimenticata. “Io sono un cavallo a cui non bisogna mettere briglie”, diceva l’attrice, troppo scomoda ed esigente per il cinema provinciale di quegli anni e che riusciva a mettere quasi in soggezione registi e produttori. Anna Magnani si ritirava intanto sempre di più dal suo ambiente e dalla vita sociale. Diceva: “Io e la gente ci capiamo pochino, alle feste preferisco la solitudine: per riempirmi la serata bastano due gatti che giocano sul tappeto”. Prima di entrare in scena diceva al truccatore: “Non togliermi neppure una ruga. Le ho pagate tutte care”.

Gli anni seguenti la vedono professionista impeccabile, sia in pellicole drammatiche  come “Nella città l’inferno” di Castellani, sia brillanti come in “Risate di gioia”, dove Monicelli ricrea l’antico duetto con Totò. La sua forte personalità ha modo di risaltare ancora in “Mamma Roma” (1962) di Pasolini, commosso omaggio ai valori del sottoproletariato, dove la Magnani veste i panni di una prostituta d’età che, per amore del figlio, vuole redimersi: finirà per piangere disperatamente sul suo cadavere, maledicendo un mondo che più non capisce. Il suo commiato, straziante e bellissimo, è affidato ai pochi secondi nei quali compare in “Roma” (1972) di Federico Fellini: la macchina da presa la segue sino al portone di casa, dove il regista vorrebbe interrogarla, ma lei non si fida. In un film che è anche un omaggio alla Città eterna vista con gli occhi di un provinciale, la Magnani interpreta se stessa in un ruolo cameo. Alla domanda del regista che la definisce il simbolo della città e le chiede qualcosa sull'Urbe, Anna risponde in romanesco: 'A Federì...va a dormì....va! Nun me fido! ciao....buonanotte!' e scompare entrando nel portone di casa sua in Piazza Santa Maria in Trastevere. Il portone si richiude, su un’epoca e su chi l’ha rappresentata.

Donna simbolo del cinema italiano del dopoguerra, cinema della ricostruzione e del riscatto, donna dotata da una straordinaria carica umana, che talvolta si tramutava in manifestazioni di rabbia o di tenerezza caratterizzandola come donna forte e sensibile, anche se intensamente tormentata, Anna si spegnerà nel settembre del ’73 stroncata da un tumore al pancreas. Ma come dimenticare quel volto intenso e meraviglioso, i suoi occhi profondi e quella risata tra il gioioso e il canzonatorio? Così come nessuno potrà mai dimenticare la donna che, cadendo sotto i fucili dei nazisti in Roma città aperta, in quel tragico momento regala al pubblico la sua vita, caratterizzata da amori travolgenti e drammatici, da angosce laceranti, da lacrime di gioia e di dolore, da tutti quei contrasti che fanno di lei un personaggio unico, fuori dalla norma, in altre parole un Mito.

(Bom)

 

 

(© 9Colonne - citare la fonte)