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Maria Luisa Spaziani, la custode degli ossi di seppia

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Maria Luisa Spaziani, la custode degli ossi di seppia

C’è una donna - una poetessa - che conosceva a memoria “Ossi di seppia”, la raccolta che attestò Eugenio Montale come versificatore eccezionale, rivoluzionario, sui cui muri che avevano in cima cocci aguzzi di bottiglia siamo passati tutti, e tutti regolarmente tagliandoci, e questa donna che teneva a mente le sue parole, ma non voleva conoscerlo, si chiama Maria Luisa Spaziani. Torinese, classe 1924. Non voleva conoscerlo, ma poi l’ha conosciuto parecchio bene, intimamente, il nostro premio Nobel ligure. La Spaziani se lo ricorda così, il loro primo incontro: «Ne avevo sentito parlare male: dicevano che fosse misantropo, misogino, scostante, che non sorridesse mai. Ma poi l’angelo tessitore me l’ha spedito a Torino, e per curiosità sono andata a una sua conferenza... Mentre stavo per uscire, la direttrice mi dice: Si fermi, ché vogliamo presentare i giovani poeti torinesi a Montale. Io non mi sentivo poeta, perché non avevo pubblicato niente, e poi ero molto intimidita. Allora si è verificata una cosa molto strana, che né io né Montale stesso siamo riusciti a capire negli anni seguenti. Eravamo sei persone in fila; lui passava, dava la mano con gli occhi bassi senza guardare in faccia nessuno e diceva: Piacere, piacere. Stavo per scappare quando lui arriva davanti a me e appena sente il mio nome alza gli occhi e mi dice: Ah, è lei. Rimango senza fiato, e dico la prima banalità che mi viene in mente per vincere l’imbarazzo: Viene a pranzo da me, domani? E lui: Sì». Da allora si vedono praticamente tutti i giorni. “È nata così un’amicizia quasi amorosa, che non è paragonabile però ad una storia d’amore. Ci vorrebbe una lunga analisi per dire che cosa è stato questo legame, testimoniato da 360 lettere di lui (Montale, ndr)”. E lui mi aspetterà nell’ipertempo/sorridente e puntuale, con saluti/e storie che alle poverette orecchie/dell’arrivata parranno incredibili. E’ interessante notare il fatto che l’incontro con Montale è pre-poetico per lei, nel senso che il suo esordio arriva cinque anni più tardi, e chissà quanto suggerito inconsciamente da Eusebio (così chiamava Montale il grande filologo Gianfranco Contini). “Le acque del Sabato”, la prima raccolta della Spaziani data infatti 1954, accolta nella prestigiosa collana mondadoriana de Lo Specchio. Ma è lunga la sua carriera, ricchissima e ha vari gradi di intellettualità: insegna a livello universitario lingua e letteratura francese, a Messina, città di mare che le ispirò una raccolta poetica, “L'occhio del ciclone” (1970). Dal francese traduce fittamente: Pierre de Ronsard, Jean Racine, Gustave Flaubert, P.J. Toulet, André Gide, Marguerite Yourcenar. Viaggia in Francia e in America dove conosce Ezra Pound, Thomas Eliot, Jean-Paul Sartre. Un’altra cosa che poteva accomunarla a Montale, il premio Nobel per la letteratura, le sfugge di mano nelle diverse occasioni in cui è stata candidata. Tuttavia vive, in Italia, una poetessa. E questa è già una notizia.

(© 9Colonne - citare la fonte)