di Paolo Pagliaro
(7 dicembre 2020) Il covid si è portato via anche Lidia Menapace, staffetta partigiana, femminista, cattolica del dissenso, fondatrice del Manifesto. Un’icona della sinistra eretica, e del pacifismo a oltranza. Parlava di lotta mai di guerra.
A Bolzano, dove la scorsa notte è morta, fu protagonista con Alexander Langer della grande stagione del dialogo interetnico contro gli opposti nazionalismi. Un’anticipatrice, la definisce l’enciclopedia delle donne, secondo cui Lidia Menapace è probabilmente la miglior testimonianza di come nel nostro paese la sinistra non sappia valorizzare i suoi talenti. Per oltre 20 anni, con raccolte di firme e petizioni, si è cercato senza successo di farla eleggere in Parlamento, o di farla nominare senatrice a vita- Quando, già ottantenne, fu eletta a Palazzo Madama nelle liste di Rifondazione Comunista e venne proposta alla presidenza della commissione difesa, lei trovò il modo di farsi cacciare sostenendo che le parate degli aerei militari erano uno spreco. Le fu preferito Sergio De Gregorio, un patriota, recentemente arrestato per estorsione e riciclaggio.
Questa mattina abbiamo letto che a Napoli un farmaco miracoloso ha salvato la vita di un bambino ma non ne potrà salvare un’altra, perché il trattamento costa due milioni di euro. Forse nel nostro sistema c’è un’ emergenza etica che Lidia Menapace aveva colto e denunciato.