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direttore Paolo Pagliaro

La privacy
della ‘ndrangheta

di Paolo Pagliaro

La lotta alle mafie non è nell’agenda della politica, dice il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. C’è da dire che anche i media sembrano distratti, a giudicare dal disinteresse che circonda il processo contro la 'ndrangheta in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme. Si tratta del più importante processo a un’organizzazione criminale mai celebrato in Italia dopo il maxi processo a Cosa Nostra dell’86. I 345 imputati, accusati di essere affiliati alle cosche calabresi, sono tra i protagonisti di dieci anni di storia criminale nella provincia di Vibo Valentia. Non sono storie marginali o episodi di criminalità locale, perché i clan di Vibo hanno un ruolo decisivo quando si tratta di stabilire strategie e obiettivi generali della ‘ndrangheta, diventata ormai un sistema di potere con fatturati miliardari in Italia e nel mondo. Tra i reati contestati ci sono associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, riciclaggio.
A Lamezia Terme le udienze si susseguono, e i riflettori ora sono accesi sull’intreccio tra cosche, politica e affari.
Se ne parla poco anche perché il 12 gennaio, il giorno prima che il processo avesse inizio, il presidente del collegio giudicante ha vietato le riprese durante la celebrazione delle udienze. Accade in altri ordinamenti giuridici, ma è raro in Italia.
Dunque niente telegiornali e niente trasmissioni di approfondimento. Spento anche il microfono di Radio Radicale, che da anni registra integralmente tutti i grandi processi italiani. Di ciò che sta accadendo nell’aula di Lamezia non resterà dunque traccia audio-video.
Il divieto può tuttavia essere revocato, come chiede il sindacato dei giornalisti. Intervistato dal quotidiano Domani, si associa alla richiesta anche il difensore di uno dei principali imputati.

(© 9Colonne - citare la fonte)