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Le prime ombre
nel cielo di Stellantis 

Le prime ombre <br> nel cielo di Stellantis 

di Salvatore Tropea

C’era una volta il Nord Ovest che aveva a Torino e dintorni un punto di riferimento chiamato Fiat. Quel Nord Ovest e quella Torino non ci sono più ma il destino di questa che è stata una delle aree forti del triangolo industriale è ancora legato a un’azienda automobilistica che, senza essere la stessa degli anni ruggenti della seconda metà del Novecento, conserva una centralità che l’intesa con PSA dovrebbe aver rafforzato. Il condizionale è imposto non dalle dimensioni ma dal ruolo che riuscirà a conservare questa azienda nel territorio dove è nata e dalla capacità di conservare una presenza che non sia quella di una trascurabile provincia dell’impero FCA-PSA. Le premesse, quelle che si scrivono negli accordi, erano quelle di uno sviluppo mirato e concertato senza che nessuno dei due contraenti dovesse subire ridimensionamenti in termini di punti produttivi e personale. Questo era stato detto dall’ad Carlos Tavares e confermato dal presidente John Elkann. Ma a meno di quattro mesi dalla nascita di Stellantis cominciano ad affiorare i dubbi che per la verità erano avvistabili anche prima della fusione. 
Il cd di Stellantis continua a ribadire le assicurazioni fornite al momento della fusione ma le indicazioni che trapelano dalle dichiarazioni e dalla stampa soprattutto francese mettono in allarme anche quelli che a Torino sembravano non avere dubbi sul futuro del versante italiano della nuova azienda. La partita si giocherà su Mirafiori dove ancora, oltre ad alcune lavorazioni delle carrozzerie che marciano a singhiozzo, tra un periodo e l’altro di cassa integrazione, ci sono i settemila impiegati degli enti centrali il cui futuro è strettamente legato alla funzione che Mirafiori riuscirà a mantenere e che non è esattamente in sintonia con le voci che vogliono uno spostamento dell’asse da Torino alla Francia, in particolare per ciò che riguarda il capitolo le auto elettriche.
 Analizzando questo scenario viene subito da pensare che l’idea che alla conquista della Chrysler si potesse aggiungere la fusione con PSA andava analizzata con la consapevolezza che andavano invece viste come due operazioni diverse benché mirate alla conquista di un posto nella top ten mondiale dell’auto. Nel primo caso si trattava di due società tra le quali c’era in mezzo l’Atlantico a tenere separati due famiglie di prodotti e due mercati di riferimento, con l’aggiunta non irrilevante che la Chrysler era in una crisi che solo l’intervento di Sergio Marchionne e i soldi messi a disposizione da Obama potevano risolvere. 
Con i francesi la musica è ben diversa e non è un caso che tra loro e la Fiat i tentativi di apparentamento che pure c’erano stati in passato non fossero mai arrivati a una conclusione positiva. In questo caso, cì sono da mettere in conto oltre alla vicinanza geografica che accorcia le distanze tra un sito produttivo e l’altro, una linea di prodotti non dissimili per storia e tecnologia, mercati sovente sovrapposti. Per tacere di quella non tanto sotterranea forma di nazionalismo industriale che ha sempre tenuto a rispettosa distanza i torinesi e i cugini transalpini. 
Era ragionevole pensare che in presenza di una fusione importante come quella tra FCA e PSA questi fattori sarebbero emersi. Forse sta avvenendo. Del resto era prevedibile che un’operazione del genere avrebbe comportato qualche prezzo che prima o poi verrà presentato e che qualcuno dovrà pagare. A giudicare da quanto si legge il timore che comincia a serpeggiare è che questo prezzo finisca sul conto dei torinesi e che la partita si giochi sulla storica roccaforte di Mirafiori che già da un pezzo ha perduto la sua potenza di fuoco diventando un problema per la città di Torino che non si è mai posta il problema di come risolverlo ,cosa che avrebbe dovuto fare ancor prima della fusione con PSA. Ora si spera che il recovery fund possa costituire una possibile uscita di sicurezza ma ciò presuppone che tra FCA e PSA non ci siano, per dirla in francese, degli arrière pensées. E questo al momento nessuno lo sa.

(© 9Colonne - citare la fonte)