(29 settembre 2021) La sua pittura, ha scritto Francesco Poli, “è il risultato di una notevole evoluzione della sua ricerca in direzione di una radicale volontà di essenzializzazione, o se si vuole di sublimazione, del linguaggio figurativo”. Daniele Bongiovanni con i suoi concept – che in questi anni sono stati allestiti in vari musei e gallerie nazionali ed estere – ha sempre cercato di svelare la “sacralità” che si cela dietro l’elemento terreno, e viceversa. Per fare ciò ha volato dai nostri cieli in tutto il mondo; tra i paesi che più volte hanno accolto le sue opere ci sono Australia, Canada, Cina, Francia, Messico, Regno Unito, Stati Uniti, Svizzera, Thailandia, ecc. Dal 9 al 17 ottobre sarà presente all’Artweek Auckland in Nuova Zelanda, dove verranno contestualizzati, con uno Special Project, i temi chiave del suo percorso, compresa l’esistenza dell’uomo al cospetto del tempo nella sua declinazione più concettuale. I luoghi selezionati per ospitare il suo lavoro – tecnicamente accostato a William Turner da Francesco Poli e a Claude Monet da Claudio Strinati – sono sempre numerosi. Nel 2020 – dopo aver fatto tappa con una personale alla The Wall Space Gallery di Falkirk in Scozia – è stato coinvolto in importanti rassegne istituzionali, proposte altresì dal Design Museum di Londra e dal 20-21 Visual Arts Centre di Scunthorpe. Nello stesso anno – parallelamente alle esposizioni tenutesi all’estero e a poco più di un anno dalla sua più recente presenza al MACRO di Roma – ha esposto – assieme, tra gli altri, a Carla Accardi e Giulio Turcato – a Palazzo Clemente di Castelbasso, sede della Fondazione Malvina Menegaz.
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