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LUCA CAVALLI-SFORZA E LA RAZZA CHE NON C’E’

LUCA CAVALLI-SFORZA E LA RAZZA CHE NON C’E’

Luigi Luca Cavalli-Sforza, genetista e professore emerito all’Università di Stanford, in California, ha compiuto recentemente 90 anni. La comunità scientifica internazionale lo ha festeggiato tributandogli l’omaggio che si deve ai grandi pionieri della scienza. Per oltre mezzo secolo Cavalli-Sforza, nato a Genova il 25 gennaio 1922, si è dedicato, con una squadra di altri ricercatori a un’impresa straordinariamente ambiziosa: ricostruire la storia e la geografia dei geni umani. Lo ha fatto cartografando la distribuzione di centinaia di geni e confrontando le mappe le linee filogenetiche delle popolazioni. L’albero genealogico così costruito è stato quindi messo in rapporto con una enorme quantità di dati demografici, archeologici, linguistici. E la conclusione è stata che i geni, i popoli e le lingue si sono irradiati parallelamente, nel corso di centomila anni, attraverso una serie di migrazioni che hanno avuto origine in Africa. Mai un’ indagine scientifica aveva saputo illuminare con altrettanta precisione il rapporto tra geni e culture, riuscendo fra l’altro a liberare da presupposti erronei la stessa nozione di razza.  “Non è facile – ha spiegato Cavalli-Sforza - ricostruire in dettaglio la storia iniziale della diffusione della nostra specie al mondo. Abbiamo solo un' idea piuttosto vaga dei tempi e luoghi in cui sono avvenuti i primi sviluppi di qualche importanza. Il fenomeno occupa l' ultimo milione di anni e diviene particolarmente acuto negli ultimi centomila, in cui l' uomo sviluppa la fisionomia che ci è familiare. Questa differenziazione è avvenuta soprattutto negli ultimi centomila anni, in cui i nostri antenati, sviluppatisi in Africa meridionale, si spargono prima in quella orientale e di qui a tutto il mondo. La prima diffusione dall' Africa meridionale è iniziata negli ultimi 50.000 anni, prima verso l' Africa orientale e di qui negli ultimi 15.000 anni al resto del mondo, attraverso Arabia e Medio Oriente. I dettagli della differenziazione razziale, le cui conseguenze odierne ci sono familiari, si stabiliscono negli ultimi 10.000”. Cavalli-Sforza ha avuto una vita straordinaria: ha lavorato con premi Nobel (ma quando studiava al liceo Massimo D’Azeglio di Torino dovette abbandonare la scuola perché rischiava di essere bocciato), si è circondato di collaboratori eccellenti, ha pubblicato sulle principali riviste scientifiche ed è ufficialmente riconosciuto come uno dei più importanti genetisti viventi. Ma tutto ciò è stato reso possibile dalla passione per il viaggio. A un certo punto, nel pieno della carriera scientifica, lo scienziato formatosi al Collegio Ghisleri di Pavia e all’Istituto di Anatomia dell’Università di Torino,  ha capito che se voleva davvero descrivere la storia dell’umanità doveva riporre il camice in un cassetto, indossare gli stivali e mettersi alla guida di un fuoristrada per raggiungere quei popoli in Africa che vivevano come i nostri antenati di 10.000 anni fa. Gli studi di Cavalli-Sforza hanno avuto anche un’importante ricaduta politica e culturale. 
”Chi si è occupato della storia delle teorie razziali e del razzismo – ha scritto lo storico e matematico Giorgio Israel - prova riconoscenza nei confronti di Luigi Luca Cavalli-Sforza per aver compiuto un’opera meritoria: aver demolito l’idea che il concetto di razza abbia fondamento scientifico. Non è un’operazione di poco conto, solo che si pensi quanto ancora resiste il pregiudizio che le razze esistono, e anche quello che esistano razze superiori e inferiori, che è poi l‘ideologia detta razzismo”.

 

(© 9Colonne - citare la fonte)