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MASSIMO RECALCATI, COME PAZIENTE L’ITALIA

MASSIMO RECALCATI, COME PAZIENTE L’ITALIA

Uno spettro d’intelligenza si aggira tra le pagine culturali di “Repubblica”, e non è Roberto Saviano, non è uno scrittore, non è un critico di nulla: è uno psicoanalista e si chiama Massimo Recalcati. Dà per spacciata la figura classica del padre, ed è convinto che le dipendenze psichiche si stiano spostando dalle persone (amori tragici o tragicamente vissuti) alle cose (internet, telefonini) passando per l’immagine (lo specchio per l’anoressico, il frigorifero per il bulimico). La cosa gradevole, per il lettore assediato da informazioni di tipo politico (che fine faremo?), o pseudo-istituzionale (è possibile far partire una commissione senza governo?), o da retroscena (quanti ne conti tu di grillini dissidenti?), è che cita disinvoltamente passaggi di letture contemporanee, di narrativa americana alta, come “Pastorale Americana” di Philip Roth (invece di Freud, Jung, o Lacan), solo per mettere a fuoco - per esempio - l’incomunicabilità tra genitori e figli. Nel caso il padre è Pierluigi Bersani, il figlio il M5S: “È il dialogo tra un padre in chiara difficoltà e due figli in piena rivendicazione protestataria. Mi è subito venuto alla mente ‘Pastorale americana’ di Philip Roth dove si racconta la storia tormentata del rapporto tra un padre – il mitico “svedese” – e una figlia ribelle, balbuziente, prima aderente ad una banda di terroristi e poi di una setta religiosa che obbliga a portare una mascherina sul viso per non uccidere i microrganismi che popolano l’aria. Da una parte gli sforzi di conciliazione di un padre che non nasconde la sua insufficienza, dall’altra l’arroganza irresponsabile di chi rivendica il possesso di una ragione assoluta. Il dialogo tra loro è impossibile. Il padre cerca di capire dove ha sbagliato e cosa può fare per cambiare la situazione, la figlia risponde dall’alto della sua innocenza: sei tu che mi hai messa al mondo non io; sei tu che hai creato questa situazione non io; sei tu che devi porvi rimedio non io. Così agisce infatti la critica sterile dell’adolescente rivoltoso nei confronti dei propri genitori. Il mondo degli adulti è falso e impuro e merita solo di essere cancellato. Ma quale mondo è possibile in alternativa? E, soprattutto, come costruirlo? Qui il fondamentalismo adolescenziale si ritira. La sua critica è impotente perché non è in grado di generare davvero un mondo diverso. Può solo chiamarsi fuori dalle responsabilità che scarica integralmente sull’Altro, ribadendo la sua innocenza incontaminata”. Il lungo passo, tratto da un recente intervento sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, fa pensare alla troppo facile conclusione che, venendo da un illuminante psicoanalista, sia la politica ad avere bisogno di terapia. Forse, oltre che troppo facile, la conclusione è anche limitata: è il Paese, i suoi Cittadini che, nella migliore delle condizioni riversano in una fase adolescenziale, nella peggiore sono padri in via di evaporazione. Non c’è apparente via d’uscita. Anche perché – continua il Professore: “Ogni rivoluzione, ripeteva Lacan agli studenti del ’68, tende a ritornare al punto di partenza e la storia ce ne ha dato continue e drammatiche conferme”. Siamo dunque vivendo una stagione d’impotenza rivoluzionaria contro un’inutile resistenza senile? Possibile. E molto triste, sia che si vestano i panni del padre, sia in quelli del figlio. Ma come per ogni soggetto che decida di curarsi, il primo passo già benefico, consta nell’entrare in uno studio e sedersi davanti ad un Recalcati, e dire: “Salve, sono l’Italia; sto malissimo…”. (Valerio de Filippis)

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