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direttore Paolo Pagliaro

Prosegue ad Aosta la mostra “Universo Depero”

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Prosegue ad Aosta la mostra “Universo Depero”

IN MOSTRA AD AOSTA L’“UNIVERSO DEPERO”
Una nuova primavera per il più eclettico dei futuristi: Fortunato Depero. Lo dimostrano i tanti eventi internazionali che lo coinvolgono tra cui una mostra appena conclusa a Barcellona, la grande rassegna sul futurismo in programma al Guggenheim di New York e, da giugno, la personale Depero futurista alla Fundacion Juan March di Madrid. Inoltre, in Italia, si tiene fino all’11 maggio, al Museo Archeologico Regionale di Aosta, la mostra “Universo Depero” organizzata dalla Regione Valle d’Aosta, in collaborazione con il Mart di Rovereto che ha assicurato il prestito di una serie particolarmente significativa di opere, alcune mai esposte prima d’ora, che spaziano dal 1910 alla fine degli anni Quaranta. “Attivo per quarant’anni, Fortunato Depero è un personaggio a tutto tondo che ha sfidato le convenzioni attraverso un processo creativo in grado di spaziare dal teatro alla pubblicità; dal design all’artigianato attraverso la sperimentazione di differenti tecniche, come dimostrano le sue celebri tarsie di stoffe colorate.”, affermano i curatori Alberto Fiz e Nicoletta Boschiero. Ad Aosta sono esposte oltre 100 opere tra dipinti, arazzi, tarsie, panciotti futuristi (il Panciotto di Tina Strumia proviene del museo dell’Aeronautica Gianni Caproni di Trento), mobili, sculture, bozzetti, progetti, libri (tra cui il celebre Libro imbullonato del 1927), disegni e schizzi in un’esposizione che ripercorre l’iter creativo dell’artista dai suoi esordi in ambito simbolista (la mostra si apre proprio con un’opera simbolista come Il taglialegna del 1912) alla sua adesione al futurismo giungendo sino alle realizzazioni degli anni Quaranta quando appare evidente il recupero della tradizione e dell’arte popolare. (red)

RACHEL WHITEREAD IN DIALOGO CON MORANDI
In occasione del 50esimo anniversario dalla scomparsa di Giorgio Morandi, il MAMbo di Bologna presenta un progetto espositivo di Rachel Whiteread, con una serie di lavori ambientati negli spazi del Museo Morandi. Nota per le sue sculture in resina e gesso, per i calchi con cui esplora l'architettura, lo spazio, l'assenza e la memoria – tra cui il celebre House del 1993, monumentale calco in cemento di una casa vittoriana poi distrutto, realizzato per stigmatizzare la speculazione edilizia nell'East End londinese – la 51enne artista britannica condivide con Morandi l'attenzione per gli spazi intimi e gli oggetti del quotidiano, enfatizzandone il negativo e rivelando i vuoti intorno a essi. Whiteread presenta a Bologna, fino al 4 maggio, una selezione di opere che va dal 1991 al 2010 e due nuovi lavori di piccolo formato realizzati per l'occasione che ben si inseriscono negli ambienti del Museo Morandi, creando un dialogo poetico con i dipinti esposti, provocando un vicendevole proiettarsi di prospettive, enfatizzando la sistematicità e la coerenza delle ricerche dei due artisti. I volumi pittorici morandiani trovano così corrispondenze nelle scatole monocrome, negli essenziali parallelepipedi collocati nell'ordine di mensole e scaffali: le sculture di Rachel Whiteread sembrano esistere nello stesso tempo sospeso dei dipinti e degli acquerelli di Morandi. (PO / red)

A FIRENZE IL MICHELANGELO “CONTEMPORANEO”
In occasione delle celebrazioni per i 450 anni dalla morte di Michelangelo Buonarroti, coordinate dall’Accademia delle Arti del Disegno, la Galleria dell’Accademia di Firenze, in collaborazione con la Fratelli Alinari, presenta l’esposizione “Ri-conoscere Michelangelo”, fino al 18 maggio, che affronta il complesso tema del rinnovato interesse e dell’ammirazione per l’artista dall’Ottocento alla contemporaneità, attraverso l’opera di scultori, pittori e fotografi che hanno guardato alla figura del Buonarroti. Il percorso espositivo prende avvio dalle rappresentazioni in chiave storicistica della fisionomia e della personalità di Michelangelo, con opere di Eugène Delacroix e Auguste Rodin, e di altri autori che hanno operato con il nuovo medium fotografico alle origini, tra i primi Eugène Piot, Édouard-Denis Baldus, gli Alinari, John Brampton Philpot, solo per ricordarne alcuni. E ancora: le fotografie di Giuseppe Pagano alla Pietà di Palestrina, il lavoro di David Finn e di Aurelio Amendola, interpreti chiamati a collaborare con autorevoli storici dell’arte che dalle loro interpretazioni hanno potuto trarre importanti conferme alle loro teorie e analisi stilistiche. Via via che il mito si consolida nella percezione collettiva, la presenza di Michelangelo si riconosce anche nell’opera di artisti del Novecento come Medardo Rosso, Henri Matisse, Carlo Mollino, e nella ricerca fotografica di personalità quali Emmanuel Sougez, Herbert List, Horst P. Horst, fino ad avvicinarsi agli anni Settanta, con le ricerche di Tano Festa, Paolo Monti, Antonia Mulas, e raggiungere le espressioni della contemporaneità con Helmut Newton e Gabriele Basilico. (red)

LA RUSSIA NELLE STAMPE DEL MUSEO PUSKIN
Un paese favoloso era la Russia immaginata dal resto d’Europa nel corso dell’Ottocento. L’infinita distanza, i territori sconfinati, il clima estremo delle pianure ghiacciate e delle notti senza tramonto, i molti popoli dai costumi sconosciuti ne facevano un miraggio, tinteggiato dalle suggestioni dell’Oriente. Meta avventurosa di un Grand Tour per pochi eletti, era per i più un nebuloso mistero. Fu dunque un fenomeno di portata straordinaria quello costituito dalla circolazione delle immagini a stampa, la cui vasta produzione travolse a partire dal Settecento la civiltà occidentale. Lo capì perfettamente Giuseppe Daziaro, commerciante trentino originario della valle del Tesino, che si trasferì in Russia alla fine degli anni Venti dell’Ottocento, aprendo grandi negozi di stampe a Mosca e a San Pietroburgo. Attorno al 1840 divenne editore e iniziò a produrre decine di immagini per illustrare l’impero del nord, con la moderna tecnica della litografia, seducente ed economico sostituto della pittura. I fastosi palazzi dello zar, i giardini, i viali maestosi e le immense piazze, ma anche le usanze dei molti popoli del grande paese, ritratti fra satira e realtà, furono diffusi in tutta Europa, incontrando i desideri di un vastissimo pubblico. Proprio da Mosca, dal prestigioso Museo Puskin , giunge al museo del Castello del Buonconsiglio di Trento un prezioso gruppo di stampe, dai soggetti affascinanti e curiosi, facendo a ritroso la strada un tempo percorsa dalla caparbia e intraprendente famiglia Daziaro. La mostra “Paesaggi lontani e meravigliosi”, fino al 4 maggio, presenta oltre cento stampe di particolare interesse, scelte tra quelle presenti nel museo Puskin di Mosca e nelle collezioni del Buonconsiglio. Si tratta di vedute delle principali città dell’impero zarista, affiancate da un interessante nucleo di illustrazioni di costumi russi, che, da un mondo ancora irraggiungibile e misterioso, posto al confine tra l’Europa e l’Oriente, portarono in Occidente, alla metà dell’Ottocento, immagini nitide e seducenti, che univano la certezza della veduta prospettica al fascino di architetture ed usanze sconosciute. (red)

A FIRENZE SI CELEBRA IL CAPPELLO
La Galleria del Costume presenta, fino al 18 maggio a Palazzo Pitti, a Firenze, la prima mostra monografica dedicata al cappello le cui collezioni - patrimonio del museo ascrivibili alla generosità di molti donatori - ammontano a oltre mille unità custodite solitamente nei depositi, di cui soltanto una parte destinata alla mostra. Pur prevalendo esemplari di note firme di casa di moda fra cui Christian Dior, Givenchy, Chanel, Yves Saint Laurent, John Rocha, Prada, Gianfranco Ferré e celebri modisti internazionali del presente e del passato come Philip Treacy, Stephen Jones, Caroline Reboux, Claude Saint-Cyr, Paulette, è la prima volta che sono presenti in esposizione manufatti di modisterie italiane e fiorentine, di alcune delle quali si conosceva appena l’esistenza. Ed ecco che il cappello diviene “opera” d’arte, con una sua armonia estetica cui contribuiscono la conformazione ‘scultorea’, la componente cromatica e la raffinatezza ornamentale. La mostra, dal titolo “Il Cappello fra arte e stravaganza”, annovera importanti prestiti di Cecilia Matteucci Lavarini, collezionista privata di haute couture nonché illustre donatrice della Galleria del Costume. Questa è anche l’occasione per esporre gli straordinari bozzetti realizzati appositamente dal maestro Alberto Lattuada e per riproporre all’attenzione gli esemplari creati da Clemente Cartoni, celebre modista romano degli anni Cinquanta e Sessanta. (red)

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