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direttore Paolo Pagliaro

“Il Creasogni”, la dolce favola di Simone Toscano

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

"IL CREASOGNI", LA DOLCE FAVOLA DI SIMONE TOSCANO

Messaggi divini o dell’inconscio – a seconda che si abbracci una concezione religiosa o laica del mondo – non si può non riconoscere che in ogni tempo e a ogni latitudine gli uomini abbiano conferito ai sogni un ruolo centrale nella loro vita. Sognare, insomma, è una cosa seria. Simone Toscano, che di mestiere fa il giornalista, ha deciso di trattare questa “materia” così complicata non attraverso un’inchiesta o un reportage, ma avventurandosi in un genere letterario che solo apparentemente ci allontana dalla realtà, ma che invece ci consente di penetrarla a fondo: la favola. “Il Creasogni” (Ultra Novel, pp. 192, euro 16) vuole rispondere a questa domanda essenziale, che l’autore mette in bocca a uno dei personaggi: “A che cosa serve sognare?”. Domanda quanto mai imprescindibile, specie in una contemporaneità come la nostra, dove la (presunta) utilità è l’unico fondamento per il diritto a esistere di tutto e di tutti. Domanda a cui cerca di rispondere il protagonista, il SignorEttore, un uomo dal passato ignoto con un dono speciale, quello di conoscere la materia di cui sono fatti i sogni per poter modellarli e costruirli per gli altri. Gli altri sono gli abitanti della piccola comunità di Mangiatrecase, che bussano alla sua porta per ottenere i sogni che desiderano, dalla signora Battistelli le cui richieste sconfinano nei minimi particolari al capomastro Tiziano, in cerca di una donna che lo prenda in sposo. E il creatore di sogni non si riposa neanche la domenica (anzi “piovenica”, visto che piove sempre), giorno in cui deve fare il “giro di riparazione dei sogni”. Accanto a lui, un cagnetto di nome Cerino (“muto amico a quattro zampe capace di apparire e sparire al momento giusto”) e un bambino, un trovatello che ha accolto in casa da “quattroanniottomesieundicigiorni” e a cui ha dato il nome Catello. Un bimbo che non si sa da dove arrivi, un po’ come lui: “Sul passato di entrambi erano più i dubbi che le certezze, più i ‘se’ che i ‘sì’”. Sarà l’improvvisa e misteriosa scomparsa del piccolo a risvegliare il cuore di Ettore (e non solo, ma qui non si può anticipare troppo per non rovinare le sorprese). Nel viaggio che intraprende alla ricerca di Catello, accompagnato dal fido Cerino, il Creasogni scoprirà l’importanza degli affetti, della sua particolare “famiglia” e riscoprirà la bellezza del suo passato, del suo amore. E tutto tornerà come un tempo, anche il colore dei suoi occhi, da troppo tempo avvolti da “un velo sottile di tristezza” che non lo mollava un attimo, da quando “l’incapacità di sognare lo aveva sorpreso una domenica d’inverno”. Personaggio immaginario, questo SignorEttore, ma tanto reale, tanto simile a noi: l’apparente serenità della sua vita a Mangiatrecase cela infatti un passato di speranze infrante, rimpianti e amori perduti. Il dono di creare sogni per gli altri è “al contempo un piacere e un castigo, per chi come lui con i sogni aveva sempre avuto un rapporto tempestoso: dapprima, giovane paladino della razionalità con la sua aria di saccente sufficienza, li aveva ignorati e aveva persino deriso chi, al suo fianco, ne aveva bisogno e se ne riempiva gli occhi e la mente, nutrendone il proprio amore. Poi, con gli anni e le delusioni della vita – e del cuore – ne aveva scoperto il fascino magnetico, e aveva cercato di recuperare il tempo perduto senza sognare, senza amare a pieno”. E tanto simile al nostro è anche il suo trucco per non soffrire, per “non farsi avvolgere da quel velo”: “Bastava non pensarci, non scendere nel profondo: rimanere sempre in superficie nei rapporti, lì dove si può fingere di essere cordiali, dove ci si può divertire per un attimo – in una simpatia apparente – prima che il buio se ne accorga e ti raggiunga”. Il SignorEttore siamo noi – o almeno molti di noi – e quelli che potremmo essere. Perché alla fine della favola di Simone Toscano tutto cambierà e si troverà risposta alla domanda “A che cosa serve sognare?”: “Ora lo so – afferma Ettore – che senza sogni non si vive, perché si è soli con il proprio vuoto”. E “c’è solo un’anima al mondo con cui è possibile trovare quella sintonia, con cui poter volare da una stella all’altra, inseguendo i propri sogni, senza cadere giù”. E questo vale per Ettore, per i due acrobati del Circo Dupónn (alla cui esibizione è riferita questa riflessione dell'autore) e anche per noi.  (Roc)



WANDA OSIRIS, PRIMA SOUBRETTE E DONNA (CON)TURBANTE

A vent’anni dalla morte, arriva in libreria “Wanda Osiris. Prima soubrette e donna (con)turbante” di Roberta Maresci (Cavinato Editore, pp.121, euro 12), un libro dedicato a questo strano caso d’artista, che non eccelleva in campi specifici se non in quel modo studiatissimo di arrotare e ampliare le parole in cui solo Tina Lattanzi le stava al passo. La Osiris, il cui cognome d’arte “egizio” nacque dal matrimonio Iside e Osiride, fu un effetto speciale dello spettacolo. “Donna da spolvero” nel 1937, cantava d’amore e fece ridere accanto Totò, Bramieri e Vianello. Si ossigenò i capelli e inaugurò la moda del turbante ma vantò in sala spettatori eccellenti: Mussolini scese da una carrozza, a Riccione, per farle i complimenti, De Pisis le dedicò un ritratto mentre De Chirico le scarabocchiò un profilo su una tovaglia. “Non fu ballerina, ma eccelleva nel ‘birignao’ – si legge nella quarta di copertina -. Voleva fare il teatro, studiò il violino ma le bastava camminare per incantar tutti. Figlia del palafreniere battistrada di Umberto I, tale fu la sua fama che per lei venne coniato un superlativo assoluto, fino ad allora riservato agli aggettivi, e diventò ‘la Wandissima’. Memorabile il grande sodalizio con Macario e Dapporto. Religiosa e superstiziosa, non sopportava il colore viola e gli uccelli, neppure di stoffa. Ma perché Anna Maria Menzio, all’apice del successo, uscì di scena e scese un’ultima volta la copia della scala del Vittoriale e Notre Dame, per tornare a vivere una vita normale con il suo vero nome?. (Roc)

 

“ANDARE PER VILLE E PALAZZI” DI COSTANTINO D’ORAZIO

Dalla Domus Aurea, la mitica residenza imperiale di Nerone, ai sontuosi palazzi del Rinascimento e dell’età barocca, fino alle ville settecentesche con i loro preziosi affreschi, “Andare per ville e palazzi” di Costantino D'Orazio (Il Mulino, pp. 168, euro 12) ci apre letteralmente le porte di alcuni grandi capolavori dell’arte e dell’architettura italiana. In un percorso coinvolgente e affascinante, il lettore si inoltrerà così in luoghi insoliti, spesso chiusi al pubblico e difficili da visitare, come Palazzo Labia a Venezia, Villa La Malcontenta a Mira, Palazzo Corsini a Firenze, Villa Albani a Roma, Palazzo Beneventano a Siracusa, di cui potrà carpire i segreti riportandone impressioni uniche. D’Orazio è storico dell’arte e scrittore. Tra i suoi libri: “Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Roma” (Palombi, 2010), “Caravaggio segreto” (2013) e “Leonardo segreto” (2014) editi da Sperling & Kupfer. Collabora con vari programmi radio e tv della Rai. È curatore delle mostre al Macro - Museo Arte Contemporanea Roma. (Roc)

 

“CELESTE E INFERNALE”, BEETHOVEN E IL CONGRESSO DI VIENNA

“Reverendissimo Abate, il concerto del signor Beethoven ha avuto luogo e mi ha messo in un tale subbuglio che fatico a dare ordine ai miei sentimenti. Che cosa vuole Beethoven? Non è ancora del tutto chiaro per me, ma è chiaro che vuole qualcosa di completamente nuovo, che vuole una rivoluzione copernicana, che vuole contare anche per le sue idee, non solo per la sua musica. Si possono trasmettere idee attraverso la musica strumentale, senza le parole?”: è il 1814, siamo a Vienna, è in corso il Congresso che ridisegnerà la carta dell’Europa come la vorranno i vincitori di Napoleone: lo zar, l’imperatore d’Austria, il re d’Inghilterra, il re di Prussia. Un giovane, che è arrivato nella capitale al seguito del Segretario di Stato del Papa, scrive a suo zio del Congresso e del clima politico e artistico viennese. Attraverso le sue lettere scopriremo la musica di Beethoven, autore di sinfonie dalla dirompente carica innovatrice. Tutto questo in “Celeste e infernale. Beethoven e la musica del Congresso di Vienna” di Piero Rattalino (Laterza, pp. 160, euro 16). È un momento di svolta: da qui in poi la musica non sarà più affare di pochi aristocratici. Il virtuosismo diventa in questo momento la chiave di volta per la conquista di un nuovo pubblico borghese. Le regolari stagioni sinfoniche e le regolari stagioni da camera che si diffonderanno ovunque nella seconda metà dell’Ottocento hanno una delle loro più importanti radici nella Vienna del Congresso. Fa da contraltare alla potenza di Beethoven, la musica di Schubert, l’“escluso”, il prodigioso giovane musicista incapace di farsi largo nel mondo e di cui il mondo non s’accorge. Rattalino è pianista, saggista e critico musicale. Autorevole studioso del pianoforte, ha scritto numerosi libri sull’argomento e monografie su importanti pianisti del passato. (Roc)

 

“LA VIA DI FUGA” DI FEDERICO FUBINI

“La via di fuga” di Federico Fubini, inviato ed editorialista del quotidiano “La Repubblica” (Mondadori, pp. 240, euro 17,50), ripercorre la storia del prozio Renzo Fubini, allievo di Luigi Einaudi e ricercatore ricco di esperienze internazionali. Nel 1935 egli vince la cattedra di Scienza delle finanze presso il piccolo Ateneo giuliano. Tuttavia, a soli tre anni di distanza, nel 1938, la vita del giovane studioso cambia drammaticamente percorso a causa delle leggi razziali che lo espellono dall’Università, insieme ad altri colleghi ebrei. La solerzia e lo zelo della persecuzione antiebraica a Trieste è di particolare gravità. La negazione della cittadinanza e della sua stessa dignità di studioso precede, lungo una via obbligata per molti, la condanna a morte di Renzo Fubini nel campo di sterminio di Auschwitz. Il volume di Federico Fubini intreccia vicende familiari con molte e importanti riflessioni sull’Italia di ieri e di oggi. Con uno sguardo attento all’attualità della crisi greca, l’autore ci obbliga, inoltre, ad un’ampia prospettiva di analisi sull’economia e sui comportamenti umani che riemergono nei momenti di aspre difficoltà. Il libro è stato presentato presso l’ateneo triestino in un’iniziativa promossa dal Dipartimento di Studi umanistici dell’Università degli Studi di Trieste e dall’Istituto regionale del movimento di liberazione nel Friuli - Venezia Giulia, cui hanno preso parte Luisa Accati, già docente di storia moderna presso l’Università di Trieste; Giacomo Todeschini, docente di storia medioevale presso l’Università di Trieste; Anna Maria Vinci, presidente dell’Istituto di storia del movimento di liberazione nel Friuli - Venezia Giulia. (Roc)


“DOVE SEI STANOTTE” DI ALESSANDRO ROBECCHI

Protagonista di “Dove sei stanotte” di Alessandro Robecchi (Sellerio, pp. 350, euro 14) è Milano. La città di Expo 2015, che “accoglie 20 milioni di visitatori”, dove gli architetti sono archistar, le sedie “sistemi di seduta” e le feste sono eventi. E contrapposta a questa metropoli, la Milano delle periferie multietniche dove la disperazione sa ancora lasciare spiragli alla speranza, cioè alla vita vera. Due città che sono due mondi, e un involontario, scanzonato protagonista che li percorre in lungo e in largo da preda e cacciatore insieme. Carlo Monterossi è il fortunato autore di una trasmissione tivù di genere piagnucoloso, Crazy Love, un grande successo commerciale di cui non va per nulla fiero. A casa sua, nella baraonda di una festa, finisce un giovane orientale in stato confusionale. Somiglia in modo impressionante a un architetto giapponese acclamato come una star all’Expo, ma non ricorda nemmeno il proprio nome e non vuole che si chiami la polizia. Il giorno dopo, il giovane orientale sparisce e Monterossi trova il suo appartamento devastato da una perquisizione. Di colpo la sua esistenza agiata e tranquilla è sconvolta da eventi che gli paiono inspiegabili ma evidenti: qualcuno cerca qualcosa ed è abbastanza determinato da seminare cadaveri, anche il suo, per trovarlo. Mentre si apre l’inchiesta ufficiale affidata all’abile vicesovrintendente senza carriera Ghezzi, il protagonista comincia la sua strana latitanza in periferia, inseguito da un assassino con la nostalgia del posto fisso, mosso da mandanti misteriosi. Al quartiere Corvetto, che “pensava fosse solo un’uscita della tangenziale, e invece è un mondo”, conduce insieme a una bizzarra banda di complici e amici la sua indagine per tentare di uscire dai guai, tra improbabili urbanisti rivoluzionari, gang di latinos dal coltello facile e un’anziana coppia di sudamericani che guida e organizza la sua “Resistencia”. È qui che Carlo trova una cosa e ne scopre tante altre, alcune belle, alcune brutte, alcune sconvolgenti. E una meravigliosa. Robecchi è stato editorialista de Il manifesto e una delle firme di Cuore. È tra gli autori degli spettacoli di Maurizio Crozza. È stato critico musicale per L’Unità e per Il Mucchio Selvaggio. In radio è stato direttore dei programmi di Radio Popolare, firmando per cinque anni la striscia satirica Piovono pietre (Premio Viareggio per la satira politica 2001). Ha fondato e diretto il mensile gratuito Urban. Attualmente scrive su Il Fatto Quotidiano, Pagina99 e Micromega. Ha scritto due libri: Manu Chao, musica y libertad (Sperling & Kupfer, 2001) tradotto in cinque lingue, e Piovono pietre. Cronache marziane da un paese assurdo (Laterza, 2011). (Roc)

 

 

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