(3 luglio 2015) Il 90% degli italiani ama la pasta e il 53% non ci rinuncia. Anche se a dieta - come rivela una recente ricerca della Doxa commissionata da Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) - gli italiani non rinunciano ai carboidrati, che sono la colonna portante dell’alimentazione mediterranea. Dai numeri legati alle esportazioni di pasta made in Italy (la pasta pesa oggi il 7% circa del valore dell’export dell’intero agroalimentare) si ha inoltre conferma che la pasta è amata tanto in Italia quanto oltre confine. Sicuramente è apprezzata a Città del Guatemala dove venerdì 10 luglio (dalle 11 alle 13) prenderà il via - presso l’Istituto Italiano di Cultura - un laboratorio di gastronomia che vedrà protagonista la cuoca italiana Armanda Bartoli. Ai partecipanti verrà data la possibilità di conoscere ricette e tradizioni della cucina made Italy a partire da piatti come le “Penne all’arrabbiata” e gli “Spaghetti alle vongole”. “In questi due laboratori interattivi - si legge sul sito dell’Iic di Guatemala - faremo alcune ricette di sughi da poter preparare con diversi tipi di pasta. Elaborazioni veloci e pratiche, realizzate con una scelta attenta degli ingredienti”. “La pasta - ricorda l’Iic - è conosciuta in tutto il mondo ed è una delle caratteristiche principali dell’identità gastronomica italiana. Pochi italiani rinunciano a un buon piatto di pasta al giorno, per cui esiste una varietà di deliziose salse per prepararla”. I laboratori di gastronomia sono stati organizzati dall’ Istituto Italiano di Cultura in collaborazione con AZ importatore. (red)
SCHEDA / LA PASTA ITALIANA TRIONFA ALL’ESTERO
Con un balzo in avanti del 4%, le esportazioni di pasta made in Italy hanno superato nel 2014 la soglia di 2 milioni di tonnellate, per un giro d’affari complessivo di oltre 2,2 miliardi di euro. La pasta pesa oggi il 7% circa del valore dell’export dell’intero agroalimentare, e negli ultimi 15 anni, osserva l’Ismea, ha registrato un trend delle spedizioni all’estero in continua e rapida ascesa. Nel caso della pasta di semola secca - che rappresenta oltre l’80% dell’intero comparto - le esportazioni sono cresciute, a partire dal 2001, mediamente ad un ritmo del 2,3% annuo in volume e del 5% in valore, con uno stop solo nel 2008, quando la fiammata dei listini del grano duro determinò una drastica riduzione dei quantitativi immessi sui circuiti internazionali (-5% circa) per via degli alti livelli di prezzo raggiunti. L’export del settore si rivolge principalmente al mercato comunitario, dove Germania, Francia e Regno Unito hanno assorbito nel 2014 quasi il 46% della produzione nazionale inviata oltre frontiera. La dinamica dell’ultimo anno si è rivelata particolarmente sostenuta verso il Regno Unito (+10% in quantità sul 2013), positiva verso la Germania (+1%) e invariata alla volta di Parigi. Scorrendo lungo la lista dei principali Paesi clienti, si evidenzia una buona performance in Usa (+7%) a fronte di una battuta d’arresto in Giappone (-4%). Incrementi a due cifre si registrano invece nel mercato russo (+11%), nei Paesi Bassi (+18%) e in Belgio (+17%). Più contenuta la crescita in Svezia (+4%) – ottavo mercato di sbocco in termini quantitativi alla spalle dei Paesi Bassi – mentre gli invii in Austria hanno accusato una flessione del 2%. Tra le destinazioni più promettenti, oltre alla già citata Russia, passata da poco più di 7 mila tonnellate del 2000 alle oltre 59 mila del 2014, si annovera la Cina che, pur in corrispondenza di quote di mercato ancora esigue, ha incrementato i suoi acquisti del 40% nel 2014, confermando l’ottimo trend dell’ultimo triennio. Un’ulteriore conferma del successo della pasta di semola italiana che, sottolinea l’Ismea, rende ancora più evidente la dicotomia esistente tra fase agricola e industriale, in un settore strutturalmente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento della materia prima.
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