Roma, 20 lug – “Ci sono dei prodotti che sono più a rischio di spreco, pensiamo agli alimenti freschi e freschissimi, ma abbiamo uno strumento legislativo che consente di recuperare con agevolazioni e soprattutto con meno burocrazia. La pandemia sicuramente ha influito moltissimo sule nostre filiere produttive del made in Italy, perché sono cambiate nei mesi del lockdown le abitudini di acquisto e consumo dei cittadini: molte di queste cose non rimarranno e ci lasceremo alle spalle questa esperienza, ma sicuramente il tema della programmazione e della attivazioni di politiche di filiera e creare collaborazioni positive con il terzo settore per fare nuova vita alle eccedenze, specialmente quelle che hanno un altissimo valore nutritivo, è fondamentale”. Lo dice Maria Chiara Gadda, fautrice della legge 166 del 2016 contro lo spreco alimentare, commentando i dati della ricerca a cura dell’Osservatorio Metronomo, commissionata da Metro Italia alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, sviluppata con l’obiettivo di stimare gli sprechi alimentari nel settore del fuori casa, in particolare sulla filiera agroalimentare costretta a fronteggiare il possibile spreco di alimenti prodotti in eccesso. “Il dato che emerge in modo evidente arriva da quel 26,18% di intervistati che dichiara di aver aumentato lo spreco alimentare nel corso del 2020”, commenta il professor Fabio Iraldo della Scuola Superiore Sant’Anna. E – aggiunge – per questi produttori si osserva un incremento significativo (tra il 5 e il 15%) dello spreco”. Nel 42% dei casi considerati sono stati ottimizzati i packaging e nel 28% sono stati introdotti nuovi formati con minori quantità di prodotto; inoltre per il 23% delle aziende è stata anche l’occasione di proporre confezioni più sostenibili. Il tema del packaging risulta importante soprattutto se si considera che il 30% delle aziende dichiara di aver ricevuto maggior richiesta di prodotti confezionati.

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