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PRODI: NON LASCIARE
TUTTI I PESI SU DRAGHI

“Probabilmente arriveremo allo stesso livello di prima della pandemia insieme agli altri Paesi e non resteremo indietro come nell'altra crisi. Questa crisi sta durando molto meno. Aggiungo poi la situazione particolare italiana di un governo e di un presidente del Consiglio che hanno un'autorevolezza e riscuotono una fiducia superiori rispetto ai tempi passati”. Lo afferma l’ex premier Romano Prodi in una intervista al Corriere della Sera. Ma, avverte, “Draghi non può fare tutto da solo. I partiti scaricano, almeno temporaneamente, i problemi su di lui. Ma lui si può interessare solo di quelli più grandi. Invece loro li scaricano tutti su di lui. E se si fa riferimento a Draghi per qualsiasi cosa, dalle pensioni a cose micro, ai singoli problemi aziendali... Questo appartiene all'attuale fase storica. Ma è un'illusione che possano essere le singole persone a risolvere tutto. Credo molto al ruolo tecnico delle strutture ministeriali, che si è molto affievolito. Vanno rinforzate. Le nostre élite giovanili devono tornare a lavorare anche nei ministeri”. I partiti saranno in grado di gestire il Recovery da soli, dal 2023? “Non lo possono fare neanche mettendosi in mano a un supertecnico. Anche per i partiti esiste un problema di squadra: di qualità e quantità della squadra. Non mi sembra che vi stiano dedicando molta attenzione. Naturalmente alla testa di tutto c'è sempre un politico: chi prende le decisioni e tiene gli equilibri tra i diversi partiti è sempre tale. Se poi ha anche competenze tecniche, molto meglio”. Abbiamo messo a fuoco le priorità giuste? “Il ritardo non è nuovo. Ciò che lo rende più visibile è che siamo assenti in alcune delle catene del valore vitali. Chiamiamolo l'effetto-mascherine. Improvvisamente, ci troviamo spiazzati e questo mette a nudo la crisi industriale europea. Ma sarebbe un errore darci per sconfitti. Anche nell'aeronautica l'Europa era perdente e poi ha fatto Airbus. Dobbiamo realizzare qualcosa di simile nei semiconduttori e in qualche anno ce la faremmo. Il problema è che oggi non c'è una politica industriale europea. Le grandi decisioni sono in mano alle imprese oligopolistiche mondiali. Noi - noi italiani - non abbiamo nessuno che sieda con forza a quei tavoli e gli europei non si mettono d'accordo”. (27 ott - red)

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