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Sandra Bullock e l’arte
dell’improduttività

Sandra Bullock e l’arte <br> dell’improduttività

di Mario Barbato

Sandra Bullock è un'attrice di successo, ma anche lei a un certo punto ha capito che bisogna fermarsi a prendere fiato in un mondo che corre freneticamente. “Sono tanto esaurita- ha ammesso l'attrice- tanto stanca e non sono più in grado di prendere decisioni sagge. Voglio stare a casa perché sono sempre di corsa, in corsa verso la prossima cosa“. La sua non è pigrizia, un po' come quella pubblicità in cui la ricca padrona sosteneva che la sua non era fame, ma solo voglia di qualcosa di buono. Bullock ha lavorato, e tanto, ma, come dice lei, si è resa conto che il lavoro "stava diventando come la mia stampella. Era come aprire sempre un frigorifero alla ricerca di qualcosa che non c’era mai. Mi sono detta: smettila di cercarlo qui, perché non esiste. Mettiti l’anima in pace perché non c’è bisogno che il lavoro ti validi“.
Sandra Bullock è l'emblema di ognuno di noi, che cerchiamo nel lavoro quella soddisfazione che ci sfugge sempre di mano. Siamo marionette di una società che ci vuole sempre di corsa, sempre di fretta, sempre produttivi. Una società che ci ha inculcato la convinzione che più lavoriamo, più ci stressiamo, più ci affatichiamo, più siamo stanchi e più valiamo qualcosa.
Non è così. Il lavoro nobilita, certo, ma anche lì il troppo stroppia. L'abitudine di correre perché si hanno mille cose da fare ci viene propinata perfino dalla pubblicità. Il sistema capitalistico ci dice che per valere come persone dobbiamo massacrarci di fatica, altrimenti non siamo nessuno. Una convinzione che si è riversata anche sui social network, dove si ha la tendenza a far vedere agli altri quanto siamo occupati, così da sembrare più bravi di loro. Si chiama busy bragging ed è la tendenza a vantarsi di essere costantemente occupati. Con rischiose ripercussioni sulla salute psicofisica. Sandra Bullock è una piccola rivoluzione in un mondo dove la produttività e il consumo sono un dogma che ci rende sempre più robot e sempre meno umani. Forse è giunto il momento di rivalutare l’antico concetto di otium come qualcosa di cui non vergognarsi e imparare la difficile ma preziosa arte dell’improduttività. 

 

(da agoravox.it ) 

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