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Università, Pd: con emendamento a dl Pnrr vera riforma contro precariato

Roma, 5 lug - "Siamo orgogliosi, perché il decreto Pnrr introduce una vera riforma per l'Università, che affronta uno dei grandi mali del nostro sistema: la precarizzazione della ricerca nel nostro Paese. Una precarietà che ha 'masticato e sputato' centinaia di giovani ricercatori, utilizzati e poi espulsi". Lo ha detto nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Madama il senatore del Pd Francesco Verducci, vicepresidente della Commissione Istruzione e primo firmatario dell'emendamento che nel decreto Pnrr (approvato in via definitiva dalle Camere) ha introdotto gran parte dei contenuti del disegno di legge sul reclutamento universitario. "Le nuove norme - spiega Verducci - introducono il ricercatore unico in tenure track e un contratto di ricerca con tutte le tutele del lavoro subordinato. È una rivoluzione che può riappassionare alla ricerca le nuove generazioni. Spariranno i ricercatori di tipo A e gli assegni di ricerca, che hanno causato un precariato esistenziale cronico. Nel transitorio viene riconosciuto il servizio svolto da queste figure che andranno a scomparire, con una quota di riserva del 25% nei concorsi. Con questa riforma finalmente si riconosce che la ricerca è un lavoro, con diritti e tutele riconosciute. Un grande ringraziamento alla ministra Messa, senza il cui lavoro oggi non avremmo questo provvedimento e a tutte le forze di maggioranza per il sostegno. Un grande grazie alle forze sociali e alle associazioni dei ricercatori che hanno lavorato con noi, contribuendo ad un risultato storico. Adesso - conclude - la sfida è ottenere nuove risorse già con la prossima legge di Bilancio, in particolare destinate alla ricerca di base. Continueremo da subito il lavoro sul Ddl 2285 per attuare la riforma degli Epr e delle commissioni di concorso". "È uno degli atti più importanti della legislatura, una nuova riforma dell'università a quasi 15 anni dalla legge 240 - rivendica Verducci - Non è stato un blitz come ho letto ma il frutto di un lavoro di ascolto che va avanti da 5 anni e che non sarebbe potuto essere condotto in porto se non fosse stato preparato da un'indagine conoscitiva sulla condizione studentesca e il precariato nell'università, che abbiamo voluto con forza qui in Senato all'inizio di questa legislatura. Nelle conclusioni si esprime la richiesta al Parlamento di un intervento normativo che contrasti la dinamica precarizzante indotta dall'attuale sistema, che ha portato alla perdita di intere generazioni di ricercatori". "Questo risultato ha un valore anche nel metodo - ha detto il vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano - il Pd si è messo in ascolto di chi vive nell'università. La figura unica del ricercatore fermerà lo sfruttamento del lavoro negli atenei e anche la doppia ingiustizia che solo pochi potevano sostenere quella lunga strada. Per riprendere mobilità sociale e affrontare la transizione ecologica e digitale, il Paese ha bisogno delle migliori intelligenze del Paese e anche l'allargamento della no tax area risponde a quest'esigenza".Manuela Ghizzoni, responsabile nazionale Dem scuola e università, ha messo invece in evidenza come questo sia un "provvedimento atteso da molti anni, ora serve attenzione per le risorse". "Il tema della formazione dei saperi e della conoscenza - ha aggiunto Rosa Maria Di Giorgi, capogruppo Pd in Commissione Cultura - è fondamentale per l'Italia". Simona Malpezzi, presidente dei senatori del Pd, ha messo invece in luce come questo risultato sia stato frutto "di un grande gioco di squadra dall'inizio, con le associazioni, nella VII commissione con un lavoro ereditato dalla Camera ma che è stato possibile approfondire grazie all'indagine conoscitiva sull'università fatta qui a Palazzo Madama, ed è stato un gioco di squadra con il governo". "Questo è solo un pezzo - avverte - sappiamo che ci sono altri temi sul tavolo, parte del ddl già votato alla Camera e che devono trovare una quadra anche qui: questa è la risposta che noi vogliamo dare al Paese, e che riguarda i giovani". "Ora dobbiamo affrontare la questione del contratto degli insegnanti - ha detto Malpezzi nelle conclusioni - Non è possibile che chi insegna prenda in media 4 mila euro in meno di un laureato inserito nella Pa". (PO / Roc) ////

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