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Marino (Pd): Non demonizzare il voto estero, riformarlo per renderlo più sicuro

Marino (Pd): Non demonizzare il voto estero, riformarlo per renderlo più sicuro

Intervenire per riformare il voto all’estero continuando a introdurre correttivi che lo rendano più sicuro. È l’appello lanciato da Eugenio Marino - dirigente del Pd, già responsabile nazionale del Partito per gli italiani nel mondo – a dieci giorni dalle elezioni. Un sistema di voto vulnerabile, soggetto ad attacchi e che per questo va rivisto e ripensato. “Magari – afferma Marino a 9colonne - introducendo anche norme ad hoc che accelerino le verifiche parlamentari in caso di denuncia con elementi fondati di brogli e i conseguenti provvedimenti”.

Si è concluso il voto all’estero e continuano gli strascichi polemici sui brogli che si ripetono a ogni elezione. Qualche giorno fa lei ha moderato una conferenza stampa in merito, ora in che direzione si procede?
“Purtroppo, il sistema di voto per corrispondenza per un Paese con quasi cinque milioni di elettori all’estero che ricevono la scheda a casa e con una partecipazione consapevole di circa un milione di essi (solo un quinto del corpo elettorale), è sempre soggetto a possibili attacchi. Ma questo non deve indurci né a demonizzare il diritto di voto dei cittadini italiani all’estero, né a mettere in discussione il suo esercizio o il sistema per corrispondenza. Quindi la direzione deve essere quella ribadita trasversalmente dai rappresentanti degli schieramenti che hanno organizzato la conferenza stampa: intervenire per riformare il voto continuando a introdurre correttivi che lo rendano più sicuro e meno attaccabile. E, magari, introducendo norme ad hoc che accelerino le verifiche parlamentari in caso di denuncia con elementi fondati di brogli e i conseguenti provvedimenti, senza aspettare che si arrivi a un giudizio (quando ci si arriva) dopo anni. Però mi lasci dire che non è vero che i brogli si ripetono a ogni elezione, perché dal 2003 (anno in cui si è tenuto il primo voto per corrispondenza, ndr) abbiamo avuto anche elezioni nelle quali tutto è andato per il verso giusto e non vi sono state denunce di brogli o brogli realmente accertati”.

Ma nel 2018 e in queste ultime vi sono stati. In questi giorni si sta discutendo molto, anche su importanti media argentini, delle schede falsificate con la dicitura “Camera dei diputati”, tutte riconducibili alla stessa lista sostenuta da importanti politici argentini e per i quali sono state annullate 64.000 schede.
“Su questo io inviterei tutti a una maggior prudenza nelle dichiarazioni. Innanzitutto chi fa questi programmi, soprattutto se chiama in causa anche politici stranieri, perché trascina inevitabilmente il voto italiano e l’Italia nella dialettica politica locale nella quale non dobbiamo e non vogliamo entrare. Ma anche chi, nella nostra comunità, li rilancia. Il sistema di voto per corrispondenza è complesso e complicato e non tutti sono tenuti a conoscere nel dettaglio il meccanismo; quindi, capisco la difficoltà dei giornalisti stranieri nell’interpretare numeri in relazione a problemi, che pure ci sono e si fa bene a denunciare. Quindi attenzione. In questo caso, poi, va sottolineato che le 64.000 schede annullate in Sud America sono schede che nella maggior parte dei casi non sono state nemmeno scrutinate perché rientrano nella tipologia di quelle che presentano errori procedurali in grandissima parte legati ai tagliandi messi nella busta sbagliata. Quindi schede eliminate dagli scrutatori alla fonte, prima dello scrutinio e prima di poter materialmente verificare la dicitura della scheda a cui si fa riferimento. Poi, a queste, si aggiungono tutte le schede annullate per i motivi più diversi: dal voto espresso per più liste a quello espresso in modo non corretto, alle numerose schede con scritte offensive, ironiche o con segni di riconoscimento. E, infine, quelle annullate perché la scheda riportava la dicitura citata. Ma queste sono la parte meno consistente e, tra l’altro, nessuno è in grado di dire con cognizione di causa di che numero parliamo e se si tratti di decine, di centinaia o di migliaia. La cosa certa è che il grosso delle schede annullate, come in ogni tornata elettorale, è quello che arriva dagli errori dei singoli elettori nel preparare il plico prima dell’invio”.

Sulla base di cosa lei sostiene questa tesi?
“Intanto perché è dal primo voto all’estero del 2003 che seguo in ogni sua fase il voto e assisto agli scrutini, verificando di persona quello che accade con più frequenza e le diverse anomalie. E poi per la media e lo storico dei numeri. Le schede annullate in Sud America, infatti, le famose 64.000, sono il 13,7% sul totale dei voti nella Ripartizione e il 13,2% di quelli di tutta l’Argentina. Percentuali mediamente in linea con il 13,5% delle nulle del Nord America e il 9,4% dell’Europa. E in media con il 12,4% degli USA, il 15% del Canada, il 18,4% dell’Australia, il 9,4% della Germania e il 9,3% della Svizzera, dove non vi sono sospetti di brogli. E percentuali in linea con la media del 2018, che era del 9,77% in Europa, del 13,23% in Nord America, del 12,1% in Sud America e del 13,16% in A/A/O/A e con quella del 2013 che era del 9,51% in Europa, del 15,17% in Nord America, dell’11,5% in Sud America e del 14,9% in A/A/O/A. Per questo, ripeto, occorre prudenza, riscontri seri e comprovati dei numeri, fatti e denunce circostanziati, altrimenti si alzano polveroni che danneggiano solo il voto all’estero e il sacrosanto diritto di milioni di cittadini onesti. E, sulla base di questi riscontri seri, delle anomalie diffuse e dei brogli accertati, intervenire prima di tutto per rendere meno attaccabile il sistema e poi per semplificarlo, riducendo la percentuale di schede nulle all’estero in linea con la media di quelle in Italia, che è storicamente intorno al 3%”. (sab - 6 ott)

(© 9Colonne - citare la fonte)