Un primo passo la Knesset l’ha fatto, approvando in prima lettura la proposta di legge relativa alla pena di morte per i “terroristi” che uccidono cittadini di Israele. La controversa legge ha superato, dunque, il primo di tre voti necessari all’approvazione definitiva. Nello specifico, stabilisce che i tribunali debbano imporre la pena di morte a coloro che hanno commesso un omicidio di matrice nazionalistica ai danni di un israeliano. Inoltre, viene consentito ai giudici dei tribunali militari in Cisgiordania di condannare a morte i colpevoli con una maggioranza semplice, invece dell’unanimità attualmente prevista. La legge, infine, eliminerebbe la possibilità per i comandanti militari regionali di commutare tali condanne. La risposta di Hamas non si è fatta attendere. Per il gruppo l’approvazione in prima lettura da parte della Knesset della legge per la pena di morte per i terroristi è “un’estensione dell’approccio razzista e criminale del governo sionista e un tentativo di legittimare l’uccisione di massa organizzata dei palestinesi”. Così ha affermato la fazione islamica in una dichiarazione ripresa dalla tv qatarina al Araby. Nella stessa dichiarazione, la comunità internazionale, l’ONU e le organizzazioni per i diritti umani sono state invitate a condannare e imporre sanzioni come deterrenza contro Israele. L’emendamento al Codice penale, tuttavia, deve superare una seconda e una terza lettura prima di diventare legge. Per questo motivo, Hamas sta premendo affinché venga ritirato. Ma non è l’unica novità controversa dei lavori parlamentari israeliani. Nella stessa sessione della Knesset, infatti, è arrivata la prima approvazione a un’altra controversa misura per concedere al governo israeliano il potere di chiudere in modo permanente media stranieri senza un mandato dei giudici. È un primo passaggio per rendere permanente la misura provvisoria detta “legge al Jazeera”, la stessa che ha consentito a maggio 2024 di interrompere le trasmissioni della sede in Cisgiordania dell'emittente del Qatar. Attualmente, un’eventuale estensione dovrebbe essere sancita da un giudice, mentre la proposta del deputato del Likud Ariel Kallner prevederebbe di farlo in maniera permanente senza che vi sia un’emergenza o una guerra e senza chiedere l’autorizzazione ai giudici.
Continuano, intanto, i colloqui. Una delegazione israeliana di alto livello è giunta al Cairo da Tel Aviv per una breve visita, per monitorare i recenti sviluppi nella Striscia di Gaza in vista della seconda fase di attuazione del piano di pace statunitense. Lo hanno specificato fonti aeroportuali. Oggi è previsto anche l’incontro ad Ankara tra i ministri degli Esteri di Turchia ed Egitto, che discuteranno del cessate il fuoco e degli sforzi internazionali per ricostruire l’enclave palestinese. Sullo sfondo, altri morti a Gaza. Nel proprio aggiornamento quotidiano, il Ministero della Sanità della Striscia di Gaza amministrata da Hamas ha fatto sapere che gli ospedali del territorio hanno registrato tre morti e un ferito nelle ultime 24 ore. Dal giorno del cessate il fuoco fino a oggi, ha sottolineato il Ministero, sono state uccise 245 persone dall’esercito israeliano, mentre il bilancio delle vittime è ora di 69.182. A fare da sfondo ai colloqui anche i funerali del tenente Hadar Goldin, la cui salma è stata restituita a Israele due giorni fa, undici anni dopo la sua uccisione. Più di mille persone hanno raggiunto il cimitero militare di Kfar Saba, a Tel Aviv, per rendere omaggio al ventitreenne morto durante l’operazione Margine Protettivo e riconosciuto dall’Idf come caduto nel 2016.
Un altro “fronte” dove si stanno facendo passi avanti diplomatici è quello siriano. Secondo quanto riportato dall’emittente NBC News, che ha citato un alto funzionario dell’amministrazione statunitense, gli Stati Uniti consentiranno alla Siria di riaprire la propria ambasciata a Washington. Nello specifico, l’obiettivo è rafforzare il coordinamento in materia di antiterrorismo, sicurezza ed economia. Non solo: dall’incontro di ieri alla Casa Bianca tra il presidente USA Donald Trump e il primo ministro ad interim Ahmed Al-Sharaa (per la prima volta in veste ufficiale nello Studio ovale) sono emersi due punti principali. Il primo è la sospensione parziale di ulteriori 180 giorni delle sanzioni sulla Siria, con l’ulteriore deroga del “Caesar Act”, la legge con cui gli Stati Uniti nel 2019 hanno adottato un pacchetto di sanzioni economiche contro l’allora esecutivo del presidente Assad. Il secondo è la possibilità, per ora ipotetica, di un accordo sulla sicurezza tra Siria e Israele. Nel primo caso, Damasco ha ottenuto la sospensione delle sanzioni con l’esclusione di alcune transazioni con Russia e Iran. Inoltre, sono rimaste in vigore le misure contro individui legati al precedente regime. La revoca definitiva delle sanzioni del “Caesar Act” richiederebbe adesso l’ok del Congresso, e Trump è considerato favorevole per la stampa siriana. Nel secondo caso, un segnale del cambio di strategia potrebbe essere il nuovo posizionamento politico di Damasco. Come ha riportato il Wall Street Journal citando fonti americane, la Siria è entrata a far parte della coalizione anti-Isis. La conferma è arrivata anche dal ministro dell'Informazione siriano, che su X ha parlato della firma di “una dichiarazione di cooperazione politica con la coalizione per sconfiggere l'Isis, confermando il suo ruolo di partner nel combattere il terrorismo e sostenere la stabilità. L'accordo è politico e finora non include nessuna componente militare”.
Lo scacchiere del Medio Oriente, nel mentre, non resta fermo. L’Idf ha compiuto un raid notturno nel sud del Libano, con il quale ha distrutto vari edifici che sarebbero stati utilizzati da Hezbollah. Lo hanno riferito le stesse forze israeliane in un comunicato: “L'Idf ha smantellato diverse infrastrutture terroristiche nella zona di Houla, nel sud del Libano”. Poi c’è la questione delle elezioni irachene. Alle 7 del mattino (le 5 in Italia) sono state ufficialmente aperte le urne in Iraq per le elezioni legislative, con le quali verrà rinnovato il Parlamento per i prossimi quattro anni. I membri delle forze di sicurezza e gli sfollati nei campi, tuttavia, hanno già votato domenica, mentre i primi risultati sono attesi per mercoledì. In corsa oltre 7.740 candidati, di cui quasi un terzo donne, per i 329 seggi parlamentari. Ma la tensione sta salendo: da una parte aumentano le pressioni statunitensi nella regione, dall’altra il boicottaggio del voto da parte Movimento sadrista, guidato dal religioso sciita Muqtada al-Sadr. La sua fazione ha ottenuto il maggior numero di seggi nel voto del 2021, ma successivamente si è ritirato dopo il fallimento dei negoziati per la formazione del governo. Novità anche sul fronte dello Yemen. I ribelli Houthi, infatti, hanno fatto sapere di aver cessato gli attacchi contro Israele e contro le navi nel Mar Rosso alla luce della tregua in corso. Tuttavia, hanno avvertito che ricominceranno se Tel Aviv riprenderà le operazioni. Da valutare, infine, le prossime mosse degli Stati Uniti. Come hanno riportato Ynet e Shomrim, gli Stati Uniti stanno progettando di istituire una grande base militare in Israele, che potrebbe fare da piattaforma per le forze internazionali che opereranno all'interno della Striscia. L’obiettivo? Mantenere una stabilità fragile. (11 NOV - gci)
(© 9Colonne - citare la fonte)



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