Nel giorno della giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall'Unesco, i riflettori si soffermano sulle donne. “Perché gli ultimi dati nazionali dicono che, conteggiando tutti i corsi di studio, le cattedre si tingono di rosa nell’81 per cento dei casi: su 751.563 insegnanti della scuola pubblica italiana, circa 610mila sono donne - sottolinea l’Anief -. E all’estero non c’è questa sproporzione, visto che in Spagna le docenti si fermano al 63% e negli Stati Uniti al 74%. In Europa solo un Paese, l’Ungheria, conta una presenza maggiore di sesso femminile (82,5%). Se poi ci si ferma al primo ciclo, si entra nella sfera del dominio assoluto: alla primaria le donne-maestre italiane coprono il 96% dei posti (in Spagna il 75%, nel Regno Unito l’81%, in Francia l’82%), lasciando ai colleghi di sesso maschile appena 8.193 cattedre su 224.124. Nelle scuole dell’infanzia, dove nel 99,3 per cento il corpo insegnante è donna, gli uomini diventano una vera rarità: 590 su oltre 93mila. In pratica abbia un maestro maschio ogni 153 colleghe si sesso femminile. E’ vero che alle superiori il predominio delle docenti scende al 65%, ma è tutto dire che in Germania le donne di ruolo impegnate nella scuola secondaria di secondo grado sono appena il 46,2%. I motivi di questo fenomeno sono certamente culturali, ad iniziare dalla scarsa considerazione sociale, ma anche da legare ai magri stipendi. Che con il taglio del primo scatto stipendiale, introdotto nel 2011 per salvare le assunzioni, rimane oggi lo stesso per un decennio. E pure dopo le cose non vanno meglio, perché in Italia 'si parte da 1.200 euro al mese e si arriva a 1.700 (1.900 alle superiori), all’apice della carriera, di solito dopo 35-40 anni di servizio. Per trovare retribuzioni più alte basta guardare a Lussemburgo, Danimarca, Austria. O in Germania, Spagna, Portogallo e Turchia, dove sono addirittura al di sopra del Pil pro capite', ha scritto in questi giorni Il Corriere della Sera".
(5 ott - PO / red)
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