di Paolo Pagliaro
(14 giugno 2016) Dopo aver preso gli italiani per mano e averli accompagnati con gli scritti e con la voce alla scoperta dei classici - da Virgilio a Ovidio a Dante – Vittorio Sermonti propone ora un autoritratto in forma di romanzo, il primo della sua lunga militanza letteraria. Come tutti gli autoritratti d’autore, “Se avessero” – pubblicato da Garzanti - è un esercizio di indagine interiore. La storia è quella di un ragazzo di 70 anni fa, con un fratello biondo che rischia di essere ammazzato dai partigiani, una famiglia materna antifascista ma non per questo isolata dalla nazione circostante e la piccola enclave fascista della famiglia paterna, il tutto secondo quel congegno di scatole cinesi così familiare agli italiani.
Rovistando nel guardaroba dei ricordi, Sermonti ritrova esperienze, rovesci, passioni, dolori, lampi di felicità. E ci fa rivivere quell’età dell’oro in cui si imparano i fondamenti della vita pratica e si raccontano storie che se non sono un po’ incredibili non vale nemmeno la pena che siano vere.
Un racconto di vita – avverte Sermonti - è un inestricabile ordito di biforcazioni, una crittografia per lettori che hanno del tempo a disposizione. In realtà, grazie a una scrittura colta e originalissima, è difficile non rileggere “Se avessero” dopo averlo letto, per ricavarne sempre nuove suggestioni. Il libro è anche una lunga canzone d'amore per un tu cui l’io narrante deve molto: lei ha girato la clessidra – dice - e tutto è ricominciato.
Nei giorni scorsi, ai ragazzi che gli chiedevano l’esito della sua ricognizione nel passato, Sermonti ha risposto con queste parole: “l’unico significato vero che può avere la vita è la voglia di viverla. Perciò è così piena di senso, così preziosa la vita dei migranti sui barconi”.